Una piccola rana

Cover-Baldi-Papi-bQuando Nerone uccise sua madre Agrippina, si racconta che prima di farla cremare volle che fosse spogliata e ne ammirò davanti a tutti le forme eleganti e ancora giovanili, poi chiamò un chirurgo e gli ordinò di aprirle il ventre, perché era curioso di vedere com’era fatto il luogo dove aveva abitato per nove mesi. Quasi non voleva credere che un imperatore potesse nascere da un tale oscuro groviglio di viscidume, e per esserne certo, oltre che per sperimentare su di sé il dolore del parto che tutti dicevano immenso (e solo per questo, gli fecero notare, sua madre avrebbe meritato più rispetto), come anche per conoscere, lui che era il sommo fra gli uomini, ogni particolarità dell’umana natura, Nerone chiese ai suoi medici di renderlo gravido. Quando gli fecero notare che questo era impossibile, perché contrario alla natura e alla ragione, lui disse soltanto che se non lo avessero messo incinta li avrebbe uccisi tutti. Spinti dalla necessità, prepararono un intruglio e ci misero dentro una piccola rana appena nata, quindi glielo dettero da bere spiegando che si trattava di una pozione fertilizzante.
La rana, grazie anche a una dieta speciale seguita dall’imperatore, cresceva in fretta e diventava sempre più grande, finché cominciò a procurargli dolori talmente grandi che Nerone chiese ai medici di essere sgravato. Gli dettero allora da bere un potente emetico, e in breve, insieme al contenuto dello stomaco, rigettò anche la rana. Quando la vide, così brutta, corrosa dai suoi liquidi e coperta di sangue, l’imperatore rimase molto impressionato. «Davvero anche io quando sono nato ero così?», chiese. «Sì – risposero – ma più bello e più perfetto, perché tuo figlio è uscito prima del tempo e non ha avuto modo di svilupparsi completamente».
Preso da tenerezza per il frutto del suo ventre, Nerone volle che la rana fosse curata e allevata in modo degno. L’affidò a una nutrice, le dette un precettore e per compagni i ragazzi delle migliori famiglie, e la si vedeva spesso a spasso per Roma su una carrozza d’argento con le ruote d’oro. Venne poi il tempo in cui l’imperatore, per la curiosità di vedere come bruciano le città, fece incendiare Roma e cantò l’Iliade dall’alto di una torre.  I romani, che solitamente perdonavano tutto ai loro re come in seguito ai papi, quella volta non furono magnanimi, e rincorsero Nerone fin fuori dalle mura, dove finì sbranato dai lupi o si uccise con un paletto aguzzo.
La rana venne poi trovata sotto la volta di uno dei palazzi imperiali, e da allora, per via di questa rana latens, che in latino vuol dire «nascosta», tutta questa parte della città venne chiamata, appunto, Laterano.

Dino Baldi, Vite efferate di papi, Quodlibet (2015)

 

Viaggio di maturità

thumb_fuoco-eraclito-ac49cf2b-9b78-401b-85d4-479f81689b8dNell’estate del 1923, mentre, secondo una consuetudine dei paesi di lingua tedesca, compivo il mio «viaggio di maturità» attraverso la Germania, bisognava consumare il pasto in un ristorante il più rapidamente possibile, perché spesso i prezzi raddoppiavano mentre si era ancora seduti a tavola.

Erwin Chargaff, Il fuoco di Eraclito, traduzione di Ferdinando Solinas, Garzanti (1985)

Rane e compositori di musica

Richard_Feynman_NobelLa scienza passa il proprio esame quando è capace di prevedere. Immaginate di non avere mai visitato la Terra: potreste prevedere i temporali, i vulcani, le onde dell’oceano, le aurore e il tramonto colorato? …
La prossima grande stagione di risveglio dell’intelletto umano potrebbe produrre un metodo per comprendere il contenuto qualitativo delle equazioni. Oggi non siamo in grado. Oggi non siamo in grado di capire se le equazioni di fluidodinamica contengano cose come la turbolenza che si vede tra i cilindri rotanti del barber pole, l’insegna dei barbieri. Oggi non siamo in grado di capire se l’equazione di Schrödinger contenga rane, compositori di musica, senso morale – o se non li contenga.

Richard Feynman in James Gleick, Genius – Richard Feynman and modern physics, Little, Brown & Co. (1992), traduzione L.V.

 

 

No, paura non ne avevo

65e217f397fea49a12d22a23c8abd548_w240_h_mw_mh_cs_cx_cyNo, paura non ne avevo. Ero incuriosita, mi attirava il rischio del futuro e il desiderio di organizzare per quanto possibile razionalmente la partenza. Nel frattempo dal punto di vista pratico le cose andavano piuttosto male: non sapevo l’inglese, all’arrivo a New York avevo settantacinque dollari di cui venticinque dovetti restituirli (era un debito), e non mi fu concesso il permesso di residenza permanente: la quota russa era stata completata e così bisognava attendere circa cinque anni.

Nina Berberova, Il corsivo è mio, traduzione di Patrizia Deotto, Adelphi (1989)

La zia Minnie

Richard_Feynman_NobelFacciamo un esempio, la zia Minnie è all’ospedale. Perché? Perché è uscita sul ghiaccio, è scivolata e si è rotta l’anca. La risposta soddisfa la maggior parte delle persone. Ma non qualcuno che arrivando da un altro pianeta non sa nulla delle cose… Quando uno spiega qualcosa, è in un contesto, un sistema di riferimento che permette che alcune cose siano vere. Altrimenti uno dovrebbe chiedere continuamente perché… andando sempre più in profondità in varie direzioni.
Perché è scivolata sul ghiaccio? Be’, perché il ghiaccio è scivoloso. Lo sanno tutti, non è un problema. Ma uno chiede perché il ghiaccio è scivoloso…. Ed ecco che le cose si complicano, perché non ci sono molte cose scivolose come il ghiaccio… Un solido che è così scivoloso?
Nel caso del ghiaccio, quando uno ci sta sopra, la pressione scioglie momentaneamente la superficie che diventa acquosa e di conseguenza uno scivola. Perché [questo accade] sul ghiaccio e non su altre cose? Perché l’acqua si espande quando gela, ma la pressione contrasta l’espansione e scioglie il ghiaccio… […]
Avrete notato in quest’esempio che la cosa diventa interessante dopo un po’ che domando perché. Questa è la mia idea: più una cosa è profonda, più è stimolante.

James Gleick, Genius – Richard Feynman and modern physics, Little, Brown & Co. (1992), traduzione L.V.

 

Si smussano come pezzi di vetro

08_08_16-400Le lingue delle grandi società alfabetizzate di solito hanno un lessico più ampio. Si potrebbe pensare che anche le loro strutture [sintattiche] siano più elaborate, ma di solito è vero il contrario: più è semplice una società, più è barocca la morfologia [della lingua]. In Archib, una lingua parlata nel villaggio di Archib, nel Daghestan meridionale, un unico verbo si può trovare in 1.502.839 forme diverse – tenendo conto di prefissi, suffissi e altre modifiche. Ciò è sensato, se ci pensate. Poiché le società più grandi hanno frequenti interazioni con gli estranei, il linguaggio si semplifica. Invece, i membri di gruppi relativamente omogenei condividono una base di conoscenza comune che consente loro di accumulare declinazioni senza confondersi l’un l’altro. Le piccole lingue restano appuntite. In mezzo a ondate di contatti, le lingue più diffuse perdono i loro spigoli taglienti e si smussano come pezzi di vetro.

Lauren Collins, Love in translation, The New Yorker (Aug. 8 & 15 2016), traduzione L.V.

Madre natura

65e217f397fea49a12d22a23c8abd548_w240_h_mw_mh_cs_cx_cyIo mi aggrappavo alla vita, non vedevo un altro mondo attraverso questo, sapevo che in questo unico mondo avrei trovato tutte le coordinate necessarie. Ma ero anche cosciente del fatto che in ogni realtà c’era qualcosa di insensato, in ogni aspirazione l’assurdo, in ogni civiltà l’efferatezza. Eppure madre natura non era forse ancora più spaventosa, efferata e insensata? Tra la realtà e la natura preferivo la prima.

Nina Berberova, Il corsivo è mio, traduzione di Patrizia Deotto, Adelphi (1989)