Presumono che il loro cubicolo sia uno spazio privato

All’inizio i funzionari hanno richiesto ai ristoranti di Hong Kong di installare divisori tra i tavoli, lo stesso tipo di protezione inconsistente e sostanzialmente inutile utilizzata nel dibattito della vicepresidenza degli Stati Uniti a ottobre.
Ma poiché le autorità di Hong Kong hanno gradualmente allentato le restrizioni sugli assembramenti al chiuso, permettendo di organizzare feste di matrimonio fino a 50 persone, c’è il timore di potenziali nuovi focolai negli spazi interni.
Alcuni esperti dicono di essere particolarmente preoccupati che le goccioline di coronavirus possano diffondersi attraverso i condotti di aerazione degli uffici, che sono affollati poiché la città non ha ancora sviluppato una solida cultura del lavoro a distanza.
“Le persone si tolgono le mascherine per pranzo o quando tornano al proprio posto perché presumono che il loro cubicolo sia uno spazio privato”, ha detto Yeung King-lun, professore di ingegneria chimica e biologica presso la Hong Kong University of Science and Technology.
“È importante ricordare che in una comunità l’aria che uno respira è fondamentalmente la stessa per tutti”.

Mike Ives e Apoorva Mandavilli, The Coronavirus Is Airborne Indoors. Why Are We Still Scrubbing Surfaces?, The New York Times (18/11/2020), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) un ufficio nel 1937.

Teatro dell’igiene

All’aeroporto di Hong Kong utilizzano una specie di cabina telefonica per spruzzare con del disinfettante tutto il corpo del personale nelle aree di quarantena. La cabina – che l’aeroporto ha dichiarato essere la prima al mondo e viene utilizzata sperimentalmente solo sul proprio personale – fa parte di un tentativo a tutto campo per rendere la struttura un “ambiente sicuro per tutti gli utenti”.
Queste dimostrazioni possono essere rassicuranti per il pubblico perché danno l’idea che i funzionari locali si stiano dando da fare contro Covid-19. Ma Shelly Miller, esperta di aerosol presso l’Università di Boulder in Colorado, ha dichiarato che la disinfezione nella cabina non ha alcun senso pratico per il controllo del contagio.
Le particelle virali sono emesse tramite attività come parlare, respirare, urlare, tossire, cantare e starnutire, che liberano goccioline con la respirazione. Gli spray disinfettanti sono spesso composti da sostanze chimiche tossiche che possono influire in modo significativo sia sulla qualità dell’aria negli spazi al chiuso sia sulla salute umana, ha affermato la dottoressa Miller. “Non riesco a capire come qualcuno possa pensare che disinfettare interamente una persona possa ridurre il rischio di trasmissione del virus”, ha detto.

Mike Ives e Apoorva Mandavilli, The Coronavirus Is Airborne Indoors. Why Are We Still Scrubbing Surfaces?, The New York Times (18/11/2020), traduzione L.V. Nella foto (aeroporto di Hong Kong) la cabina per la disinfezione del personale.

Alle tre del pomeriggio le strade venivano chiuse

I rappresentanti di tutti i cantoni si erano riuniti in una conferenza a Berna per parlare dell’aumento preoccupante del numero di automobili. Non riuscirono a trovare regole che valessero per tutta la Svizzera. Decisero però di introdurre a livello nazionale due nuovi cartelli stradali: uno blu all’inizio della strada per indicare che vi si poteva circolare solo a passo d’uomo, e uno giallo per segnalare che la strada era chiusa a tutte le vetture. A eccezione del Sempione, i passi di montagna restavano chiusi al transito di auto dal 1° giugno al 15 ottobre (tranne il lunedì, il giovedì e il sabato). La velocità massima consentita era di 10 chilometri orari sui rettilinei 3 nei tunnel e nelle curve. Alle tre del pomeriggio le strade venivano chiuse. Non tutte le strade svizzere avevano un buon livello di manutenzione.

Mathijs Deen, Per antiche strade, traduzione di Elisabetta Svaluto Moreolo, Iperborea (2020)

Non hanno nemmeno aspettato di ricevere lo stipendio

La stessa azienda ha anche contribuito a costruire il Huoshenshan, uno dei due ospedali edificati in emergenza a Wuhan per ospitare i pazienti con coronavirus. Il Huoshenshan, che aveva un migliaio di posti letto di cui trenta di terapia intensiva, è diventato uno dei temi preferiti della propaganda governativa, perché è stato tirato su in una decina di giorni, dal 23 gennaio al 2 febbraio. A un dato momento, nel cantiere erano all’opera settemila operai e più di cento ruspe.
Il giovane manager, che chiamerò Zhang, ha reclutato e diretto gli operai. Mi ha detto che ha spesso fatto appello al patriottismo dei lavoratori, ma soprattutto li ha pagati bene. Ricordando questo periodo, ha detto un proverbio che si può tradurre più o meno così: “Il denaro può far sì che il diavolo spinga per te la macina”. Era comune pagare operai non qualificati l’equivalente di diverse centinaia di dollari al giorno, a causa dei rischi e dell’orario di lavoro molto lungo. Il massimo che Zhang ha pagato a un falegname per una settimana di lavoro è stato cinquantamila yuan, l’equivalente di circa settemila dollari, o dieci volte un salario normale. Anche così il reclutamento di personale era difficile perché la mortalità in città stava crescendo e la mancanza di informazioni terrorizzava le persone.
Il sito di Huoshenshan comprendeva, da progetto, diverse aree, e mentre gli operai diretti da Zhang stavano ancora completando l’area posteriore, i pazienti infetti venivano già ammessi nell’area anteriore dell’ospedale. “Molti operai sono fuggiti”, ha detto. “Non hanno nemmeno aspettato di ricevere lo stipendio”. Appena terminato l’ospedale, è stato necessario rivedere diverse cose ed entrare all’interno per riparare perdite e risolvere altri problemi dovuti alla costruzione affrettata. A quel punto Zhang ha offerto agli operai mille dollari al giorno, ma nessuno ha accettato, e nessun discorso sulla Patria è stato in grado di smuoverli.

Peter Hessler, Nine Days in Wuhan, the Ground Zero of the Coronavirus Pandemic, The New Yorker (12/10/2020), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) il sito di costruzione dell’ospedale il 24/1/2020.

Harald Bluetooth

Uno dei capi più famosi dei vichinghi era Harald Bluetooth. Ho appena visto un suo ritratto, doveva essere molto bello, perfino troppo bella sembra la sua pelle. Probabilmente il soprannome, Bluetooth, vi dice qualcosa: in effetti la tecnologia deve il proprio nome al primo collegamento tra Danimarca e Norvegia, creato proprio da Harald Bluetooth. Ecco da dove viene il termine Bluetooth. Lo sapevate?

Misha Glenny, The invention of… Scandinavia, BBC 4 (17/11/2020), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) Harald Blåtand, Roskilde Domkirke, Sjælland, Danmark (circa 1500).

Quando sarò vaccinato

Alcune aziende hanno offerto benefit, come il pranzo gratuito, per convincere i lavoratori a tornare in ufficio. Altre società, tra cui il New York Times, hanno prolungato il lavoro da casa fino all’estate 2021. Quando ti sentirai a tuo agio a tornare in ufficio?

Quando sarò vaccinato e tutti intorno a me lo saranno.

Donald G. McNeil Jr intervistato da Adriana Balsamo in Until a Vaccine Arrives, a Worrisome Road Ahead, The New York Times (13/11/2020), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia, Mississippi Department of Archives and History) una vaccinazione.

Non lasciate che Junior torni a casa e uccida la nonna

Le vacanze sono dietro l’angolo. Che consiglio daresti alle famiglie desiderose di festeggiare con i propri cari?

Festeggiate su Zoom. Non lasciate che Junior torni a casa e uccida la nonna. Pensate a questo periodo come alla Seconda guerra mondiale: i nostri soldati non sono potuti tornare a casa per mangiare il tacchino. Mio padre era in Normandia. Mia madre era con la Croce Rossa nell’Austria occupata. Hanno saltato le vacanze. La vita è andata avanti lo stesso e ci sono stati anni più felici più tardi.

Donald G. McNeil Jr intervistato da Adriana Balsamo in Until a Vaccine Arrives, a Worrisome Road Ahead, The New York Times (13/11/2020), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia, Nathan Wyburn) un collage digitale di ringraziamento ai lavoratori della sanità.

Un cocomero tagliato

Arina Vlas’evna era una vera nobiluccia russa dei tempi andati; sarebbe dovuta nascere duecento anni prima, all’epoca della vecchia Mosca. Era molto devota e sensibile, credeva a ogni possibile presagio, divinazione, formula magica, sogno; credeva nei veggenti, nei geni della casa, negli spiriti del bosco, nei cattivi incontri, nel malocchio, nella medicina popolare, nel sale del giovedì santo, nell’imminente fine del mondo; credeva che se la domenica di Pasqua, alla messa notturna, non venivano spente le candele, il grano avrebbe fruttato bene, e che un fungo smetteva di crescere, se lo vedeva un occhio umano; credeva che il diavolo amasse i posti dove c’era dell’acqua, e che ogni giudeo avesse sul petto una macchiolina color sangue; aveva paura dei topi, delle bisce, delle rane, dei passeri, delle sanguisughe, del tuono, dell’acqua fredda, degli spifferi, dei cavalli, dei caproni, dei rossi di capelli e dei gatti neri e pensava che grilli e cavalli fossero animali impuri: non mangiava né carne di vitello, né piccioni, né gamberi, né formaggio, né asparagi, né tartufi di canna, né lepri, né cocomeri, perché un cocomero tagliato ricordava la testa di Giovanni Battista.

Ivan Sergeevič Turgenev, Padri e figli, traduzione di Paolo Nori, Feltrinelli (2010)

Fino all’arrivo dei vaccini

Un lockdown davvero rigido – in cui alle persone viene letteralmente ordinato di restare a casa – interrompe la trasmissione virale abbastanza a lungo da consentire rapidità e accuratezza dei test, un tracciamento veloce dei contatti, l’isolamento delle persone infette dalle loro famiglie e così via. La Cina l’ha fatto. La Nuova Zelanda l’ha fatto. Ma noi qui non abbiamo avuto niente di simile. Il nostro “blocco nazionale” in primavera è stato uno scherzo al confronto.
La Cina ha rifiutato di riaprire le città fino a quando hanno avuto zero casi per 14 giorni. Negli Stati Uniti non siamo mai scesi sotto una media di 20.000 casi al giorno. Non possiamo tracciare i contatti perché a) molti americani non collaborano e b) al di fuori del lockdown, ogni caso ha circa 50 contatti – 20.000 moltiplicato 50 fa un milione di nuovi contatti da tracciare ogni giorno. Chi può farlo? È impossibile. Quindi fondamentalmente non possiamo far altro che tenerci le mascherine ed evitare di mangiare o incontrarci con altri al chiuso fino all’arrivo dei vaccini. Se la gente si comporta diversamente, gli ospedali sono travolti e quando questo accade, un virus che uccide meno dell’1% delle sue vittime improvvisamente ne ammazza il 2 o 3 o il 4 o il 5% perché ai pazienti non si riesce a dare respiratori, ambulanze, neppure l’ossigeno. “Appiattire la curva” significa soltanto rallentare le cose in modo che gli ospedali non collassino.

Donald G. McNeil Jr intervistato da Adriana Balsamo in Until a Vaccine Arrives, a Worrisome Road Ahead, The New York Times (13/11/2020), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) corso Vittorio Emanuele a Milano durante il lockdown ad aprile 2020.