Si è riunito un vertice di tecnici e si sono fatte varie proposte, di cui la più pittoresca era la seguente: telefonare in Tunisia, fare introdurre nel tubo una palla di gomma e pomparvi dietro aria compressa, come si fa nella posta pneumatica: la palla avrebbe raggiunto il carrello sul fondo del Mediterraneo e lo avrebbe sparato fuori.
Si stava ancora discutendo quando si è fatto avanti uno dell’equipaggio: era un ex pescatore, e gli sembrava evidente che il carrello doveva essere pescato. La sua proposta era semplice, rapida e non costava che qualche migliaio di lire; l’uomo è stato condotto in officina, dove si è fatto costruire un grosso amo e lo ha zavorrato con un peso. Ha introdotto amo e peso nella bocca del tubo, e dopo qualche minuto di tentativi pazienti ed esperti ha agganciato il generatore e lo ha tirato fuori.
Non ho conosciuto l’anonimo pescatore, ma nei visi intravisti sul Castoro ho riconosciuto segni che è raro notare altrove. Sono i segni di chi ha coscienza che il proprio lavoro è intelligente ed utile; che esso, se anche è frutto dell’ingegno altrui, contiene margini per l’ingegno di chi lo svolge: che ancora oggi, nel tempo del lavoro non più faticoso ma alienante, è dato recuperare, magari in mezzo al Canale di Sicilia, gli antichi piaceri della competenza messa alla prova e del lavoro ben fatto.
Primo Levi, Ospite del Capitano Nemo, La Stampa (6/4/1980), articolo ripubblicato da Marco Belpoliti su Doppiozero (12/2/2016). Nella foto (da Doppiozero), la nave Castoro sei della Saipem su cui Primo Levi è stato invitato nel 1980.