Verso il 25 di agosto tornammo a Milano e il film era a buon punto. Partecipammo ancora ad alcune riprese a palazzo Sola. Si doveva realizzare una delle sequenze più impegnative del film: il ballo nel salone del governatore austriaco. Non si poteva trovare scenario migliore del palazzo Sola, dove aveva sede la società e si decise di utilizzare il cortile per l’arrivo delle carrozze con gli invitati. C’era però un problema: la scena doveva svolgersi di notte e l’oscuramento prescriveva di spegnere ogni luce alle dieci. Poiché, essendo d’estate, il sole tramontava tardi, la sola ora disponibile per girare la scena in una luce crepuscolare con l’aiuto di una nutrita batteria di riflettori era tra le 8 e le 9. Il tempo era appena sufficiente per girare la scena delle dieci carrozze previste per l’arrivo degli ospiti, ma non certo per le prove. Si decise così di effettuare le prove nel corso della giornata in modo da non perdere neppure un minuto dopo il tramonto del sole. Alle 8 e 10 minuti le carrozze con le comparse in costume da sera erano ferme sul corso Venezia tenuto libero da alcuni vigili, ma quando scattò il primo ciak e i riflettori inondarono di luce il cortile si udì un grido: «fermi tutti». Era Carlo Ponti che si era accorto che le grandi vetrate del piano terra riflettevano tutti i grandi padelloni luminosi. Si tentò di spostare le luci, ma ci rendemmo conto che non c’era nulla da fare. Era come trovarsi in un salone con le pareti a specchio. A un certo punto, senza dir nulla, Ponti scomparve nel palazzo e ne uscì poco dopo con un grosso bastone: come un pazzo, in pochi minuti, fece cadere in briciole tutti i vetri delle grandi finestre tra le sonore rimostranze del Conte Sola, che assisteva alla scena. La ripresa dell’ingresso delle carrozze terminò in tempo per l’ora dell’oscuramento. Era nato un grande produttore.
Gigi Galeazzi, Memorie (1990), dattiloscritto inedito. Nella foto (viene da qui) Carlo Ponti.