E vedo il mare

se-a-milano-ci-fosse-il-mare1-4Vi è un sogno che da moltissimi anni ricorre di frequente nelle mie notti. Cammino, cammino su una lunga via che si restringe a poco a poco e mi sento felice e tranquillo perché le case che mi stanno intorno le riconosco come quelle della mia città. Alla fine del percorso la strada si apre su un grande spazio e vedo il mare illuminato da un sole abbagliante. Mi fermo e mi pongo sempre la stessa domanda: «Come mai non mi sono mai accorto che a Milano vi fosse il mare?» e non so darmi una risposta.

Gigi Galeazzi, Memorie (1990), dattiloscritto inedito. Nella foto (viene da qui) un disegno di Piazza Duomo con il mare.

 

Il pezzo di maggior valore

emperor_francis_josephTornai a Chicago altre due volte per lavoro e mi spinsi lungo il Michigan verso nord sostando a Green Bay, una graziosa calma cittadina del Wisconsin. In un certo villaggio lungo il lago i miei accompagnatori mi fecero entrare in un negozio di scarpe dove ci accolsero due vecchissime sorelle dal nome germanico che, mentre ci servivano un the nel loro appartamento nel retro della bottega, ci raccontarono la storia del loro padre che era emigrato in America al tempo della Prima guerra mondiale. Era stato il calzolaio di Francesco Giuseppe e le due donne conservavano un piccolo museo di scarpe di quell’epoca. Il pezzo di maggior valore era un paio di stivali che era stato confezionato per l’imperatore e mai ritirato perché nel frattempo era morto.

Gigi Galeazzi, Memorie (1990), dattiloscritto inedito. Nella foto (Wikipedia) Francesco Giuseppe.

 

Sembra un conte

locandinaUna sera, durante la lavorazione della Primadonna, mio fratello Cesare si trovava a cena al Club con Mambretti e Ponti e quando egli chiese loro notizie sulla mia partecipazione al film, Ponti gli rispose: «Cosa vuole, Professore, suo fratello ha una grade passione per il cinema, ma ha un difetto che è difficilmente tollerato nel nostro mondo: quando lo si vede in teatro sembra un conte». Era una condanna senza appello.

Gigi Galeazzi, Memorie (1990), dattiloscritto inedito. Nella foto (viene da qui) Carlo Ponti.

Fermi tutti!

mte5ntu2mze2mdk5mje2ota3Verso il 25 di agosto tornammo a Milano e il film era a buon punto. Partecipammo ancora ad alcune riprese a palazzo Sola. Si doveva realizzare una delle sequenze più impegnative del film: il ballo nel salone del governatore austriaco. Non si poteva trovare scenario migliore del palazzo Sola, dove aveva sede la società e si decise di utilizzare il cortile per l’arrivo delle carrozze con gli invitati. C’era però un problema: la scena doveva svolgersi di notte e l’oscuramento prescriveva di spegnere ogni luce alle dieci. Poiché, essendo d’estate, il sole tramontava tardi, la sola ora disponibile per girare la scena in una luce crepuscolare con l’aiuto di una nutrita batteria di riflettori era tra le 8 e le 9. Il tempo era appena sufficiente per girare la scena delle dieci carrozze previste per l’arrivo degli ospiti, ma non certo per le prove. Si decise così di effettuare le prove nel corso della giornata in modo da non perdere neppure un minuto dopo il tramonto del sole. Alle 8 e 10 minuti le carrozze con le comparse in costume da sera erano ferme sul corso Venezia tenuto libero da alcuni vigili, ma quando scattò il primo ciak e i riflettori inondarono di luce il cortile si udì un grido: «fermi tutti». Era Carlo Ponti che si era accorto che le grandi vetrate del piano terra riflettevano tutti i grandi padelloni luminosi. Si tentò di spostare le luci, ma ci rendemmo conto che non c’era nulla da fare. Era come trovarsi in un salone con le pareti a specchio. A un certo punto, senza dir nulla, Ponti scomparve nel palazzo e ne uscì poco dopo con un grosso bastone: come un pazzo, in pochi minuti, fece cadere in briciole tutti i vetri delle grandi finestre tra le sonore rimostranze del Conte Sola, che assisteva alla scena. La ripresa dell’ingresso delle carrozze terminò in tempo per l’ora dell’oscuramento. Era nato un grande produttore.

Gigi Galeazzi, Memorie (1990), dattiloscritto inedito. Nella foto (viene da qui) Carlo Ponti.

Cinema Silenzioso

1925b-fascination-r-leonard-22A metà del corso Vittorio Emanuele di fianco al Trianon, il più noto “Tabarin” di Milano che vantava il telefono tra tavolo e tavolo per approcci con le “entreneuses” e poco prima della chiesa di S. Carlo vi era il cinema Silenzioso (detto dai milanesi il “Silensia”) che proiettava esclusivamente “serial” americani in varie puntate che terminavano con la seguente didascalia “il seguito alla prossima volta”.

Gigi Galeazzi, Memorie (1990), dattiloscritto inedito. Nella foto (viene da qui) una locandina del cinema Silenzioso.

 

I fili del tram

dante_nella_tempi_suoi_1922Non credo di sbagliarmi collocando a Firenze l’inizio dei miei rapporti con il cinema in una sera d’aprile della Settimana Santa del 1923 o 1924 in occasione dell’annuale viaggio di Pasqua. Fu allora che mio padre ci fece una sorpresa: alla sera saremmo andati al cinematografo. Allora non si teneva conto dell’orario di inizio del film che veniva proiettato dalle due del pomeriggio a mezzanotte. Il film veniva interrotto fino a 4/5 volte non per la pubblicità che non esisteva ma perché le cabine disponevano di un unico apparecchio di proiezione che reggeva bobine di non più di 500/600 metri.
Entrammo in uno dei molti intervalli e non avevo la minima idea di cosa mi aspettasse. D’un tratto le luci si spensero e un pianista cominciò a suonare. Lo schermo si illuminò e fui come folgorato e anche un po’ impaurito dalla dimensione dei volti che apparivano sullo schermo. Nessuno mi ha mai riferito di aver avuto un’analoga reazione la prima volta che andò al cinema. Per me quelle figure e soprattutto quei primi piani di 6 metri per 4 mi sembrarono una cosa mostruosa e innaturale tanto che non vidi l’ora che lo spettacolo finisse e tornassimo in albergo. Che l’impressione sia stata fortissima lo prova il fatto che ancor oggi a distanza di più di 60 anni non solo rivivo chiaramente il disagio che provai, ma ricordo anche il titolo del film e alcune immagini della vicenda. Era “Dante nella vita e nei tempi suoi” e ricordo perfettamente la scena dell’incontro di Dante con Beatrice girato sul Lungarno sullo sfondo del Ponte Vecchio. Un particolare che fece sorridere i miei genitori erano i fili del tram che si distinguevano contro il cielo dietro i volti dei due protagonisti.

Gigi Galeazzi, Memorie (1990), dattiloscritto inedito. Nella foto (viene da qui) fotogrammi di “Dante nella vita e nei tempi suoi” di Domenico Gaudo (1922).

Lancia Trikappa

lancia_trikappa_1922A fine luglio si rientrava a Milano e il primo agosto si partiva per la montagna con la nostra Lancia Trikappa, una macchina aperta molto potente a cui era stata applicata sugli strapuntini una struttura in legno che consentiva di estendere la capacità del veicolo a otto persone, papà, mamma, noi cinque figli e l’autista. Le strade asfaltate erano pochissime e un fitto polverone ci infarinava per quasi tutto il viaggio costringendoci a portare occhiali gommati e spolverini di tela impermeabile, mentre le signore viaggiavano con la testa avvolta in una specie di zanzariera. Mio padre si era rivolto alla Lancia per avere un autista ben addestrato per condurre su strade di montagna un veicolo così potente. Ci fu così assegnato nientemeno che un ex collaudatore allenato a guidare sui circuiti di prova e quindi del tutto sordo ai consigli di prudenza da parte di mia madre. Mio padre non si preoccupava affatto anche se si correva a 120 km all’ora per superare quella che il nostro nuovo autista considerava la sua sola temibile rivale, la 8 cilindri Isotta Fraschini che nel gergo dei corridori era chiamata “Otto Frasca”. Un’estate mio padre fu obbligato a ritardare la partenza per ragioni professionali e noi partimmo in treno. Egli ci avrebbe raggiunti con la macchina nella settimana successiva. Il suo arrivo era previsto per le tre del pomeriggio ma quella volta la Lancia Trikappa non arrivò a S. Martino di Castrozza: era uscita di strada in una curva e per fortuna era rimasta incastrata tra due abeti. Il collaudatore fu rispedito subito alla Lancia.

Gigi Galeazzi, Memorie (1990), dattiloscritto inedito. Nella foto (viene da qui) una Lancia Trikappa.

Radio a galena

crystal_radio-agrErano gli anni in cui alla sera si rimaneva seduti attorno al tavolo della sala da pranzo per ascoltare le prime trasmissioni radio che venivano captate con un apparecchio “a galena”. Un pezzo di questo materiale era incollato sopra una cassetta di legno al centro della tavola e mio padre o mio fratello si davano da fare per appoggiare il “detector” sul punto più sensibile del minerale. Le cuffie erano otto e si stava anche tre ore in silenzio, mio padre, mia madre mia nonna e i miei quattro fratelli per ascoltare un’intera opera lirica.

Gigi Galeazzi, Memorie (1990), dattiloscritto inedito. Nella foto (viene da qui) una radio a galena.