Parlando lingue diverse

Quando i fratelli Singer erano arrivati negli Stati Uniti, nel mondo c’erano circa tredici milioni di persone che parlavano yiddish, di cui circa sette milioni nell’Europa centrale e orientale e tre milioni in Nord America. Oggi si stima che siano rimasti circa seicentomila madrelingua, quasi tutti nelle comunità ultra-ortodosse in Israele e negli Stati Uniti. La maggior parte della popolazione europea di lingua yiddish è stata assassinata dai nazisti, e dove le comunità di lingua yiddish esistevano ancora, i loro figli sono cresciuti parlando lingue diverse: ebraico, inglese, russo.

Adam Kirsch, The Forgotten Giant of Yiddish Fiction, The New Yorker (4/12/2024). Nella foto (Wikipedia) Israel Joshua Singer e Isaac Bashevis Singer (1930 circa).

La nostra maestà, le nostre colpe, la nostra rovina

Il racconto di Italo Calvino “I Dinosauri”, del 1965, è narrato da un dinosauro sopravvissuto all’estinzione. Sentendosi l’ultimo della sua specie, è solo. Si unisce a una comunità di Nuovi, che non lo riconoscono come un dinosauro, o forse non sanno davvero nulla sui dinosauri, ma raccontano storie spaventose su di loro. La paura da parte dei Nuovi si trasforma in ammirazione esagerata, fino a raccontare storie sui dinosauri che li rendono risibili, come “terribili mostri” che interpretano “personaggi ridicoli”. Usano storie di dinosauri inconsapevolmente, per i propri mutevoli fini psicologici ed emotivi. Verso la fine della storia, dopo che un fossile di dinosauro viene trovato dai Nuovi, il dinosauro vede “tutto quello che eravamo stati e non eravamo più, la nostra maestà, le nostre colpe, la nostra rovina”. Quando i Nuovi passano all’“idea dei Dinosauri” come “legata a quella d’una triste fine”, lui si stufa e se ne va. La storia di Calvino, scritta quando l’estinzione dei dinosauri era ancora un mistero, oggi si legge come una parabola sulla nostra possibile estinzione, anche se le cause sono visibili e non occulte.

Rivka Galchen, Reinventing the Dinosaur, The New Yorker (13/11/2023), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia, Carla Cerati) Italo Calvino in bicicletta (1970).

È complicato

I beduini in Israele sono una comunità nomade che risiede in gran parte nel deserto israeliano del Negev e fanno parte della minoranza araba israeliana – il 21% del Paese – diffusa nelle città e nei villaggi. Ci sono circa 320.000 beduini in Israele, di cui circa 200.000 vivono in comunità riconosciute dal governo e circa 120.000 in baraccopoli non riconosciute. Molti beduini hanno prestato servizio nell’esercito israeliano, spesso come localizzatori, grazie alla loro profonda conoscenza della geografia dell’area, derivante da generazioni di nomadismo nel deserto.
Ebbene, si è scoperto che alcuni beduini israeliani che vivevano vicino alle comunità di confine devastate da Hamas, o vi lavoravano, hanno contribuito a salvare ebrei israeliani. Alcuni beduini sono stati rapiti da Hamas insieme agli ebrei, mentre altri sono stati assassinati da Hamas perché il gruppo terroristico ha considerato come “ebrei” meritevoli di essere uccisi chiunque vivesse o lavorasse nei kibbutz israeliani e parlasse ebraico.
E si trova che, dopo il 7 ottobre, alcuni di quei beduini che hanno salvato ebrei israeliani hanno ricevuto sguardi ostili e insulti silenziosi da parte di altri ebrei israeliani, che automaticamente presumevano che fossero simpatizzanti di Hamas.
E per tutto questo tempo le vittime sia ebree sia beduine di Hamas sono state curate insieme, negli ospedali israeliani dove quasi la metà di tutti i nuovi medici sono ora arabi o drusi israeliani, così come lo sono il 24% circa degli infermieri e il 50% dei farmacisti.
Sì, un arabo beduino israeliano può salvare un ebreo israeliano al confine con Gaza la mattina, essere discriminato dagli ebrei per le strade di Beersheba nel pomeriggio e andare fiero del fatto che sua figlia – una dottoressa formatasi in una facoltà di medicina israeliana – sia rimasta sveglia tutta la notte a prendersi cura di pazienti ebrei e arabi all’ospedale Hadassah.
È complicato.

Thomas L. Friedman, The Rescuers, The New York Times (22/11/2023), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia, World Economic Forum) Thomas Friedman.

La Terra ci chiede qualcosa di più della gratitudine

Come scienziati ci siamo chiesti: perché? Perché esseri solitari e reclusi devono lottare per arrampicarsi su un promontorio roccioso ed entrare in una comunità di un centinaio di esseri umani? Perché tutte queste tartarughe sono venute da noi, in numeri senza precedenti, per fare la cosa più importante per loro? Quando i nostri studenti sono andati alla ricerca di siti adatti a trasferire al sicuro le molteplici uova che avevano deposto non solo nell’ultimo anno, hanno trovato una risposta. Le lingue di sabbia preferite dalle tartarughe erano sott’acqua a causa di piogge più intense del solito. Quando il livello del lago si è alzato, hanno dovuto cercare un terreno più in alto. Ho avuto l’impressione che le tartarughe azzannatrici fossero diventate rifugiati climatici.
E questo è il pensiero che non mi da pace.
Penso che le tartarughe si siano dirette verso l’alto in preda a una sorta di disperazione, come chiedendoci di prestare attenzione, per farci vedere che stiamo vacillando sull’orlo della catastrofe climatica con i nostri parenti, animali e vegetali, che scompaiono a ondate dopo ondate di estinzioni. La scienza, armata di modelli con cui prevedere gli imminenti cambiamenti, è un potente strumento per affrontare queste crisi. Ma non è l’unico. Come scienziato sento dati indiscutibili, e anche un messaggio, allo stesso tempo materiale e spirituale, portato dalle tartarughe azzannatrici: la Terra ci chiede qualcosa di più della gratitudine.

Robin Wall Kimmerer, The Turtle Mothers Have Come Ashore to Ask About an Unpaid Debt, The New York Times (22/9/2023), traduzione L.V.

E la comunità gay ha ascoltato

Mentre i funzionari della sanità e i giornalisti esitavano, i gay e i bisessuali sono entrati in azione. I giovani con lesioni che ricoprivano i loro volti si sono rivolti ai social e ai media tradizionali, dicendo al pubblico che stavano affrontando “il peggior dolore che ho provato nella mia vita” e, forse ancora più significativo, “preferirei avere il Covid”. Benjamin Ryan, un giornalista gay, e Carlton Thomas, un medico gay, hanno rischiato di essere cancellati – ad esempio, di essere attaccati su Twitter – per avere dato quello che il Dr. Thomas ha definito un consiglio di “ruvido affetto” per la propria comunità: limitare il sesso al di fuori delle relazioni stabili; cercare assistenza medica immediata in caso di sintomi; e farsi vaccinare il prima possibile.
E la comunità gay ha ascoltato.
I promotori di feste gay hanno annullato eventi pianificati da tempo e uomini gay single hanno temporaneamente cancellato le app per appuntamenti dai loro telefoni e ridotto i loro contatti sessuali. I Centers for Disease Control and Prevention hanno rilevato questi cambiamenti nei comportamenti, riportando che metà degli uomini gay intervistati aveva ridotto il numero di partner sessuali, gli incontri sessuali una tantum e l’uso delle app per appuntamenti durante l’epidemia. E gli uomini gay e bisessuali si sono fatti vaccinare a frotte; due terzi degli intervistati dal Pew Research Center nel settembre 2022 avevano riferito di avere già ricevuto una vaccinazione contro l’mpox o di avere intenzione di farlo. Gli uomini gay e bisessuali hanno fatto numerosi tentativi frustranti di ottenere un appuntamento per la prima dose cruciale di due e hanno atteso per ore nei centri temporanei di vaccinazione. Da giugno 2022 negli Stati Uniti sono state somministrate più di un milione di dosi del vaccino Jynneos (protettivo contro il vaiolo e mpox), oltre il 90 per cento a uomini (presumibilmente gay e bisessuali).

Ina Park e Dan Savage, How Gay Men Saved Us From Mpox, The New York Times (16/4/2022), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia, NIAID) particelle di virus mpox in una cellula infetta, visualizzate con un microscopio elettronico e colorate.

La wokeness

Il termine “woke” risale a quasi un secolo fa ed era stato inizialmente utilizzato nelle comunità nere per descrivere una presa di coscienza. Da allora è diventato un termine più generico, che denota la consapevolezza di una serie di problemi di giustizia sociale. Negli ultimi anni, nei circoli conservatori la “wokeness” è diventata oggetto di sospetto e di ridicolo: un termine scorciatoia con cui designare l’ostentazione delle virtù, al pari del precedente “politicamente corretto”.

Sheelah Kolhatkar, The C.E.O. of Anti-Woke, Inc., The New Yorker (19/12/2022)

E potevano usare il denaro come volevano

Saunders-Hastings non suggerisce regole da seguire per attività filantropiche moralmente accettabili. Tuttavia tali regole possono essere dedotte dai suoi principi generali. Le piccole attività filantropiche sono meglio delle grandi, perché non ingenerano le stesse disparità di potere. Il cestino delle offerte è probabilmente una scelta sicura, così come lo sono le organizzazioni laiche della propria comunità di riferimento. Donare senza condizioni, che è ciò che fa la maggior parte dei piccoli donatori, è meglio che donare condizionatamente, come fanno molti grandi donatori, perché ciò evita che i vostri soldi siano utilizzati per imporre ai riceventi come debbano vivere. Anche donare in maniera anonima è meglio, come hanno suggerito Gesù e molti altri. Saunders-Hastings ammira in particolare una pratica del villaggio rumeno dove è cresciuto Elie Wiesel, e che è descritta nelle sue memorie: durante la festa di Passover le persone lasciavano in modo anonimo delle somme di denaro in un piatto; gli abitanti bisognosi del villaggio potevano prendere dal piatto quanto volevano e potevano usare il denaro come volevano.

Nicholas Lemann, Would the World Be Better Off Without Philanthropists?, The New Yorker (23/5/2022), traduzione L.V. Nella foto (Ohio State University) Emma Saunders-Hastings.

Occorreva dare loro dei cognomi

Catriona Seth: Penso che per Maria Teresa allinearsi con i cattolici sia stato sempre molto più semplice che allinearsi con i protestanti.

Melvyn Bragg: Era piuttosto feroce con i protestanti e gli ebrei, non è vero?

Catriona Seth: Maria Teresa era estremamente feroce nei confronti dei protestanti e degli ebrei. Aveva iniziato a trasferire i protestanti. Dopotutto, le era utile avere tanti sudditi, ma non li voleva troppo vicino. Poteva evitare di averli vicino a sé e cercava quando poteva di incoraggiarli a convertirsi in diverse maniere. Odiava assolutamente gli ebrei, ciò è molto molto chiaro, e nei loro confronti aveva preso una serie di misure che erano chiaramente inique. Ad esempio, gli ebrei di Praga erano un’enorme comunità aschenazita, e lei cercò di espellerli, facendoli trasferire in Transilvania che era già una regione multi-confessionale. Quando acquisì la Galizia, in cui vi era un gran numero di ebrei, occorreva dare loro dei cognomi, e i cognomi che furono dati li facevano notare, risaltare, dare nell’occhio. Spesso erano cognomi che potevano essere denigratori e che avevano lo scopo di marchiare uno come ebreo.

Catriona Seth intervistata da Melvyn Bragg su Maria Theresa, In our time, Radio BBC4 (22/10/20), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia, Accademia di belle arti, Vienna), Martin van Meytens, Imperatrice Maria Teresa (1759).

È capitato che la loro porta venisse sigillata

Il lockdown cinese è stato più rigido che in quasi qualsiasi altra parte del mondo. I comitati di quartiere, il livello più basso di organizzazione del Partito Comunista, hanno fatto rispettare le regole e in molti luoghi hanno limitato le uscite delle famiglie a un solo individuo che ogni due o tre giorni poteva andare ad acquistare beni di prima necessità. Se una famiglia era sospettata di esposizione al virus, è capitato che la loro porta venisse sigillata per il tempo necessario a effettuare i test e il tracciamento dei contatti. Una studentessa a cui avevo insegnato negli anni Novanta mi ha mandato la foto di una porta nella sua comunità che era stata sigillata con due timbri ufficiali. “Da quando sono nata non avevo mai visto cose del genere, ma le persone più anziane devono avere qualche ricordo di scene di questo tipo”, mi ha scritto, riferendosi alle campagne maoiste.

Peter Hessler, How China Controlled the Coronavirus, The New Yorker (17/8/2020), traduzione L.V.

Piccola Gerusalemme

Sinagoga_PitiglianoIl libro di Edda Servi Machlin (a cui è seguito un secondo volume nel 1992) non si limita a offrire ricette; racconta anche i suoi ricordi d’infanzia a Pitigliano, una città della Toscana che era conosciuta come la piccola Gerusalemme perché – almeno fino alla Seconda guerra mondiale – aveva da secoli una vivace comunità e cultura ebraica.

Neil Genzlinger, Edda Servi Machlin, 93, Champion of Italian Jewish Cuisine, Dies, The New York Times (1/9/19). Nella foto (Wikipedia) la sinagoga di Pitigliano.