Ideali per le rapide annotazioni dei piloti

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Al civico 60 di corso Re Umberto a Torino una lapide ricorda la casa dove nacque colui che «semplificò la quotidianità della scrittura». Il signore in questione è Marcel Bich, nato nella città piemontese nel 1914 e in seguito trasferitosi con la famiglia in Francia. Qui, nel secondo dopoguerra, acquisto e perfezionò il brevetto dell’inventore ungherese Bíró, sulla base del quale avviò la produzione industriale di quella che sarebbe diventata probabilmente lo strumento di scrittura più comune e diffuso nel mondo: la penna Bic. Laszló Jozsef Bíró ideò infatti la penna che porta il suo nome e che garantiva maggiore autonomia della penna stilografica, e soprattutto non dipendeva da frequenti operazioni di ricarica. La penna di Bíró trovò subito un acquirente nella Royal Air Force britannica. Le penne a inchiostro erano infatti inadatte per il volo perché spandevano facilmente, mentre le nuove penne a sfera – denominate dalla Raf Eterpen -erano ideali per le rapide annotazioni dei piloti. L’inventore ungherese non fu però in grado di raggiungere mercati più ampi, cosa che invece riuscì a Bich, grazie anche alle migliorie apportate tra le quali quella dell’involucro trasparente che consentiva di controllare in qualsiasi momento la quantità residua di inchiostro.

Piero Martin, Le 7 misure del mondo, Laterza (2021). Nella foto la targa in memoria della nascita di Marcel Bich (1914-1994), in corso Re Umberto 60 a Torino.

Un gioco che non aveva nessun altro

Cagliari 1947, mia sorella Graziella (1932 – 2015) ha preso il tifo, sta molto male. I rimedi tradizionali non fermano la malattia che la sta rapidamente consumando, ha solo quindici anni.
Ci sarebbe una possibilità: il comando alleato dispone dei primi antibiotici arrivati con i militari dall’America. Il padre Francesco Vozza, Primario di ginecologia e ostetricia all’Ospedale civile e professore all’Università di Cagliari, chiede e ottiene dal collega ufficiale medico delle forze armate americane alcune dosi per la figlia morente.
Il prezioso farmaco, mai visto e provato, si presentava così: una scatola di latta lucida grigio-verde, identica a quelle delle munizioni, lunga 20 cm, alta 10 e profonda uguale; conteneva 12 graziose boccettine su tre file. Mai visti dei flaconi così, un bel vetro chiaro trasparente, il tappo rosso di gomma con un circoletto al centro come un bersaglio, e il punto in rilievo dove affondare la siringa; attorno alla chiusura un anello di alluminio. Misteriose sigle su una piccola etichetta bianca, si capiva però il nome, nero e in grassetto: Penicillin.
Con questa cura, Graziella è migliorata rapidamente, la febbre si è attenuata poi cessata, il volto avvizzito e terreo ha via via recuperato un colore meno terribile. La scatola è rimasta in casa per tanti anni come una preziosa reliquia; con i flaconi vuoti, il fratellino piccolo ha trovato un gioco che non aveva nessun altro.

Giorgio Vozza (3/12/2023). Nella foto (archivio famiglia Vozza) Graziella Vozza nel 1945 al Poetto, a Cagliari, con il fratello Riccardo e il cugino Emilio, due anni prima di ammalarsi di tifo.