Le cellule della nonna

L’idea che potessero esistere neuroni capaci di rispondere selettivamente a stimoli complessi dell’ambiente come i volti era stata originariamente ipotizzata nell’Ottocento dallo psicologo William James, il quale si riferiva a queste ipotetiche cellule con il soprannome di «neuroni pontificali». L’ipotesi fu poi ripresa da vari altri studiosi, come il fisiologo Jerzy Konorski, che introdusse il termine «neuroni agnostici». Oggi questi neuroni sono meglio conosciuti come «cellule della nonna», etichettatura suggerita dal neurofisiologo Jerome (Jerry) Lettvin all’interno di una storiella divertente da lui ideata, ispirata al romanzo di Philip Roth Il lamento di Portnoy, per deridere l’idea che concetti complessi possano essere rappresentati dall’attività di un singolo neurone. Nella storia di Lettvin, per liberarsi dalle sue ossessioni sulla madre prepotente, Portnoy, anziché a uno psicanalista, decide di rivolgersi a un neurochirurgo, Akakij Akakievič, che ha scoperto nel cervello umano dei neuroni che rispondono unicamente alla vista della propria madre. Il dottor Akakievič apre il cervello di Portnoy e rimuove tutte le cellule della madre. L’operazione si rivela un grande successo e, raccontava Lettvin ai suoi studenti, il dottor Akakievič decide perciò di estendere le sue ricerche alle «cellule della nonna».

Giorgio Vallortigara, Il pulcino di Kant, Adelphi (2023). Nella foto (MIT Technology Review) Jerry Lettvin nella vasca da bagno in cui trascorreva abitualmente ore e ore a leggere.

La Terra ci chiede qualcosa di più della gratitudine

Come scienziati ci siamo chiesti: perché? Perché esseri solitari e reclusi devono lottare per arrampicarsi su un promontorio roccioso ed entrare in una comunità di un centinaio di esseri umani? Perché tutte queste tartarughe sono venute da noi, in numeri senza precedenti, per fare la cosa più importante per loro? Quando i nostri studenti sono andati alla ricerca di siti adatti a trasferire al sicuro le molteplici uova che avevano deposto non solo nell’ultimo anno, hanno trovato una risposta. Le lingue di sabbia preferite dalle tartarughe erano sott’acqua a causa di piogge più intense del solito. Quando il livello del lago si è alzato, hanno dovuto cercare un terreno più in alto. Ho avuto l’impressione che le tartarughe azzannatrici fossero diventate rifugiati climatici.
E questo è il pensiero che non mi da pace.
Penso che le tartarughe si siano dirette verso l’alto in preda a una sorta di disperazione, come chiedendoci di prestare attenzione, per farci vedere che stiamo vacillando sull’orlo della catastrofe climatica con i nostri parenti, animali e vegetali, che scompaiono a ondate dopo ondate di estinzioni. La scienza, armata di modelli con cui prevedere gli imminenti cambiamenti, è un potente strumento per affrontare queste crisi. Ma non è l’unico. Come scienziato sento dati indiscutibili, e anche un messaggio, allo stesso tempo materiale e spirituale, portato dalle tartarughe azzannatrici: la Terra ci chiede qualcosa di più della gratitudine.

Robin Wall Kimmerer, The Turtle Mothers Have Come Ashore to Ask About an Unpaid Debt, The New York Times (22/9/2023), traduzione L.V.

Che l’argomento non fosse mai arcano

Nel 1968 il professor Mendelsohn fondava il Journal of the History of Biology.
“La biologia, in particolare, deve essere studiata nei suoi rapporti con le altre scienze e con le correnti intellettuali del suo tempo”, aveva scritto in un saggio introduttivo nel primo numero della rivista. “Può anche essere esaminata per le sue interazioni con le istituzioni della società da cui emergono i suoi risultati”.
Qualunque fosse il ramo della scienza su cui stava scrivendo o tenendo conferenze, faceva in modo che l’argomento non fosse mai arcano.
Agli studenti di dottorato diceva che avrebbero dovuto essere in grado di uscire su Harvard Square e spiegare gli argomenti delle proprie tesi alla gente per strada. In una lezione del 2013 al Dartmouth College, aveva parlato della rivoluzione scientifica del XVI e XVII secolo, della rivoluzione industriale e delle recenti rivoluzioni digitale e biologica, e aveva concluso domandandosi se i progressi non corressero il rischio di diventare così complessi che il grande pubblico non sarebbe stato in grado di capirli o di prendere decisioni informate sulle loro applicazioni – una prospettiva che non accoglieva con favore.
“Le rivoluzioni scientifiche richiedono una più sviluppata partecipazione dei cittadini, il che è difficile, perché il livello di conoscenza richiesto potrebbe essere elevato e una delle sfide è come colmare questo divario”, ha affermato.
Aveva aggiunto: “La scienza è per molti aspetti troppo importante per le nostre vite – credo che potremmo dire – per essere lasciata soltanto agli esperti”.

Neil Genzlinger, Everett Mendelsohn, Who Linked Science and Society, Dies at 91, The New York Times (15/7/2023). Nella foto (Harvard University) Everett I. Mendelsohn.

Per imparare il Requiem di Mozart con Bruno Walter

Allora, per ascoltare i grandi direttori, con Zubin Mehta eravamo studenti tutti e due di Swarowsky, allora abbiamo detto, siamo qui, vogliamo sentire le prove di Karajan, di Bruno Walter. Pensa, Requiem di Mozart diretto da Bruno Walter… Abbiamo detto, cosa facciamo? Abbiamo fatto l’audizione per cantare nel coro e abbiamo cantato nel coro. Perciò, immaginati tu, era la lezione migliore per imparare il Requiem di Mozart con Bruno Walter.

Claudio Abbado in Helmut Failoni, Con Claudio Abbado: ricordi, voci, racconti e qualche divagazione sul grande direttore d’orchestra – prima puntata, Suona l’una, Rai Play Sound (4/7/2022). Nel video (Youtube) Bruno Walter dirige il Requiem di Mozart con i Wiener Philarmoniker Vienna nel 1937.

Si fa stirare i lacci delle scarpe ogni mattina

Carlo, nel frattempo, ha soltanto guadagnato nello sguardo di Peter Morgan. La quarta stagione aveva umanizzato il principe senza renderlo particolarmente empatico. La quinta è di fatto propaganda a favore di Carlo. La sua relazione con Camilla Parker Bowles (Olivia Williams) è esageratamente sana. Anche la rievocazione del cosiddetto “tampongate” – un’intercettazione telefonica in cui Carlo esprimeva il desiderio di essere l’assorbente interno di Camilla – è inaspettatamente tenera, reintegrando l’affetto scherzoso e autoironico nella chiacchierata degli amanti. Carlo è una guida intellettualmente impegnata, di mentalità filantropica e lungimirante, nonché uno pronto a ballare in giacca e cravatta, con studenti provenienti da contesti svantaggiati, nell’auditorium di una scuola. Quella scena, che funziona per la grazia fisica e il fascino di Dominic West, è un affronto al buon senso; ci chiede di dimenticare il Carlo che ha inveito contro la crescita della popolazione nel Sud del mondo e che si fa stirare i lacci delle scarpe ogni mattina. Morgan non riesce a riconciliare l’apparente idoneità del principe al trono con la sua profonda impopolarità tra la gente.

Inkoo Kang, Even Diana’s Revenge Dress Can’t Save Season 5 of “The Crown”, The New Yorker (21/11/2022), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) la locandina di “The Crown”, quinta stagione.

Per rendere accettabile il decorso della vita

Il suo teatro non è così diverso. Per Verdi, indulgenza e rispetto erano la base per rendere accettabile il decorso della vita, malattia di durata incerta e prognosi infausta, non assistita da un destino cinico e baro. Cioè esattamente quello che non fanno i vari Rigoletto, Germont, Renato, Macbeth, Luna, Fiesco e tutti quelli che nelle opere verdiane per voler soddisfare biechi interessi personali si ritrovano in un deserto di affetti popolato da rimorsi.
Da qui la solerzia alla beneficenza, se possibile al riparo dalla pubblicità: amici in ambasce, studenti meritevoli, casse di mutuo soccorso, terremotati, alluvionati, poveri, maestrine, disoccupati, mendicanti, anche a costo com’era successo una volta di non riconoscere un accattone da un truffatore. E allo stesso tempo con una chiara percezione dei confini del dovere, di propria volontà aveva inviato un contributo alla vedova indigente di un amico direttore d’orchestra, ma «come mai», si chiedeva, «la sorella del defunto, ricca a milioni, non soccorre la cognata?».

Giuseppe Martini, Il taccuino dei conti del «ragionier» Verdi, Sole 24 Ore Domenica (8/1/2023). Nella foto, particolare di Giovanni Boldini, Giuseppe Verdi (1886), Galleria nazionale d’arte moderna, Roma.

Una lingua rivitalizzata

Le risate che echeggiano dal cortile risuonano come in qualsiasi altra scuola elementare nella prima settimana di attività.
Se però uno ascolta attentamente, si sente qualcosa di raro nelle chiacchiere dei bambini: la lingua Manx, un’antico idioma che fino a poco tempo fa si temeva che fosse stato dimenticato.
Ora la lingua, la cui evoluzione è profondamente mescolata a secoli di storia locale, sta diventando parte del futuro dell’isola, grazie anche agli studenti della Bunscoill Ghaelgagh, una scuola dell’Isola di Man.
Poco più di dieci anni fa l’UNESCO aveva dichiarato la lingua estinta, ma gli studenti della scuola avevano protestato con forza. Per dimostrare che la lingua era tutt’altro che morta, avevano scritto una lettera al Comitato delle Nazioni Unite – in Manx.
“In un certo senso il Manx era sull’orlo dell’estinzione, ma l’abbiamo riportato in vita”, ha detto Julie Matthews, la direttrice della scuola, che ha anche notato che l’impegno e la determinazione dei suoi studenti hanno indotto l’UNESCO a classificare il Manx con l’inedita dicitura di lingua “rivitalizzata”.

Megan Specia, An Ancient Language, Declared Dead, Is a British Isle’s Talk of the Town, The New York Times (24/11/22), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) uno scorcio dell’Isola di Man.

La conseguenza?

Molte persone che si lamentano del condono dei prestiti studenteschi sono andate al college in un periodo in cui le rette universitarie erano gratuite.
Negli anni successivi gli stati hanno tagliato i fondi che utilizzavano per sostenere le università pubbliche. La conseguenza? Le rette universitarie sono triplicate e gli studenti hanno accumulato un mare di debiti.

Robert Reich, Twitter (24/8/2022). Nella foto (University of California Berkeley) Robert Reich.

Chi vorrebbe vivere in un Paese

Debito studentesco: 1,89 trilioni di dollari
Taglio delle tasse per i ricchi voluto dal Partito repubblicano: 1,9 trilioni di dollari
Oltre a me, chi vorrebbe vivere in un Paese in cui diamo un paracadute agli studenti che ne hanno bisogno anziché agli amministratori delegati che non ne hanno bisogno?

Robert Reich, Twitter (19/4/22), traduzione L.V. Nel grafico (Wikipedia) la crescita del debito studentesco negli Stati Uniti dal 2006 al 2020.

E soprattutto l’Arno, vicino al mare

Tre studenti di Pisa, raccolti con l’autostop. Si lamentano di non poter andare a San Rossore, perché è del Presidente della Repubblica: scartano Marina di Pisa, è vecchia; vanno a Tirrenia perché è tutta moderna, americana: american beach.
Io invece trovo bella Marina, e soprattutto l’Arno, vicino al mare, con dei villini di legno dolcissimi, sulle rive d’un verde delicato.

Pier Paolo Pasolini, La lunga strada di sabbia, Guanda (2017). Nella foto (Wikipedia) Bocca d’Arno a Marina di Pisa.