Dedicare risorse a manutenzione e riparazione

Come ha osservato il biologo britannico Peter Medawar negli anni Cinquanta, le mutazioni genetiche dannose che non esplicano i propri effetti fino a tarda età potrebbero accumularsi lungo le generazioni, perché la selezione è troppo debole per rimuoverle. La conseguenza è l’invecchiamento a livello di specie. Elaborando le idee di Medawar, il biologo americano George C. Williams ha aggiunto che alcuni geni possono avere effetti utili in gioventù ma dannosi più tardi, quando la selezione ne trascurerebbe gli svantaggi. Sulla stessa linea di pensiero, negli anni Settanta, il biologo britannico Thomas Kirkwood ha proposto che l’invecchiamento sia in parte dovuto a un compromesso evolutivo tra crescita e riproduzione da un lato e manutenzione e riparazione dell’organismo dall’altro. Dedicare risorse a manutenzione e riparazione è vantaggioso soltanto se è probabile che un organismo continui a sopravvivere e riprodursi. Per molti organismi le minacce esterne sono troppo imponenti e numerose per resistere a lungo, quindi non c’è molta pressione evolutiva per preservare i loro corpi in età avanzata, che dunque si deteriorano.

Ferris Jabr, How Long Can We Live?, The New York Times (28/4/2021), traduzione L.V. Nella foto (Twitter) Ferris Jabr.

Acqua aperta in cui cacciare

Sergej aveva indicato col dito l’acqua scura del fiume e mi aveva invitato a provare la temperatura. Sospettoso, ho immerso il dito nell’acqua e ho trovato che era calda, mentre avrebbe dovuto essere vicina al punto di congelamento. Come Sergej mi ha poi rivelato, in questo punto le bolle di radon, un gas naturale, filtravano dal sottosuolo nella corrente, riscaldandola. Il gas radon – forse meglio conosciuto come la sostanza inodore e cancerogena, in agguato negli scantinati di tutto il mondo – si forma naturalmente quando i metalli radioattivi decadono. Il gas risultante fuoriesce nell’atmosfera attraverso fessure nel terreno. In questo caso il radon è penetrato direttamente nell’acqua, motivo per cui in inverno questo tratto di fiume non gela e di conseguenza i gufi pescatori qui possono sopravvivere perché hanno acqua aperta in cui cacciare.

Jonathan C. Slaght, Owls of the Eastern Ice, Allen Lane (2020) traduzione L.V.

Stare soli innesca una reazione di lotta o di fuga

2020_04_06Per sopravvivere i primati hanno bisogno di un gruppo sociale intimo, una famiglia o una piccola banda di individui; questo è particolarmente vero per gli esseri umani (gli altri umani che non conoscete potrebbero benissimo uccidervi, il che è un problema non condiviso dalla maggior parte degli altri primati). Stare separati dal gruppo – da soli o con persone che non vi conoscono e non vi capiscono – innesca una reazione di lotta o di fuga. John Cacioppo ha sostenuto che il corpo percepisce come un’emergenza la condizione dello stare soli o con estranei. “Nel corso dei millenni questa iper-vigilanza in risposta all’isolamento si è integrata nel nostro sistema nervoso, producendo l’ansia che associamo alla solitudine”, ha scritto Vivek H. Murthy. Respiriamo velocemente, il cuore batte forte, la pressione sanguigna aumenta, non dormiamo. Agiamo in modo timoroso, difensivo e presi da noi stessi. Questi comportamenti da un lato allontanano le persone che potrebbero volerci aiutare, dall’altro tendono a impedire alle persone sole di fare ciò da cui potrebbero trarre maggiore beneficio: andare incontro agli altri.

Jill Lepore, The History of Loneliness, The New Yorker (6/4/2020), traduzione L.V.

Dimenticò che c’era una terza trappola

imageSi disse con fermezza che qualunque cosa avesse scritto, saggi o romanzi, avrebbe dovuto navigare tra le sue Scilla e Cariddi, i mostri della paura e della vendetta. Se avesse scritto cose timide, terrorizzate, o cose arrabbiate e vendicative, la sua arte ne sarebbe uscita mutilata, al di là di ogni speranza di riparazione. Lui sarebbe diventato una creatura della fatwa e nulla più. Per sopravvivere aveva dovuto mettere da parte la rabbia e il terrore, per quanto ciò potesse essere difficile, e cercare di continuare a essere lo scrittore che aveva sempre tentato di essere, procedendo lungo la strada che lui stesso aveva definito come sua. Così avrebbe vinto. Altrimenti sarebbe stato un tetro fallimento. Questo, lo sapeva.
Dimenticò che c’era una terza trappola: quella di inseguire l’approvazione, di volere, nella sua debolezza, essere amato.

Salman Rushdie, Joseph Anton, Vintage (2013), traduzione L.V.

Il pesce si cristallizzerà all’istante

9781440672873Il merluzzo produce una proteina che funziona da antigelo e consente a un pesce di sopravvivere a temperature glaciali. In caso un merluzzo venga tirato su da un pescatore dall’acqua gelata, cosa che raramente accade dato che in quelle condizioni sta sotto il ghiaccio, la proteina smetterà di funzionare e il pesce si cristallizzerà all’istante.

Mark Kurlansky, Cod, Penguin (1997), traduzione L.V.

La biochimica di quell’esaltazione

20180625164342_298_piattoIn particolare i collezionisti naturalistici, in modo imbarazzante, hanno la tendenza a nascondersi dietro l’utilità e la scienza della classificazione non appena entra in gioco la questione del motivo della loro raccolta. Come se la gioia fosse qualcosa di cui vergognarsi. Non fanno che ribadire di essere spronati dal desiderio di contribuire alla scienza, cosa buona e giusta, ma che dà l’impressione che sia tutto lì, o che sia quello l’essenziale. La mia buona educazione mi impedisce di chiamarla ipocrisia, anche se ogni volta che sento mettere l’utile davanti al dilettevole mi vengono in mente quei cacciatori che si ostinavano a definire la loro passione come essenziale cura della fauna selvatica e non come il riflesso del radicato bisogno umano di eccitazione e trionfo. Onore alla scienza, ma è la savana che affascina e attrae.
Una scoperta a un mercato delle pulci, o un’inattesa preda di caccia, anche se solo sotto forma di una mosca rara, scatena una peculiare euforia che, ne sono convinto, è rimasta pressoché identica per milioni di anni semplicemente perché la biochimica di quell’esaltazione una volta serviva all’umanità per sopravvivere.

Fredrik Sjöberg, Perché ci ostiniamo, traduzione di Andrea Berardini, Fulvio Ferrari, Iperborea (2018)