Ma mi piace lasciarmi sorprendere

Per dodici anni, tra Full Metal Jacket nel 1987 e Eyes Wide Shut nel 1999, Kubrick non ha girato un film. Era felicemente al sicuro a Childwickbury, occupato con i nipotini, i figli di Katharina e Anja. (il suo primo nipote era nato nel 1985, lo stesso anno in cui erano morti entrambi i suoi genitori). All’apice della tarda mezza età, Kubrick stava riflettendo intensamente su quali film avrebbe voluto girare. Si dedicò alla cura dei suoi vecchi film. Vitali e Kubrick restaurarono Il dottor Stranamore fotografando ogni fotogramma della copia di Kubrick con una fotocamera Nikon. Kubrick era come al solito preso dai suoi numerosi cani e gatti, e se uno si ammalava la sua preoccupazione era senza tregua. Spesso scendeva lungo il prato per guardare Christiane dipingere. I suoi ritratti di Kubrick spesso lo mostrano con un libro in mano, assorto nella lettura. “Io entro in una libreria, chiudo gli occhi e prendo cose dallo scaffale”, aveva detto Kubrick a un intervistatore di Rolling Stone. “Se dopo un po’ il libro non mi piace, non lo finisco. Ma mi piace lasciarmi sorprendere”.

David Mikics, Stanley Kubrick – American Filmmaker, Yale University Press (2020), traduzione L.V. Nella foto (christianekubrick.com), Christiane Kubrick, “Remembering Stanley” (1999).

Così mi sono legato alle pietre che non ingannano

L’abisso archeologico è certamente buio ma anche perfettamente stabile, sicuro sotto i nostri piedi, perché i morti mai deludono o tradiscono dato che molto già sai di loro – come un profeta all’incontrario – e devi solamente completare dizione, scena, mobilio e costume; insomma i morti sono già dati, devi solo cercarli e se ne hai bisogno rimangono fedeli: non possono abbandonarti o farti del male. Così mi sono legato alle pietre che non ingannano.

Andrea Carandini, L’ultimo della classe, Rizzoli (2021)

Con sgomento dei cospiratori

Nello stesso periodo Caterina fu vittima di un piano ancora più sinistro. Forse perché fino ad allora non era rimasta incinta, o più probabilmente perché la sua intelligenza e la sua astuzia venivano considerate una minaccia per chi intendeva controllare il successore di Elisabetta, fu compiuto un tentativo di farla ammalare di vaiolo, un’infezione spesso fatale, specialmente per le donne più giovani. Caterina non aveva mai contratto il vaiolo e perciò era molto vulnerabile. Una sera fu invitata a casa del generale Apraksin e fu intrattenuta in una stanza dove la bambina del generale era morta da poco proprio a causa di quella malattia. Per tutta la serata fu fatta entrare e uscire da quel locale altamente infetto, nella speranza che contraesse la terribile affezione. Con sgomento dei cospiratori, tuttavia, Caterina non si ammalò; ma quando venne a sapere cosa era accaduto alla figlia del generale e quale pericolo avesse corso lei stessa, si rese conto che non avrebbe mai potuto sentirsi completamente al sicuro da nessuna parte.

Carolly Erickson, La grande Caterina, Mondadori (1995)

La dea della frenesia e della rabbia

Per gli esseri umani il virus più letale tra quelli trasmessi dai pipistrelli è quello della rabbia. Il virus è oggi un membro riconosciuto del gruppo eterogeneo dei lyssavirus, quasi tutti associati ai pipistrelli (il nome viene da Lyssa, la dea greca della frenesia e della rabbia). Noi esseri umani conosciamo la rabbia almeno dai tempi di Democrito, nel V secolo a.C. L’abbiamo osservata nei nostri cani, a volte impazziti come Zanna Gialla, e occasionalmente in qualche persona che sfortunatamente è stata morsa. Il tasso di mortalità della rabbia, in assenza di una vaccinazione immediatamente dopo l’esposizione, è di quasi il 100% e la malattia uccide ancora oggi decine di migliaia di persone ogni anno.
Ma qual’è l’origine del virus della rabbia? Com’è penetrato inizialmente nel corpo dei cani o dei procioni o delle puzzole o degli altri carnivori, dalla cui saliva può poi sgocciolare all’interno di una ferita da morso? Il primo indizio che è poi servito a chiarire il mistero risale al 1911 quando Antonio Carini, uno scienziato italiano in Brasile, segnalò la presenza del virus nei pipistrelli. Carini aveva anche notato la stranezza che il virus non sembrava far ammalare questi animali. Ciò suggeriva che la relazione tra i pipistrelli e il virus fosse di lunga durata e che forse i due avessero raggiunto un adattamento reciproco: un habitat sicuro per il virus e nessun sintomo per l’ospite.

David Quammen, The Virus, the Bats and Us, The New York Times (11/12/2020), traduzione L.V. Nella foto (Museo per la storia dell’Università di Pavia) Antonio Carini.

Ho visto l’alternativa e non ve la auguro

Sandra Lindsay, che è nera, si è offerta come volontaria per essere tra i primi newyorkesi a farsi vaccinare. Ha detto che voleva incoraggiare le persone di colore e coloro che sono restii o scettici a farsi fare il vaccino.
“Stavo aspettando questo giorno non solo per me, ma anche per mostrare alla gente che il vaccino è sicuro”, ha detto la signora Lindsay, di 52 anni, dopo aver ricevuto l’iniezione. “Desidero far sapere alle persone che sono come me, o che si possono riconoscere in me, che il vaccino è sicuro.”
Ha aggiunto: “Prendetemi come esempio, non darei questo consiglio alla gente se sapessi che è sbagliato. Posso dire che farsi somministrare il vaccino è sicuro. Ho visto l’alternativa e non ve la auguro”.

Luis Ferré-Sadurní and Joseph Goldstein, 1st Vaccination in U.S. Is Given in New York, Hard Hit in Outbreak’s First Days, The New York Times (14/12/2020). Nella foto, Sandra Lindsey, infermiera a New York.

Teatro dell’igiene

All’aeroporto di Hong Kong utilizzano una specie di cabina telefonica per spruzzare con del disinfettante tutto il corpo del personale nelle aree di quarantena. La cabina – che l’aeroporto ha dichiarato essere la prima al mondo e viene utilizzata sperimentalmente solo sul proprio personale – fa parte di un tentativo a tutto campo per rendere la struttura un “ambiente sicuro per tutti gli utenti”.
Queste dimostrazioni possono essere rassicuranti per il pubblico perché danno l’idea che i funzionari locali si stiano dando da fare contro Covid-19. Ma Shelly Miller, esperta di aerosol presso l’Università di Boulder in Colorado, ha dichiarato che la disinfezione nella cabina non ha alcun senso pratico per il controllo del contagio.
Le particelle virali sono emesse tramite attività come parlare, respirare, urlare, tossire, cantare e starnutire, che liberano goccioline con la respirazione. Gli spray disinfettanti sono spesso composti da sostanze chimiche tossiche che possono influire in modo significativo sia sulla qualità dell’aria negli spazi al chiuso sia sulla salute umana, ha affermato la dottoressa Miller. “Non riesco a capire come qualcuno possa pensare che disinfettare interamente una persona possa ridurre il rischio di trasmissione del virus”, ha detto.

Mike Ives e Apoorva Mandavilli, The Coronavirus Is Airborne Indoors. Why Are We Still Scrubbing Surfaces?, The New York Times (18/11/2020), traduzione L.V. Nella foto (aeroporto di Hong Kong) la cabina per la disinfezione del personale.

Lì era più sicuro cantare

d6d22f679aa3dfec88cb2c9e48778c63_w480_h_mw_mh_cs_cx_cyDurante una cena da WS alla quale partecipa tra gli altri Anders Bodegård nasce una discussione sulla musicalità dei diversi popoli. I polacchi sono considerati tra i peggiori, al contrario degli svedesi e dei russi. Anders motiva la musicalità degli svedesi con la loro abitudine a cantare imposta da Lutero da una parte, e con la gran quantità di vocali presenti nella lingua svedese che la rendono semplicemente melodiosa dall’altra. WS sui russi: «Lì era più sicuro cantare che parlare».

Michał Rusinek in Nulla di ordinario su Wisława Szymborska, a cura di Andrea Ceccherelli, Adelphi (2019)

Vuoi mettere il mio asino in cielo

the_norman_foster_foundation_droneport_otros_1Norman Foster ha iniziato a tenere conferenze sul concetto di dronoporti nelle università di tutto il mondo e ne ha costruito un prototipo per la Biennale di Venezia. Nel frattempo Ledgard è tornato in Africa centrale e orientale per chiedere consigli a politici, imprenditori, burocrati e commercianti locali. Una sera, nel Nord del Kenya, ha cercato di spiegare il concetto a un anziano di Samburu. All’inizio l’uomo ha fatto fatica a concepire l’idea di un robot volante autonomo. Ma dopo qualche minuto si è appoggiato allo schienale, ha sorriso e ha detto: “Ho capito! Vuoi mettere il mio asino in cielo”. Esattamente, ha risposto Ledgard. “Le qualità di un asino sono simili a quelle richieste a un drone da carico: sicuro, affidabile, intelligente, in grado di gestire polvere e calore; economico, non si lamenta mai”.

Ben Taub, Jonathan Ledgard Believes Imagination Could Save the World, The New Yorker (16/9/19), traduzione L.V. Nella foto (Norman Foster Foundation) il rendering del dronoporto progettato da Norman Foster.

La parola sterling

9781440672873Per molti anni la Lega Anseatica fu considerata una forza positiva nel Nord Europa settentrionale. Aveva preso posizione contro gli abusi dei monarchi, aveva fermato la pirateria, faceva dragare i canali e costruire fari. In Inghilterra i membri della Lega venivano chiamati Easterling perché venivano dall’Est, e la loro buona reputazione si ritrova nella parola sterling, che deriva da Easterling e significa “di sicuro valore”.

Mark Kurlansky, Cod, Penguin (1997), traduzione L.V.