La fede nel dualismo

Lo psicologo Paul Bloom, nel libro dal titolo Descartes’ Baby, si spinge fino a suggerire che siamo effettivamente nati per essere dei dualisti filosofici, come lo era lo stesso Cartesio, e per credere che la mente sia separata dal corpo. Il dualismo, suggerisce Bloom, è innato.
Questo non vuole ovviamente dire che le nostre menti siano separate dai nostri corpi: è solo che siamo predisposti a crederlo. È davvero difficile convincere la maggior parte delle persone, eccetto noi baldi psicologi e materialisti neuroscienziati, che siamo semplicemente creature di carne e ossa, con processi fisici all’interno delle nostre teste che dettano i nostri pensieri e le nostre azioni. La fede nel dualismo, ossia l’idea che la mente possa sfuggire al corpo e ai vincoli del mondo fisico, è del resto un aspetto del pensiero errante.

Michael C. Corballis, The Wandering Mind, The University of Chicago Press (2015), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia, no Fronteiras do Pensamento) Paul Bloom.

Non ho mai avuto un’idea separata dalla forma

Quando devo cominciare un’opera, sento quel che ho dentro di me, ma non lo so. Più che un’ispirazione, ho un desiderio. Con la matita o col carbone non potrei cercare di definirlo; ci riesco qualche volta, di rado, per un bassorilievo o una medaglia. Ma per una statua, per un gruppo, per un monumento ho bisogno della creta, del bel monte di creta sul mio trespolo. Non ho mai avuto un’idea separata dalla forma.

Leonardo Bistolfi a Ugo Ojetti (1911), Museo civico e Gipsoteca Leonardo Bistolfi, Casale Monferrato. Nella foto (L.V.), Leonardo Bistolfi, Il fantasma di Garibaldi, 1912-1918, gesso preparatorio per il monumento a Giuseppe Garibaldi (Savona), Museo civico e Gipsoteca Bistolfi, Casale Monferrato.

Invitiamo i virus nel soggiorno dell’umanità

Affermare che la maggior parte dei virus emergenti proviene dalla fauna selvatica non significa attribuire a queste creature alcuna colpa, ha spiegato Steve Osofsky. Significa piuttosto sottolineare come attraverso i nostri comportamenti “invitiamo i virus nel soggiorno dell’umanità: mangiamo parti del corpo di animali selvatici; catturiamo e mescoliamo insieme specie selvatiche nei mercati; e distruggiamo a un ritmo vertiginoso ciò che resta della natura selvaggia – pensate alla deforestazione – aumentando così notevolmente le nostre probabilità di incontrare nuovi agenti patogeni”.
Ciò che questi tre comportamenti hanno in comune, ha aggiunto Osofsky, è una singola “causa sottostante, sorprendentemente semplice: la nostra relazione malata con la natura selvaggia, spesso basata su un’idea piena di hybris che la nostra specie sia in qualche modo separata dal resto della vita sulla terra”.
invece è tanto semplice: le foreste, i sistemi di acqua dolce, gli oceani, le praterie, e tutta la biodiversità che contengono, ci forniscono letteralmente l’aria pulita, l’acqua pulita, gli stabilizzatori climatici e il cibo sano di cui abbiamo bisogno per prosperare, oltre alla protezione naturale dai virus.

Thomas L. Friedman, One Year Later, We Still Have No Plan to Prevent the Next Pandemic, The New York Times (16/3/2021), traduzione L.V. Nella foto (Cornell University) Steve Osofsky.