La Nona sinfonia è una delle opere d’arte più importanti della cultura occidentale. Alcuni esperti la definiscono la più grande sinfonia mai scritta e molti commentatori ne lodano il messaggio visionario. È anche una delle opere più rivoluzionarie di un compositore caratterizzato proprio dalla natura rivoluzionaria delle sue opere. Beethoven ha liberato la musica dalle convenzioni prevalenti di armonia e struttura. A volte nei suoi ultimi lavori sento la volontà di rompere ogni segno di continuità.
Il filosofo italiano Antonio Gramsci aveva detto una cosa meravigliosa nel 1929, quando Benito Mussolini teneva in scacco l’Italia. “Sono pessimista con l’intelligenza, ma ottimista con la volontà”, aveva scritto a un amico dal carcere. Penso che intendesse dire che finché siamo vivi, abbiamo speranza. Cerco di fare ancora oggi tesoro delle parole di Gramsci, anche se non sempre con successo.
A detta di tutti Beethoven era coraggioso, e trovo che il coraggio sia una qualità essenziale per la comprensione, per non parlare dell’esecuzione, della Nona. Si potrebbe parafrasare gran parte dell’opera di Beethoven nello spirito di Gramsci dicendo che la sofferenza è inevitabile, ma che il coraggio di superare tale sofferenza rende la vita degna di essere vissuta.
Daniel Barenboim, What Beethoven’s Ninth Teaches Us, The New York Times (6/5/2024), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) Antonio Gramsci.