La famiglia media americana possiede trecentomila cose

Poi arrivò la rivoluzione Industriale, a inaugurare il terzo periodo. Le persone avevano capito come trasformare in modo affidabile il ferro in acciaio e la sabbia in cemento. Hanno inventato i motori a vapore, seguiti dalle turbine a vapore. Ogni innovazione ha generato altra innovazione e il ciclo di retroazione si è, per modo di dire, elettrizzato. Per creare la domanda, i professionisti del marketing hanno capitalizzato sull’equazione tra le cose e lo stato sociale. Almeno nel Nord del mondo la scarsità ha ceduto il passo alla sovrabbondanza. Chip Colwell fa una stima – forse attendibile, forse no – secondo la quale la famiglia media americana possiede trecentomila cose. (Alcune di queste cose, è vero, sono graffette). Colwell osserva che gli americani hanno oggi così tante cose da pagare sistematicamente per tenerne dei mucchi in deposito.

Elizabeth Kolbert, The Real Cost of Plundering the Planet’s Resources, The New Yorker (30/10/2023), traduzione L.V.

Ogni golfino di cashmere inizia da una capra

Ogni golfino di cashmere inizia da una capra. La lana da tessere deriva infatti dal morbido sottopelo lanuginoso di diverse razze di capre. Oggi la maggior parte del cashmere proviene dalle fredde e aride steppe della Cina e della Mongolia, pascoli di immense dimensioni che coprono circa 2,5 milioni di chilometri quadrati. Qui pastori seminomadi allevano da secoli pecore, cavalli, yak, cammelli e altro bestiame. La domanda di cashmere è talmente aumentata che le capre sono diventate gli animali dominanti di molte mandrie.
Come scienziata, studio e visito spesso l’altopiano mongolo, e sono per questo stata testimone dell’impatto che le mandrie in espansione di capre cashmere hanno avuto sull’ambiente. Per gli ecosistemi delle praterie, come quelli della steppa dell’Asia centrale, le capre sono molto più distruttive degli altri animali da reddito. Mentre le pecore rosicchiano le cime apicali dei fili d’erba, lasciando però intatte la base e le radici, le capre mangiano tutta la pianta al punto che l’erba non può più ricrescere. In questo modo le capre cashmere degradano l’habitat e provocano l’erosione del suolo. Una volta eliminata la vegetazione e danneggiati i suoli, queste praterie sono particolarmente difficili da ripristinare. Nelle zone più gravemente deteriorate l’erba viene sostituita da sabbia e arbusti.
Si stima che circa 27,5 milioni di capre pascolino nelle praterie della Mongolia (il governo non distingue tra capre cashmere e capre non cashmere, ma quelle cashmere sono prevalenti). Nella regione autonoma cinese della Mongolia Interna, il numero complessivo di capi è di circa 15 milioni. In un rapporto nazionale del 2018 sui pascoli della Mongolia, era stato rilevato che già nel 2016 quasi il 58% di essi era degradato a vari livelli a causa del pascolo stesso, e che il 23% era classificato come gravemente o completamente degradato.
Le capre che pascolano su terreni in cattive condizioni producono fibre più corte e più spesse, vendute sul mercato a prezzi più bassi. Ciò costringe alcuni pastori ad aumentare le dimensioni della propria mandria per far quadrare i conti. I produttori utilizzano quindi le fibre scadenti per produrre maglioni di cashmere a quei prezzi accessibili che sono ormai un classico della stagione dello shopping natalizio. Questi indumenti hanno una qualità più bassa e durano meno di quelli realizzati con lane di alta qualità. L’essenza stessa di ciò che rende lussuoso il cashmere – la morbidezza, il calore e la durevolezza – è compromessa, con un enorme costo ambientale.

Ginger Allington, This Holiday, Consider the True Cost of Cheap Cashmere, The New York Times (16/12/2023), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) alcune capre pashmina nella regione del Ladack in India.

La Terra ci chiede qualcosa di più della gratitudine

Come scienziati ci siamo chiesti: perché? Perché esseri solitari e reclusi devono lottare per arrampicarsi su un promontorio roccioso ed entrare in una comunità di un centinaio di esseri umani? Perché tutte queste tartarughe sono venute da noi, in numeri senza precedenti, per fare la cosa più importante per loro? Quando i nostri studenti sono andati alla ricerca di siti adatti a trasferire al sicuro le molteplici uova che avevano deposto non solo nell’ultimo anno, hanno trovato una risposta. Le lingue di sabbia preferite dalle tartarughe erano sott’acqua a causa di piogge più intense del solito. Quando il livello del lago si è alzato, hanno dovuto cercare un terreno più in alto. Ho avuto l’impressione che le tartarughe azzannatrici fossero diventate rifugiati climatici.
E questo è il pensiero che non mi da pace.
Penso che le tartarughe si siano dirette verso l’alto in preda a una sorta di disperazione, come chiedendoci di prestare attenzione, per farci vedere che stiamo vacillando sull’orlo della catastrofe climatica con i nostri parenti, animali e vegetali, che scompaiono a ondate dopo ondate di estinzioni. La scienza, armata di modelli con cui prevedere gli imminenti cambiamenti, è un potente strumento per affrontare queste crisi. Ma non è l’unico. Come scienziato sento dati indiscutibili, e anche un messaggio, allo stesso tempo materiale e spirituale, portato dalle tartarughe azzannatrici: la Terra ci chiede qualcosa di più della gratitudine.

Robin Wall Kimmerer, The Turtle Mothers Have Come Ashore to Ask About an Unpaid Debt, The New York Times (22/9/2023), traduzione L.V.

Influenzare il destino sessuale di un animale

In alcuni rettili, pesci e anfibi il differenziamento sessuale può essere stimolato da fattori esterni, anziché essere innescato da un singolo gene che determina il sesso, attivando a sua volta una cascata di altri geni. Le tartarughe, per esempio, si spingono fuori dall’acqua di mare per sotterrare le proprie uova nella sabbia delle spiagge tropicali. Le uova incubate a temperature superiori ai 31 gradi Celsius attiveranno geni in grado di creare degli ovari, mentre quelle incubate a temperature inferiori ai 27,7 gradi daranno origine a testicoli. Le temperature che oscillano tra questi due estremi producono una miscela di tartarughe maschi e femmine.
Il calore è solo uno dei numerosi stimoli esterni noti per la determinazione del sesso. L’esposizione alla luce solare, le infezioni da parte di parassiti, i valori di pH, la salinità, la qualità dell’acqua, l’alimentazione, la pressione di ossigeno, la densità della popolazione e le circostanze sociali – quanti individui del sesso opposto ci sono nei dintorni – possono influenzare il destino sessuale di un animale.

Lucy Cooke, Bitch, Penguin (2022), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia, Claudio Giovenzana) una tartaruga marina, della specie bastarda olivacea, mentre nidifica sulla spiaggia di Escobilla nello Stato di Oaxaca in Messico.

Si chiamano “tre passi”

A proposito di serpenti, ti ricordi quella volta che tu hai messo il piede sopra un serpentello velenoso che sbucava dalla sabbia? Ci hanno detto che quei piccoli e quasi invisibili serpenti si chiamano “tre passi” perché dopo che ti hanno morso, puoi fare tre passi e poi cadi a terra stecchito. Per fortuna il serpentello era appena nato e forse si era perso. Comunque non ti ha morso, anche se non sarebbe stato facile raggiungere la tua caviglia sotto il calzettone e gli scarponcini che tutti portavamo, proprio per evitare incontri sgradevoli.

Dacia Maraini, Caro Pier Paolo, Neri Pozza (2022)

Con la sua coda di Minosse

Nella piccola serra – da tempo secca e in disuso – osservavo, sopra sabbiosi ripiani, i piccoli coni di sabbia scavati da insetti chiamati formicaleoni. Con un fuscellino stuzzicavo le pareti inclinate di una di queste trappole – mors tua vita mea -, al fondo della quale se ne stava celato l’insetto, come Satana di quegli inferi. Al minimo movimento la bestiola s’illudeva – con un flusso di saliva in bocca? – che si trattasse di un insetto caduto nel cono. Dava allora colpetti ritmati e precisi con la sua coda di Minosse per smuovere la sabbiolina che faceva scivolare il malcapitato in fondo all’infernetto dove quel demonio in miniatura era pronto a inghiottirlo e che invece per colpa mia restava a bocca asciutta.

Andrea Carandini, L’ultimo della classe, Rizzoli (2021). Nell’illustrazione (Wikipedia) una larva di formicaleone.

Se la tartaruga non è soddisfatta

Le tartarughe sono animali grandi e forti; le tartarughe verdi, per esempio, sono lunghe circa un metro e possono pesare anche più di 200 chili. Quando emergono dal mare, cosa che di solito fanno di notte, si issano sulla spiaggia con le pinne anteriori, fino al punto in cui inizia la vegetazione.
Una volta che hanno trovato un sito adatto per costruire il loro nido, iniziano scavando una depressione poco profonda nota come “fossa corporea”. Quindi, con destrezza sorprendente, costruiscono una “camera delle uova” grossolanamente cilindrica (Paolo Luschi la descrive come “un bel pezzo di architettura”), usando le pinne posteriori una alla volta per rimuovere la sabbia. Molto spesso, se la tartaruga non è soddisfatta del risultato, si arrende e torna in mare oppure ricomincia da capo – il che è molto frustrante per lo scienziato che osserva in attesa.

David Barrie, Supernavigators, The Experiment (2019), traduzione L.V. Nella foto (Ana Luque, Research Gate) una camera delle uova di tartaruga.

Perché una pulce di mare debba preoccuparsi della posizione della luna

Non è evidente perché una pulce di mare, una creatura tanto piccola e primitiva in apparenza, debba preoccuparsi della posizione della luna. La risposta è che le pulci di mare sono estremamente esigenti riguardo all’umidità. Se si seccano muoiono, ma se sono sommerse dall’acqua salata annegano. Hanno quindi bisogno di muoversi costantemente avanti e indietro mentre le maree salgono e scendono. Inoltre, dopo le loro spedizioni notturne in cerca di cibo, devono anche essere in grado di tornare in una bella zona di sabbia umida, trovando la strada. Naturalmente è assolutamente vitale che si muovano nella giusta direzione. La pulce di mare è la Riccioli d’oro del mondo degli artropodi.
Già negli anni Cinquanta due scienziati italiani, Leo Pardi (1915-90) e Floriano Papi (1926-2016), fecero la straordinaria scoperta che le pulci di mare usavano sia il sole sia la luna come bussole, per avvicinarsi o allontanarsi dal mare, secondo la necessità. Questa capacità sembra dipendere da due orologi biologici separati, uno calibrato sui movimenti giornalieri del sole e uno, leggermente diverso, tarato sul ciclo lunare.

David Barrie, Supernavigators, The Experiment (2019), traduzione L.V. Nella foto (viene da qui) Leo Pardi, Karl von Frisch e Floriano Papi (circa 1952).

Una sorta di poema epico della Terra

Robert_Hines_and_Rachel_CarsonCapovolgete una montagna a testa in giù e col tempo la cima invertita diventerà irraggiungibile; da quando esistono gli oceani, le fosse sono il punto terminale della caduta del particolato: polvere vulcanica, sabbia, ciottoli, meteoriti e «miliardi di miliardi di minuscole conchiglie e scheletri, i resti calcarei o silicei di tutte le minuscole creature che un tempo sono vissute nelle acque più in alto», aveva scritto Rachel Carson, in Il mare intorno a noi, nel 1951. «I sedimenti sono una sorta di poema epico della Terra».

Ben Taub, Thirty-six Thousand Feet Under the Sea, The New Yorker (10/5/2020), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia, National Digital Library of the United States Fish and Wildlife Service) Rachel Carson mentre conduce una ricerca in biologia marino nell’oceano Atlantico con Robert Hines (1952).