Questa combinazione di immortalità e replicabilità

Se rimanesse un’attività di ricerca scientifica, un’A.I. mortale potrebbe portarci più vicini a una replica del nostro cervello. Ma Hinton è arrivato a pensare, con rammarico, che l’intelligenza digitale potrebbe essere più potente. Nell’intelligenza analogica, “se il cervello muore, muore anche la conoscenza”, ha detto. Nell’intelligenza digitale, invece, “se un particolare computer muore, le forze delle sue connessioni possono essere utilizzate su qualsiasi altro computer. E anche se dovessero morire tutti i computer, una volta immagazzinate da qualche parte tutte le forze delle connessioni, basterebbe creare un altro computer digitale ed eseguirle. Diecimila reti neurali possono imparare diecimila cose diverse contemporaneamente, e poi condividere ciò che hanno imparato”. Secondo Hinton, questa combinazione di immortalità e replicabilità ci dice che “dovremmo preoccuparci che l’intelligenza digitale prenda il posto dell’intelligenza biologica”.

Joshua Rothman, Why the Godfather of A.I. Fears What He’s Built, The New Yorker (20/11/2023), traduzione L.V. Nel disegno (Wikipedia) un’immagine simbolica dell’intelligenza artificiale.

Da allora hanno vagato per la Terra

Secondo l’antico statista greco Alcibiade, gli esseri umani avevano quattro gambe, quattro braccia e due facce. Erano arroganti e pericolosi: una chiara minaccia per gli dei. Questo preoccupò Zeus, che prese in considerazione l’idea di distruggere gli umani con dei fulmini, come lui e gli dei dell’Olimpo avevano fatto con i Titani. Ma escogitò piuttosto un piano ingegnoso. Li divise a metà. Con soltanto due gambe, due braccia e una faccia, gli esseri umani non sarebbero più stati così minacciosi. Apollo ricucì questi esseri divisi e fece loro un nodo all’ombelico. Da allora hanno vagato per la Terra alla ricerca della loro metà, la loro anima gemella.

Jeremy DeSilva, First Steps, HarperCollins (2021), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) François-André Vincent, Alcibiade riceve gli insegnamenti da Socrate (dettaglio, 1776).

Capivo che ti preoccupavi per me

Ogni volta che sbuccio un mandarino, mi balena nell’animo un ricordo. In campo di concentramento accadeva che, dopo aver frugato nell’immondizia dei poliziotti ed eludendo la loro sorveglianza, tornavi vittorioso con qualche reperto commestibile. In alcuni casi si trattò, appunto, di scorze di mandarino. Le lavavi e poi le accostavi al fuoco per disinfettarle. Si accartocciavano leggermente e si orlavano di bruno lasciando un forte odore aromatico. Poi, me le porgevi e mi dicevi «su mangia, è ricco di vitamine!». Sulle vitamine, parola per me misteriosa, e sulla necessità di procurarsele in ogni modo possibile per scongiurare scorbuto e denutrizione, vi istruiva Salvatore, medico di formazione, internato con noi a Tempaku. Le scorze di mandarino che mi davi, erano sostanza preziosa. Pareva un gioco. Sembravano buone. Erano molto profumate. L’odore del mandarino sbucciato mi fa tornare in mente quel ricordo. Il sentimento che emerge è aureolato di affetto. Capivo che ti preoccupavi per me. Avevo tre o quattro anni.

Toni Maraini, La lettera da Benares, Sellerio (2007)

Google Street View sullo stesso piano della Stasi

2019_12_02McNamee parla spesso del capitalismo della sorveglianza e attribuisce a Shoshana Zuboff il merito di aver aggiunto conoscenza alle sue opinioni e di aver apportato prestigio accademico alla causa dei riformisti della Silicon Valley. Al pari di Zuboff, McNamee usa espressioni come “modifica comportamentale” e mette Google Street View e la Stasi sullo stesso piano. All’inizio di novembre McNamee si era allarmato alla notizia della nuova partnership di Google con Ascension, un’organizzazione sanitaria non profit che ha accesso a milioni di profili di pazienti – un’evoluzione che, secondo McNamee, “dovrebbe preoccupare tutti”.

Brian Barth, Big Tech’s Big Defector, The New Yorker (2/12/19), traduzione L.V.