L’inconfondibile firma virale di un herpesvirus

La scoperta del virus non è stata rapida. Il dottor Burkitt aveva inviato alcune biopsie tumorali a Londra da Kampala, in Uganda, ma in questi primi campioni il dottor Epstein non era riuscito a trovare tracce virali, secondo Darryl Hill, il ricercatore che ha commemorato il dottor Epstein in un articolo per l’Università di Bristol.
Un nuovo pacco contenente biopsie era stato spedito e quindi dirottato dall’aeroporto di Heathrow a un altro aeroporto, a Manchester, in Inghilterra, a causa della nebbia. I campioni al suo interno sembravano essersi deteriorati, aveva detto il dottor Hill.
“Quando i campioni arrivarono finalmente nelle mani di Tony, erano diventati torbidi, generalmente un segno di contaminazione batterica per cui avrebbero dovuto essere buttati via”, ha scritto il dottor Hill nel suo tributo. “Tony però non li buttò via e li esaminò attentamente”. “Con sua sorpresa scoprì che l’opacità era dovuta alle cellule tumorali linfoidi che, durante il trasporto, si erano staccate dalla biopsia e ora galleggiavano allegramente in sospensione”. Il dottor Hill ha proseguito nel racconto: “Tony aveva sfruttato quella scoperta casuale per far crescere in coltura alcune linee cellulari, derivate dal tumore, dimostrando che erano in grado di rimanere in vita indefinitamente”.
Studiando i nuovi campioni con un potente microscopio elettronico, il dottor Epstein era stato in grado di individuarvi l’inconfondibile firma virale di un herpesvirus. Il dottor Hill ha definito la scoperta un momento “eureka”.
Il dottor Epstein, la dottoressa Barr e il dottor Bert Achong, che aveva preparato i campioni per la microscopia elettronica, annunciarono la loro scoperta in un articolo scientifico pubblicato sul numero di marzo 1964 della rivista scientifica The Lancet.

Delthia Ricks, Dr. Anthony Epstein, Pathologist Who Discovered Epstein-Barr Virus, Dies at 102, The New York Times (6/3/2024). Nella foto (European Association for Haematopathology) la fotografia del campione di cellule di linfoma di Burkitt osservate al microscopio elettronico, in cui si vede la presenza dell’herpesvirus che poi prenderà il nome di virus di Epstein-Barr (EBV). La fotografia è stata pubblicata in un articolo sul numero di marzo 1964 della rivista scientifica The Lancet.

Questa combinazione di immortalità e replicabilità

Se rimanesse un’attività di ricerca scientifica, un’A.I. mortale potrebbe portarci più vicini a una replica del nostro cervello. Ma Hinton è arrivato a pensare, con rammarico, che l’intelligenza digitale potrebbe essere più potente. Nell’intelligenza analogica, “se il cervello muore, muore anche la conoscenza”, ha detto. Nell’intelligenza digitale, invece, “se un particolare computer muore, le forze delle sue connessioni possono essere utilizzate su qualsiasi altro computer. E anche se dovessero morire tutti i computer, una volta immagazzinate da qualche parte tutte le forze delle connessioni, basterebbe creare un altro computer digitale ed eseguirle. Diecimila reti neurali possono imparare diecimila cose diverse contemporaneamente, e poi condividere ciò che hanno imparato”. Secondo Hinton, questa combinazione di immortalità e replicabilità ci dice che “dovremmo preoccuparci che l’intelligenza digitale prenda il posto dell’intelligenza biologica”.

Joshua Rothman, Why the Godfather of A.I. Fears What He’s Built, The New Yorker (20/11/2023), traduzione L.V. Nel disegno (Wikipedia) un’immagine simbolica dell’intelligenza artificiale.

La Terra ci chiede qualcosa di più della gratitudine

Come scienziati ci siamo chiesti: perché? Perché esseri solitari e reclusi devono lottare per arrampicarsi su un promontorio roccioso ed entrare in una comunità di un centinaio di esseri umani? Perché tutte queste tartarughe sono venute da noi, in numeri senza precedenti, per fare la cosa più importante per loro? Quando i nostri studenti sono andati alla ricerca di siti adatti a trasferire al sicuro le molteplici uova che avevano deposto non solo nell’ultimo anno, hanno trovato una risposta. Le lingue di sabbia preferite dalle tartarughe erano sott’acqua a causa di piogge più intense del solito. Quando il livello del lago si è alzato, hanno dovuto cercare un terreno più in alto. Ho avuto l’impressione che le tartarughe azzannatrici fossero diventate rifugiati climatici.
E questo è il pensiero che non mi da pace.
Penso che le tartarughe si siano dirette verso l’alto in preda a una sorta di disperazione, come chiedendoci di prestare attenzione, per farci vedere che stiamo vacillando sull’orlo della catastrofe climatica con i nostri parenti, animali e vegetali, che scompaiono a ondate dopo ondate di estinzioni. La scienza, armata di modelli con cui prevedere gli imminenti cambiamenti, è un potente strumento per affrontare queste crisi. Ma non è l’unico. Come scienziato sento dati indiscutibili, e anche un messaggio, allo stesso tempo materiale e spirituale, portato dalle tartarughe azzannatrici: la Terra ci chiede qualcosa di più della gratitudine.

Robin Wall Kimmerer, The Turtle Mothers Have Come Ashore to Ask About an Unpaid Debt, The New York Times (22/9/2023), traduzione L.V.

Vi è capitato di perdere il segnale GPS?

Il segnale GPS proveniente da un satellite è molto debole, in effetti non è più forte di quello del faro di un’auto. Poiché i satelliti si trovano a più di 20.000 chilometri di distanza dalla superficie terrestre, è fin troppo facile interferire con i loro segnali (jamming) trasmettendone uno più potente sulla stessa frequenza. Dispositivi di jamming, progettati per fare proprio questo, sono facilmente reperibili su Internet. Sono utilizzati dai criminali per mascherare i movimenti di veicoli dotati di dispositivi di localizzazione e possono interferire con i ricevitori GPS su un raggio piuttosto vasto. Vi è capitato di perdere il segnale GPS senza un motivo evidente? Potreste essere stati vittima di questo tipo di interferenza senza che ne foste consapevoli.
Esiste anche il pericolo della contraffazione, o spoofing, tramite la trasmissione deliberata di un segnale che finge di provenire da un satellite GPS ma è in realtà progettato per far sì che il ricevitore dia la posizione sbagliata. È una tecnologia collaudata che ha già causato problemi a navi vicino alle coste della Corea del Nord e della Russia. Sia il jamming, sia lo spoofing potrebbero essere utilizzati come potenti armi belliche o di terrorismo.

David Barrie, Supernavigators, The Experiment (2019), traduzione L.V.

Il pianoforte era troppo buono per lui

Beethoven, che aveva incontrato Nannette Stein ad Augusta anni prima, nel 1796 le chiese in prestito uno dei suoi pianoforti per un concerto a Presburgo (oggi Bratislava). Scrivendo al marito Andreas Streicher, Beethoven aveva detto scherzando che il pianoforte era troppo “buono” per lui, che voleva avere la “libertà di creare la propria tonalità”. In una lettera successiva, si era lamentato del fatto che il pianoforte era ancora il meno sviluppato di tutti gli strumenti e che suonava troppo come un’arpa.
L’elegante pianoforte Stein, dal tocco leggero e dalla tonalità argentina, non era l’ideale per lo stile di esecuzione selvaggio e potente di Beethoven. Chiaramente occhieggiando al compositore, in un saggio Andreas aveva descritto un anonimo pianista come un brutale assassino della tastiera, “deciso a vendicarsi”.
“Già dai primi accordi, suonati con tanta violenza, uno si chiede se il musicista sia sordo”, aveva scritto.
Il commento era tristemente premonitore. Beethoven aveva appena iniziato a notare un calo del proprio udito, ma non ne aveva parlato con nessuno. In seguito avrebbe avuto bisogno di uno strumento più forte per compensare la sordità, ma in questo momento era preoccupato soprattutto di trovare un pianoforte che potesse soddisfare le sue dinamiche estreme.

Patricia Morrisroe, The Woman Who Built Beethoven’s Pianos, The New York Times (6/11/2020), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) un pianoforte Streicher.