Questa combinazione di immortalità e replicabilità

Se rimanesse un’attività di ricerca scientifica, un’A.I. mortale potrebbe portarci più vicini a una replica del nostro cervello. Ma Hinton è arrivato a pensare, con rammarico, che l’intelligenza digitale potrebbe essere più potente. Nell’intelligenza analogica, “se il cervello muore, muore anche la conoscenza”, ha detto. Nell’intelligenza digitale, invece, “se un particolare computer muore, le forze delle sue connessioni possono essere utilizzate su qualsiasi altro computer. E anche se dovessero morire tutti i computer, una volta immagazzinate da qualche parte tutte le forze delle connessioni, basterebbe creare un altro computer digitale ed eseguirle. Diecimila reti neurali possono imparare diecimila cose diverse contemporaneamente, e poi condividere ciò che hanno imparato”. Secondo Hinton, questa combinazione di immortalità e replicabilità ci dice che “dovremmo preoccuparci che l’intelligenza digitale prenda il posto dell’intelligenza biologica”.

Joshua Rothman, Why the Godfather of A.I. Fears What He’s Built, The New Yorker (20/11/2023), traduzione L.V. Nel disegno (Wikipedia) un’immagine simbolica dell’intelligenza artificiale.

Come se stesse dando loro la terra in cui crescere

Quando Abbado non era in tournée amava lavorare nella sua casa in Sardegna di fronte al mare, immersa in una vegetazione lussureggiante. Sid McLauchlan racconta: «Sono stato tante volte da lui. Ricordo una mia lunga permanenza di due settimane in particolare, perché stavamo rieditando le sinfonie di Beethoven. La cosa che più di tutte mi colpì fu il suo amore per quelle piante, per i fiori, per qualcosa di vivo che stava crescendo. Le prime volte pensai a un piacevole hobby ma in quei giorni capii invece che era qualcosa di molto più grande. E iniziai a vedere dei paralleli fra la sua vita musicale e quella da “giardiniere”: il suo prendersi cura delle piante, il suo volersi assicurare che ognuna di loro avesse il suo posto e il concime giusto per crescere al meglio. In fondo era uguale al lavoro che stava facendo con le sue orchestre. Era come se stesse dando loro la terra in cui crescere, aiutandole a trovare la loro voce musicale».

Helmut Failoni, La musica fa 90, La Lettura – Corriere della Sera (25/6/2023). Nella foto (L.V.) la spiaggia del Lazzaretto e la sua vegetazione, vicino ad Alghero e alla casa e al giardino di Claudio Abbado.

E Wittgenstein stava rapito al suo posto

Detestava i film britannici e in genere prediligeva quelli americani, era in particolare un fan di Carmen Miranda. (Era anche un cultore delle storie sanguinolente di omicidi pubblicate sulla rivista Detective Story). Si sedeva in prima fila in modo da non poter vedere nient’altro che lo schermo, forse temendo il ricordo delle faticose lezioni. Guai a chiunque cercasse di parlargli. Sullo schermo c’era solo il film, e Wittgenstein stava rapito al suo posto, masticando un pasticcio di maiale freddo.

Nikhil Krishnan, How Queer Was Ludwig Wittgenstein?, The New Yorker (16/5/22), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) Carmen Miranda.

Con le mani intrecciate dietro la schiena

Egli stava in piedi accanto alla scrivania e, indicando certe buste, carte e mucchietti di denaro, si accalorava e discuteva animatamente col nostro amministratore Jakov Michailovič il quale, ritto al suo solito posto, fra la porta e il barometro, con le mani intrecciate dietro la schiena, moveva le dita molto rapidamente e in diverse direzioni.
Più il babbo si accalorava e più le dita si movevano rapidamente, invece quando il babbo taceva anche le dita si fermavano: ma quando Jakov cominciava a parlar lui, le dita diventavano ancora più inquiete e saltavano disperatamente da tutte le parti. Da quei movimenti, mi pare, si potevano indovinare i pensieri di Jakov; il suo viso, invece, restava sempre tranquillo: esprimeva la coscienza della propria dignità e insieme la sottomissione, e cioè: io ho ragione, ma, del resto, fate pure come volete voi.

Lev Tolstoj, Infanzia Adolescenza Giovinezza, traduzione di Enrichetta Carafa d’Andria e Pietro Zveteremich, Quodlibet (2020)

In un cantuccio

I cantucci, fatti costruire ancora dal defunto padrone, erano così: al centro di un’izba di pietra di dieci aršiny c’era una stufa russa, intorno c’era il collidoio (come lo chiamavano i domestici), e in ogni angolo c’era un cantuccio circondato da assi. Di posto, cioè, ce n’era poco, in particolare nel cantuccio di Polikej, l’ultimo verso la porta. Il letto nuziale con una coperta imbottita e i cuscini di indiana, la culla col bambino, un tavolino a tre zampe sul quale si cucinava, si lavava, si mettevano tutte le cose di casa e dove lavorava lo stesso Polikej (era maniscalco), bigonci, vestiti, polli, un vitello e loro sette riempivano tutto l’angolo e non avrebbero potuto muoversi se la stufa comune non avesse rappresentato la quarta parte sulla quale stavano e cose e persone, e se non fosse stato anche possibile uscire sul terrazzino d’ingresso. Cosa che poteva anche essere non possibile: in ottobre era freddo, e di indumento caldo c’era un solo tulup per tutti e sette, ma in compenso si poteva far scaldare i bambini correndo, e i più grandi lavorando, e gli uni e gli altri – stendendosi sulla stufa dove c’erano fino a quaranta gradi.

Lev Nikolàevič Tolstoj, Polikuška, in I cosacchi e altri racconti, traduzione di Luisa De Nardis, Garzanti (1996)

Presumono che il loro cubicolo sia uno spazio privato

All’inizio i funzionari hanno richiesto ai ristoranti di Hong Kong di installare divisori tra i tavoli, lo stesso tipo di protezione inconsistente e sostanzialmente inutile utilizzata nel dibattito della vicepresidenza degli Stati Uniti a ottobre.
Ma poiché le autorità di Hong Kong hanno gradualmente allentato le restrizioni sugli assembramenti al chiuso, permettendo di organizzare feste di matrimonio fino a 50 persone, c’è il timore di potenziali nuovi focolai negli spazi interni.
Alcuni esperti dicono di essere particolarmente preoccupati che le goccioline di coronavirus possano diffondersi attraverso i condotti di aerazione degli uffici, che sono affollati poiché la città non ha ancora sviluppato una solida cultura del lavoro a distanza.
“Le persone si tolgono le mascherine per pranzo o quando tornano al proprio posto perché presumono che il loro cubicolo sia uno spazio privato”, ha detto Yeung King-lun, professore di ingegneria chimica e biologica presso la Hong Kong University of Science and Technology.
“È importante ricordare che in una comunità l’aria che uno respira è fondamentalmente la stessa per tutti”.

Mike Ives e Apoorva Mandavilli, The Coronavirus Is Airborne Indoors. Why Are We Still Scrubbing Surfaces?, The New York Times (18/11/2020), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) un ufficio nel 1937.

Come monete nella propria fessura

9780907871620-ukFu solo a partire dall’inverno del 1896, quando avevo ormai compiuto 22 anni, che il desiderio di imparare si impadronì di me. Avevo sete di conoscenza, anche la più vaga, in molte e vaste sfere del pensiero. Stavo collezionando un ampio vocabolario, mi piacevano molto le parole e godevo quando le più adatte andavano al loro posto, come monete nella propria fessura.

Winston Churchill, My Early Life, Eland (2000), traduzione L.V.