Bisognava ritracciare i confini dei campi

Ogni anno, a seguito della stagione di piogge intense, il Nilo straripava e inondava ampie regioni depositando il limo. Questo sedimento era all’origine della grande fertilità dei terreni lungo il fiume. Quando le acque si ritiravano bisognava ritracciare i confini dei campi che erano stati cancellati dalla piena. Il motivo era venale e ce lo racconta lo storico Erodoto riferendosi alla decisione del faraone Sesostri III, che regnò attorno al 1850 a.C., di suddividere tra i suoi sudditi il terreno coltivabile affidando a ciascuno una particella di forma quadrata: «Dicevano che questo re [Sesostri] distribuì il territorio fra tutti gli egiziani, dando a ciascuno un lotto uguale di forma quadrata, e che in base a questa suddivisione si procurava le entrate, avendo imposto il pagamento di un tributo annuo. Se da un podere il fiume asportava una qualche parte, il proprietario, recatosi presso il re, gli segnalava l’accaduto: egli allora mandava funzionari che osservavano e misuravano di quanto il terreno era divenuto più piccolo, affinché per l’avvenire il proprietario pagasse in proporzione il tributo. Io ritengo che in seguito a ciò sia stata inventata la geometria e sia poi passata in Grecia».

Piero Martin, Le 7 misure del mondo, Laterza (2021). Nella foto (L.V.) una riva del Nilo in Egitto (2010).

La Terra ci chiede qualcosa di più della gratitudine

Come scienziati ci siamo chiesti: perché? Perché esseri solitari e reclusi devono lottare per arrampicarsi su un promontorio roccioso ed entrare in una comunità di un centinaio di esseri umani? Perché tutte queste tartarughe sono venute da noi, in numeri senza precedenti, per fare la cosa più importante per loro? Quando i nostri studenti sono andati alla ricerca di siti adatti a trasferire al sicuro le molteplici uova che avevano deposto non solo nell’ultimo anno, hanno trovato una risposta. Le lingue di sabbia preferite dalle tartarughe erano sott’acqua a causa di piogge più intense del solito. Quando il livello del lago si è alzato, hanno dovuto cercare un terreno più in alto. Ho avuto l’impressione che le tartarughe azzannatrici fossero diventate rifugiati climatici.
E questo è il pensiero che non mi da pace.
Penso che le tartarughe si siano dirette verso l’alto in preda a una sorta di disperazione, come chiedendoci di prestare attenzione, per farci vedere che stiamo vacillando sull’orlo della catastrofe climatica con i nostri parenti, animali e vegetali, che scompaiono a ondate dopo ondate di estinzioni. La scienza, armata di modelli con cui prevedere gli imminenti cambiamenti, è un potente strumento per affrontare queste crisi. Ma non è l’unico. Come scienziato sento dati indiscutibili, e anche un messaggio, allo stesso tempo materiale e spirituale, portato dalle tartarughe azzannatrici: la Terra ci chiede qualcosa di più della gratitudine.

Robin Wall Kimmerer, The Turtle Mothers Have Come Ashore to Ask About an Unpaid Debt, The New York Times (22/9/2023), traduzione L.V.

Un miliardo di persone potrebbe essere in movimento

Una delle tante ingiustizie che aggravano i cambiamenti climatici è che i costi più alti saranno sostenuti da coloro che hanno contribuito meno al problema. Diverse nazioni insulari poco elevate, tra cui Tuvalu e Kiribati, sono destinate semplicemente a scomparire. In Bangladesh ogni giorno arrivano nella capitale Dhaka circa duemila persone, molte spinte dalle tempeste o dall’innalzamento del livello del mare che hanno reso difficile la vita nei villaggi. In Pakistan, la scorsa estate, le inondazioni causate da piogge monsoniche sovraccariche hanno ucciso un migliaio di persone e ne hanno costrette altre seicentomila in campi di accoglienza.
Nel 2016 l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati stimava che, a livello globale, 21 milioni di persone sarebbero state mediamente sfollate ogni anno a causa di eventi meteorologici. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni delle Nazioni Unite ha previsto che entro il 2050 un miliardo di persone potrebbe essere in movimento. Nei prossimi decenni “enormi masse di popolazione dovranno cercare nuove case”, ha scritto Gaia Vince, una giornalista britannica. E voi o “sarete tra questi, o tra quelli che li accoglieranno”.

Elizabeth Kolbert, Climate change from A to Z, The New Yorker (28/11/2022), traduzione L.V. Nella foto (Wondering Gaia) Gaia Vince.

Le creature incapaci siamo noi, naturalmente

Trecento anni fa ne sapevamo così poco che uno studioso inglese ipotizzò in tutta serietà che le cicogne trascorressero i loro inverni sulla luna. Trent’anni fa un branco di elefanti africani, i più grandi mammiferi terrestri sulla terra, poteva ancora inscenare una sparizione annuale, attraversando i confini di un parco nazionale a ogni stagione delle piogge e svanendo in parti di esso sconosciute. Negli ultimi decenni, tuttavia, la tracciabilità degli animali, come del resto di così tanto della vita, è stato rivoluzionato da tecnologie come i satelliti, le foto-trappole, i droni e il sequenziamento del DNA. Oggi abbiamo dispositivi di geolocalizzazione sufficientemente leggeri da poter essere trasportati dalle farfalle monarca; possiamo perfino tracciare quei dispositivi dalla Stazione spaziale internazionale. Nel frattempo la ricerca sugli spostamenti degli animali ha acquisito decine di migliaia di nuovi collaboratori amatoriali che caricano miliardi di rilevamenti e osservazioni tramite telefoni cellulari e computer portatili. È anche arrivata […] una piena di nuovi libri sui progressi della ricerca sulla navigazione degli animali.
Da questi libri emergono principalmente due cose, una intrigante, l’altra tragica. La prima è che, sebbene oggi abbiamo un’idea più chiara di dove vanno gli animali, abbiamo ancora molto da imparare su come trovino la loro strada. La seconda è che le creature che sono verosimilmente i peggiori navigatori del pianeta hanno continuamente ridotto le probabilità che tutti gli altri arrivino dove devono andare, interferendo con le loro traiettorie, compromettendo le loro capacità di trovare la rotta e depredando le loro mete. Le creature incapaci siamo noi, naturalmente.

Kathryn Schulz, Why Animals Don’t Get Lost, The New Yorker (5/4/2021), traduzione L.V.

Lo guardo con nostalgia mentre si alza e scivola nell’aria turbolenta dell’estate

Apus_apus_01I rondoni comuni trascorrono solo qualche mese nelle loro zone di riproduzione, e qualche mese in inverno nelle foreste e nei campi dell’Africa sub-sahariana. Per il resto del tempo si muovono, facendosi beffe dei confini. Al fine di evitare le forti piogge che impediscono loro di nutrirsi, i rondoni con nidi nei tetti inglesi volano in senso orario attorno a sistemi a bassa pressione, viaggiando attraverso l’Europa e ritorno. Amano riunirsi nell’aria complicata e instabile che sta dietro le depressioni meteorologiche, per banchettare nell’abbondanza di insetti che vi si trovano. Ci abbandonano silenziosamente. Entro la seconda settimana di agosto i cieli intorno a casa mia si svuotano improvvisamente. Dopo mi capita di vedere l’occasionale rondone sbandato e pensare, ecco, questo è l’ultimo, e lo guardo con nostalgia mentre si alza e scivola nell’aria turbolenta dell’estate.

Helen Macdonald, The Mysterious Life of Birds Who Never Come Down, The New York Times (29/7/2020) traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) un rondone.

Una migrazione stagionale

p0841c20I “bitcoin miners” sono opportunisti e itineranti. Come pastori nomadi che guidano il loro gregge di macchine per “mining” verso più verdi pascoli di energia a basso costo, ciò che possiamo osservare, specialmente in Cina, è in effetti una migrazione stagionale. Durante la stagione delle piogge i “miners” affollano la regione di Sichuan, dove ci sono grandi capacità di energia idroelettrica, mentre nella stagione secca si spostano verso Nord, nelle province interne della Mongolia e in altri posti, al fine di beneficiare dei prezzi dell’elettricità a basso costo offerti direttamente dalle centrali a carbone. Secondo varie fonti, in un solo camion si possono caricare da 3000 a 5000 di queste macchine: così i “miners” possono reagire rapidamente alle mutevoli condizioni ambientali, ad esempio quando cambiano i prezzi dell’elettricità o altro.

Aleks Krotoski, Oops!, The Digital Human, BBC Radio 4 (24/2/20), traduzione L.V.