Il bugnato di grosse pietre rozzamente scalpellate

All’altro estremo della città, verso Sud-Ovest, Erode fece costruire il nuovo palazzo reale: «i suoi edifici superarono persino il Tempio in ampiezza e splendore», dice Giuseppe Flavio. Vicino sorgevano tre torri chiamate Hippicus (dal nome d’un amico), Phasael (in ricordo d’un fratello), e Mariamne (in memoria della moglie). Parti della base di una delle torri sono visibili ancora oggi. Il bugnato di grosse pietre rozzamente scalpellate, che dona alle pareti un’espressione di forza rupestre, è tipico delle costruzioni del periodo erodiano. Pare che questa tecnica costruttiva sia stata riportata in Europa dai crociati; è possibile che i palazzi di Firenze (Strozzi, Pitti, Riccardi e via dicendo), con la loro aria tra fortilizio e residenza, abbiano qualche remota parentela stilistica con la Gerusalemme d’Erode.

Fosco Maraini, Le pietre di Gerusalemme, a cura di Maria Gloria Roselli, Il Mulino (2022). Nella foto (Wikimedia) a sinistra una parte della torre di Phasael.

Del pastore cretese di nome Magnes

Lo sai che l’origine della parola “magnete” la dobbiamo a Plinio il Vecchio, scrittore del I secolo d.C.? Nel libro “Storia Naturale” racconta del pastore cretese di nome Magnes il quale, adoperando il suo bastone dotato di una punta di ferro, scoprì la proprietà di attrazione e repulsione di alcune pietre che furono chiamate magnetiche, poiché contengono la magnetite, un magnete naturale composto di ossidi di ferro.

Letto al Museo della Chimica, Settimo Torinese (12/11/22). Nella foto (Wikipedia) frontespizio della Naturalis historia di Plinio il Vecchio.

Cos’è questa roba nera, si mangia?

L’aereo ripassò un’ultima volta, come per dare ancora un saluto; Clé non avrebbe più dimenticato l’immagine d’uno sportello aperto e d’un militare in camicia che si teneva aggrappato con una mano a qualcosa, mentre agitava l’altro braccio in segno di simpaticissimo evviva. Poi tutto sparì.
Gli ex detenuti si trovarono di fronte a una tempesta di scatolette, vestiti, biscotti, pacchi e involti d’ogni genere, oltre a sigari e sigarette nei loro involucri colorati; era un supermercato intero scaraventato tra i cespugli, sugli alberi, tra l’erba. Dopo quasi due anni di miseria, di fame, di conti fatti a base di chicchi di riso e di singoli fagioli, tenuti da parte come pietre preziose, ecco il paese di bengodi, ecco l’America nella piena favolosa delle sue ricchezze, ecco generosità e magnificenza leggendarie!
Nessuno sapeva da dove cominciare a contare, cosa raccattare prima, se fermarsi ad aprire qualche scatoletta d’ananas o di crema o se racimolare tutto con moderazione degli istinti, e portare tanta dovizia a casa. Le bambine, come impazzite di gioia, danzavano con tavolette di cioccolato in mano, chiedendo: “Cos’è questa roba nera, si mangia?” Era la prima volta che vedevano la ghiotta sostanza. Poi Dafni corse subito a far assaggiare “le delizie cioccolatose” a Keiko, una delle “figlie del tempio”, che aveva la sua stessa età ed era diventata la sua amica del cuore.

Fosco Maraini, Case, amori, universi, La nave di Teseo (2019). Nella foto (Fosco Maraini) Topazia Alliata e Dacia, Yuki, Toni Maraini a Nagoya.

Così mi sono legato alle pietre che non ingannano

L’abisso archeologico è certamente buio ma anche perfettamente stabile, sicuro sotto i nostri piedi, perché i morti mai deludono o tradiscono dato che molto già sai di loro – come un profeta all’incontrario – e devi solamente completare dizione, scena, mobilio e costume; insomma i morti sono già dati, devi solo cercarli e se ne hai bisogno rimangono fedeli: non possono abbandonarti o farti del male. Così mi sono legato alle pietre che non ingannano.

Andrea Carandini, L’ultimo della classe, Rizzoli (2021)

Questo era il quartiere dei fiorentini

Nel XVI secolo questo era il quartiere dei fiorentini, prima gente dell’Italia ad avere una città propria dentro la città dei papi. In questa zona, sulle rive del Tevere, innalzarono la grandiosa basilica nazionale di San Giovanni, mentre gioiellieri fiorentini edificarono su progetto di Raffaello la piccola ed elegante chiesa di Sant’Eligio degli Orefici. Non toccata da sconvolgimenti, attraverso queste chiese, Palazzo Sacchetti e Palazzo Falconieri, si snoda via Giulia, dove a mezzodì non c’è un’anima e si vede solo una marcata striscia d’ombra proiettata dalle case nobili e armoniose. L’erba spunta a ciuffi fra le pietre di questa via prestigiosa e quieta, che sembra fantasticare di carrozze cardinalizie e dell’epoca di Bramante e Sangallo.

Pavel Muratov, Immagini dell’Italia, II, traduzione di Alessandro Romano, Adelphi (2021). Nella foto (Wikipedia) la basilica di San Giovanni dei Fiorentini a Roma.