Il suono più forte della storia moderna

Molti libri sui rumori menzionano il vulcano indonesiano Krakatoa che, nell’agosto del 1883, emise quello che viene comunemente considerato il suono più forte della storia moderna. L’eruzione fu udibile fino a quasi cinquemila chilometri di distanza. Il capitano di una nave britannica, che si trovava a circa quaranta miglia da lì, aveva scritto: “Le esplosioni sono così violente, che i timpani di oltre metà del mio equipaggio si sono rotti. I miei ultimi pensieri sono per la mia cara moglie. Sono convinto che il Giorno del Giudizio sia arrivato”.

Alex Ross, What Is Noise?, The New Yorker (22-29/4/2024), traduzione L.V. Nella foto (Biblioteche dell’Università di Leida) l’eruzione del vulcano di Krakatoa nel 1883.

La fede nel dualismo

Lo psicologo Paul Bloom, nel libro dal titolo Descartes’ Baby, si spinge fino a suggerire che siamo effettivamente nati per essere dei dualisti filosofici, come lo era lo stesso Cartesio, e per credere che la mente sia separata dal corpo. Il dualismo, suggerisce Bloom, è innato.
Questo non vuole ovviamente dire che le nostre menti siano separate dai nostri corpi: è solo che siamo predisposti a crederlo. È davvero difficile convincere la maggior parte delle persone, eccetto noi baldi psicologi e materialisti neuroscienziati, che siamo semplicemente creature di carne e ossa, con processi fisici all’interno delle nostre teste che dettano i nostri pensieri e le nostre azioni. La fede nel dualismo, ossia l’idea che la mente possa sfuggire al corpo e ai vincoli del mondo fisico, è del resto un aspetto del pensiero errante.

Michael C. Corballis, The Wandering Mind, The University of Chicago Press (2015), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia, no Fronteiras do Pensamento) Paul Bloom.

Estraendone fiumi di sapori e delizie

Piano piano imparai ad amare le parole col gusto che il musicista ha per i suoni ed i timbri, il pittore per i colori e gli impasti, lo scultore per le forme e la pelle della materia; ma in più c’era tutta l’infinita ricchezza semantica, il mondo sconfinato dei pensieri e dei sentimenti che le parole risvegliano e mettono in moto, che sono capaci d’evocare con precisione terribile o vaghezza dolcissima. La parola era infine un tesoro e una bomba. Ma soprattutto era una caramella, qualcosa da rigirare tra lingua e palato con voluttà, a lungo, estraendone fiumi di sapori e delizie.

Dacia Maraini, Fosco Maraini, Il gioco dell’universo, La nave di Teseo (2020)

Con le mani intrecciate dietro la schiena

Egli stava in piedi accanto alla scrivania e, indicando certe buste, carte e mucchietti di denaro, si accalorava e discuteva animatamente col nostro amministratore Jakov Michailovič il quale, ritto al suo solito posto, fra la porta e il barometro, con le mani intrecciate dietro la schiena, moveva le dita molto rapidamente e in diverse direzioni.
Più il babbo si accalorava e più le dita si movevano rapidamente, invece quando il babbo taceva anche le dita si fermavano: ma quando Jakov cominciava a parlar lui, le dita diventavano ancora più inquiete e saltavano disperatamente da tutte le parti. Da quei movimenti, mi pare, si potevano indovinare i pensieri di Jakov; il suo viso, invece, restava sempre tranquillo: esprimeva la coscienza della propria dignità e insieme la sottomissione, e cioè: io ho ragione, ma, del resto, fate pure come volete voi.

Lev Tolstoj, Infanzia Adolescenza Giovinezza, traduzione di Enrichetta Carafa d’Andria e Pietro Zveteremich, Quodlibet (2020)

Possono diventare irresistibili

La reiterazione è straordinariamente avvincente. I circuiti nervosi che negli uccelli controllano le ripetute operazioni di pulizia – necessarie a mantenere le penne in forma per il volo – non richiedono consapevolezza alcuna delle sottostanti ragioni. L’evoluzione conferisce solo la motivazione a ripetere l’azione, senza che vi sia alcun bisogno di logica o di comprensione: dall’inizio alla fine, ancora e ancora, atti piacevoli e inesplicabili. Lo stesso si può dire dei comportamenti di scavo degli scoiattoli, dei tassi e dei ragni: ciascuna di queste specie fissa il ritmo di scavo sulla propria frequenza tipica, sintonizzando il ciclo neurale al ritmo dato dai generatori cerebrali di tali pattern. Lo stesso vale per il grattarsi dei mammiferi come noi: ciascun animale ha un modo diverso di ravanare, di raggiungere il parassita e di estirparlo, guidato in questo dalla scarica di gratificazione che arriva in seguito al grattarsi dove si sente prudere, non appena il prurito comincia a placarsi, con il solo ritmo aumentato in intensità dall’inevitabile danno arrecato alla pelle. Un completo capovolgimento di valenza – il dolore puro è ora pura ricompensa.
Il nostro cervello inscena anche ritmi più complessi, che abbracciano il tempo e lo spazio, sulla falsariga metaforica di queste azioni motorie di base. La stessa corteccia frontale che pianifica e guida le grattatine effettuate dalle nostre mani, è anche la direttrice esecutiva della pianificazione delle nostre abitudini quotidiane, dei rituali stagionali, dei cicli annuali, in piena sintonia con il proprio partner più profondo, lo striato. La gratificazione data dal ritmo si manifesta su ogni scala temporale e in quasi tutti i tipi di sforzo e impegno umano: nel lavoro a maglia come nelle suture, nella musica e nella matematica, nei rituali ideativi della pianificazione e dell’organizzazione. Non solo le azioni, ma anche i pensieri ripetitivi possono diventare irresistibili come qualsiasi tic; l’uso e l’applicazione di ritmi antichi per nuovi tipi di approfondimento intellettuale possono aiutarci a costruire civiltà – ma quando i ritmi diventano troppo intensi, alcuni di noi ne incorporano gli effetti collaterali: nascono così i maniaci ossessivo-compulsivi delle pulizie, coloro che contano attentamente ogni dettaglio, gli igienisti patologici, gli esaminatori eccessivi e coloro che soffrono in modo inesorabile.

Karl Deisseroth, Connections, Viking (2021), traduzione L.V.

“Da” aveva risposto Kornienko

Alle 11:51 i tre uomini nella Stazione spaziale entrarono nella capsula Sojuz, un veicolo angusto dall’aspetto di un cilindro schiacciato sulla cima della Stazione stessa. La Sojuz era piena di interruttori e manopole. “Fuori è buio, e dentro è ancora più buio”, aveva scritto Kelly nel suo diario. “Fa freddo.” Indossava una felpa nera della NASA e si era abbassato il cappuccio quasi fin sopra gli occhi.
Gli uomini ricevettero istruzioni di lasciare il portellone della Sojuz chiuso ma sbloccato, in caso i detriti avessero colpito la capsula anziché l’ISS e loro dovessero rientrare di corsa. Kornienko si concentrò sul meccanismo di chiusura, immaginando i passaggi che avrebbe dovuto fare in caso di crisi. “Non c’erano parole, solo silenzio“, mi disse. Mentre ognuno si ritirava nei propri pensieri, Kelly era rimasto anche lui colpito dall’improvvisa tranquillità. Nel diario aveva scritto: “Sento soltanto il suono dei ventilatori interni alla Soyuz e il mio respiro”.
Al crescere della tensione Padalka aveva detto: “Sapete, se saremo colpiti saremo messi veramente male”.
Da” aveva risposto Kornienko, “veramente male”.

Raffi Khatchadourian, The elusive peril of space junk, The New Yorker (21/9/2020), traduzione L.V. Nella foto (Nasa) Scott Kelly, Gennadij Padalka e Michail Kornienko in una pausa durante l’addestramento con la Sojuz nel cosmodromo di Bajkonur in Kazakistan (2015).

E i vetturini assomigliano a tanti senatori

302e14016dacd6cdf6ca0e408aaea37b_w480_h_mw_mh_cs_cx_cyHo sempre percepito confusamente il significato particolare della Finlandia per i pietroburghesi: qui, calcandosi fino alle sopracciglia il cielo basso carico di neve e addormentandosi in alberghetti dove l’acqua gelava nella brocca, si veniva per dare una forma definitiva ai propri pensieri, cosa impossibile a Pietroburgo. E io amavo quel paese, dove le donne sono tutte lavandaie inappuntabili e i vetturini assomigliano a tanti senatori.

Osip Mandel’štam, Il rumore del tempo e altri scritti, a cura di Daniela Rizzi, Adelphi (2012)

Pensare i loro pensieri misteriosi

CH_cow_2_croppedPeraltro la carne è straordinariamente inefficiente. Poiché i bovini usano il proprio mangime per crescere non solo i muscoli, ma anche le ossa e la coda, e pure per trotterellare e pensare i loro pensieri misteriosi, la loro efficienza di conversione energetica — le calorie che la loro carne contiene rispetto a quelle che assumono per produrla — è un triste un per cento.

Tad Friend, Can a Burger Help Solve Climate Change? The New Yorker (23/9/2019), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) una mucca.

Come un cinghiale abbatte i giunchi

e5174ce08c5edf89d3e6a1b408f6a4fc_w600_h_mw_mh_cs_cx_cyIl Soviet minore della sezione militare, che con un suo giornaletto assai moralistico si opponeva a Lenin di ritorno in patria, aveva pubblicato una risoluzione in cui si affermava che la propaganda leninista era nociva al pari della propaganda controrivoluzionaria. Lenin allora è venuto a spiegarsi al Soviet. È stato un giorno di grande turbamento. La sala era piena di delegati. Presiedeva il volontario Zavad’e. Lenin ha pronunciato il suo discorso con impeto elementare: i pensieri rotolavano come enormi ciottoli. Spiegando quanto fosse facile avviare una rivoluzione sociale, schiantava i dubbi innanzi a sé come un cinghiale abbatte i giunchi.

Viktor Šklovskij, Viaggio sentimentale, traduzione di Mario Caramitti, Adelphi (2019)

 

E muovendosi scopriva il mondo

cover_180402_1200Il movimento, perfino nell’ambito dell’A.I, non era considerato solo come una funzione pratica inferiore che poteva essere innestata, in una fase successiva, su una capacità di ragionamento astratto. La linea tra azione e pensiero era più sfocata di quanto sembrasse. Una creatura non pensava per muoversi: si muoveva e basta, e muovendosi scopriva il mondo che poi formava il contenuto dei suoi pensieri.

Larissa MacFarquhar, The Mind-Expanding Ideas of Andy Clark, The New Yorker (2/4/18), traduzione L.V.