Questa combinazione di immortalità e replicabilità

Se rimanesse un’attività di ricerca scientifica, un’A.I. mortale potrebbe portarci più vicini a una replica del nostro cervello. Ma Hinton è arrivato a pensare, con rammarico, che l’intelligenza digitale potrebbe essere più potente. Nell’intelligenza analogica, “se il cervello muore, muore anche la conoscenza”, ha detto. Nell’intelligenza digitale, invece, “se un particolare computer muore, le forze delle sue connessioni possono essere utilizzate su qualsiasi altro computer. E anche se dovessero morire tutti i computer, una volta immagazzinate da qualche parte tutte le forze delle connessioni, basterebbe creare un altro computer digitale ed eseguirle. Diecimila reti neurali possono imparare diecimila cose diverse contemporaneamente, e poi condividere ciò che hanno imparato”. Secondo Hinton, questa combinazione di immortalità e replicabilità ci dice che “dovremmo preoccuparci che l’intelligenza digitale prenda il posto dell’intelligenza biologica”.

Joshua Rothman, Why the Godfather of A.I. Fears What He’s Built, The New Yorker (20/11/2023), traduzione L.V. Nel disegno (Wikipedia) un’immagine simbolica dell’intelligenza artificiale.

Computazione mortale

Negli ultimi anni passati a Google, Hinton ha concentrato i suoi sforzi sulla creazione di un’intelligenza artificiale più simile alla mente, utilizzando tipi di hardware che emulassero più da vicino il cervello. Nelle A.I. di oggi la forza delle connessioni tra i neuroni artificiali è memorizzata numericamente: è come se il cervello tenesse una contabilità di se stesso. Invece nel cervello analogico tale forza è incorporata fisicamente nelle connessioni tra neuroni. Hinton ha cercato di creare una versione artificiale di questo sistema, utilizzando particolari tipi di chip.
“Se ci riuscissi, sarebbe fantastico”, mi ha detto. I chip sarebbero in grado di imparare variando le proprie “conduttanze”. Poiché la forza di ogni connessione sarebbe integrata nell’hardware, sarebbe impossibile copiarle tutte da una macchina all’altra: ogni intelligenza artificiale dovrebbe imparare da sola. “Dovrebbero andare a scuola”, ha detto. “Ma si passerebbe da consumare un megawatt a trenta watt”. Mentre parlava, Hinton si era sporto in avanti, fissando i suoi occhi nei miei, e per un attimo ho intravisto l’evangelizzatore. Hinton ha chiamato quest’approccio “computazione mortale” poiché la conoscenza acquisita da ogni A.I. andrebbe perduta una volta smontato l’hardware. “Rinunceremmo all’immortalità”, ha detto. “In letteratura si rinuncia a essere un dio per la donna che si ama, vero? In questo caso, otterremmo qualcosa di molto più importante, ovvero l’efficienza energetica”. Tra le altre cose, l’efficienza energetica incoraggia l’individualità. Il mondo è in grado di sostenere miliardi di cervelli, tutti diversi, perché un cervello umano può funzionare anche solo con farina d’avena. E ciascun cervello può continuare ad apprendere, anziché essere addestrato una sola volta prima di essere buttato nel mondo là fuori.

Joshua Rothman, Why the Godfather of A.I. Fears What He’s Built, The New Yorker (20/11/2023), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia, Ramsey Cardy) Geoffrey Hinton.

Vivificante e cruento, radioso e mortale

«Partorire è meraviglioso, ma il parto non è un bello spettacolo» ha scritto Angela Garbes, autrice di “Like a Mother: A feminist journey through the science and culture of pregnancy“. «È vivificante e cruento, radioso e mortale».
Nel mondo quasi 300.000 donne e 1 milione di bambini muoiono ogni anno di parto. Emorragia o infezione sono le principali cause per le madri. I decessi sono generalmente più numerosi nei Paesi più poveri e dove le donne hanno minori diritti riproduttivi.
La mortalità materna è particolarmente alta dove sono comuni le spose bambine e dove le ragazze partoriscono prima che il corpo sia completamente cresciuto. Secondo un rapporto del 2019, del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, nei Paesi in via di sviluppo il parto è la principale causa di morte per le ragazze dai quindici ai diciannove anni. Il tasso di mortalità materna è mediamente di 1 ogni 1500 nascite in nazioni in cui l’età media del matrimonio per le donne è di vent’anni o più. Ma nei Paesi in cui tale età media è invece inferiore ai vent’anni, il tasso medio di mortalità materna è allarmante: 1 ogni 200 nascite, o 7,5 volte più alto.

Jeremy DeSilva, First Steps, HarperCollins (2021), traduzione L.V. Nell’immagine (Wikipedia, Wellcome Images), pittore francese (?), Scena di un parto (1800?).

Caos della conoscenza a scopo di lucro

Il Washington Post ha riportato, a fine marzo 2020, che su Facebook, per quasi il 50% delle notizie relative a Covid-19, un numero molto piccolo di “utenti influenti” stava trascinando un vasto numero di utenti nelle loro abitudini di lettura e di “feed”. Uno studio pubblicato ad aprile dal Reuters Institute ha confermato che, nel campione analizzato, politici di alto livello, celebrità e altri personaggi pubblici di spicco hanno prodotto il 20% della disinformazione, attirando con ciò il 69% della partecipazione sui social media.
Uno studio pubblicato a maggio dall’Institute for Strategic Dialogue britannico ha identificato un gruppo di 34 siti web di estrema destra che diffondono disinformazione su Covid o sono collegati a centri di disinformazione sanitaria consolidati e focalizzati in questo momento su Covid-19. Da gennaio ad aprile 2020 i post pubblici di Facebook che erano collegati a questi siti web hanno raccolto circa 80 milioni di interazioni, mentre i post che erano collegati al sito dell’OMS hanno ricevuto 6,2 milioni di interazioni e i Centers for Disease Control and Prevention ne hanno ricevute 6,4 milioni.
Uno studio di Avaaz pubblicato ad agosto ha rivelato 82 siti internet che diffondono disinformazione su Covid e che ad aprile 2020 hanno raggiunto un picco di quasi mezzo miliardo di visualizzazioni su Facebook. I contenuti dei 10 siti internet più popolari hanno attirato circa 300 milioni di visualizzazioni su Facebook, rispetto ai 70 milioni delle 10 più importanti istituzioni sanitarie. I modesti sforzi di moderazione dei contenuti da parte di Facebook non sono stati all’altezza dei suoi sistemi di macchine progettati per diffondere il caos della conoscenza.
A ottobre un rapporto del Centro nazionale per la preparazione ai disastri della Columbia University ha stimato il numero di morti evitabili per Covid-19. Più di 217.000 americani erano già morti. Tragicamente l’analisi ha concluso che almeno 130.000 di quelle morti avrebbero potuto essere evitate. Dei quattro motivi chiave citati, i dettagli di ciascuno di essi, tra cui la “mancanza dell’obbligo di portare le mascherine” e il fatto di “ingannare il pubblico”, riflettono il tripudio del caos della conoscenza liberato sulle figlie e sui figli d’America.
Questo è il mondo in cui è emerso e si è propagato un microrganismo mortale e misterioso. Ci siamo rivolti a Facebook in cerca di informazioni, vi abbiamo trovato strategie letali di caos della conoscenza a scopo di lucro.

Shoshana Zuboff, The Coup We Are Not Talking About, The New York Times (29/1/2020), traduzione L.V. Nella foto (Luiss University Press) Shoshana Zuboff.

Una lunga e onorevole tradizione

Self-PortraitSe andate al Prado, a Madrid, troverete un autoritratto tardivo di Goya, con una camicia dal collo aperto, che esamina il triste paesaggio della propria fisionomia e racconta ciò che vede senza timore né favore. L’immagine risale al 1815, quando Goya aveva sessantanove anni, la stessa età di Almodóvar quando “Dolor y Gloria” è uscito in Spagna. Ciò che è in ballo qui è, in altre parole, una lunga e onorevole tradizione di raccontare il vero. Il film, come il dipinto, è una descrizione testarda, senza vanità, eppure bellissima di un uomo le cui illusioni stanno cedendo, insieme alla sua salute di mortale che in qualche modo viene rianimato e salvato dall’atto di descrivere. La gloria scorre dal dolore.

Anthony Lane, “Pain and Glory” Tells Autumnal Truths, The New Yorker (14/10/19). Nella foto (Museo del Prado), Francisco de Goya y Lucientes, Autoritratto (1815).