Invece le famiglie spesso ricevono il messaggio opposto

La società nel suo insieme avrebbe bisogno di rafforzare l’importanza della scuola – come era stato fatto in Massachusetts più di un secolo fa. È il luogo in cui ai bambini si aprono le opportunità del mondo, dove imparano a essere cittadini produttivi e, per alcuni, dove trovano una routine quotidiana e pasti regolari.
Invece le famiglie spesso ricevono il messaggio opposto, come ha notato Sarah Lenhoff. Infrastrutture inadeguate hanno portato l’anno scorso la città di Detroit a chiudere le scuole per alcuni giorni, a causa del caldo eccessivo. Le scuole avevano chiuso anche a fronte di previsioni di neve che poi non si erano avverate. Poiché le formule di finanziamento statale penalizzano i distretti scolastici quando la frequenza scende al di sotto del settantacinque per cento anche per un solo giorno, alcune scuole potrebbero chiudere al minimo timore che non si presentino abbastanza bambini. “Se tutto questo accade abbastanza di frequente, si erode la percezione che il sistema sia lì per noi, e non soltanto per i loro comodi”, ha detto Lenhoff.

Alec MacGillis, Has School Become Optional?, The New Yorker (15/1/2024), traduzione L.V. Nella foto (Wayne State University) Sarah Lenoff.

L’equivalente cetaceo di un’alzata di spalle

I capodogli hanno i cervelli più grandi del pianeta, sei volte di più di quelli umani. La loro vita sociale è ricca, complicata e, secondo alcuni, ideale. I membri adulti di una unità, che può comprendere da qualche individuo a poche decine, sono tutti di sesso femminile. I figli maschi possono viaggiare con il gruppo fino all’età di circa quindici anni; quindi, come dice Shane Gero, vengono “ostracizzati socialmente”. Alcuni continuano a girare attorno alle proprie madri e sorelle, inviando per mesi schiocchi da lontano senza ricevere risposta. Alla fine, però, afferrano il messaggio. I maschi completamente adulti sono creature solitarie. Avvicinano un gruppo di femmine, presumibilmente non loro parenti prossime, solo per accoppiarsi. Per segnalare il proprio arrivo emettono suoni profondi e rimbombanti, noti come “clang”. Nessuno sa esattamente cosa renda un capodoglio in corteggiamento attraente per una potenziale compagna. Gero mi ha raccontato di avere visto alcuni maschi rumorosi essere accolti con grande trambusto, mentre ad altri è stato riservato l’equivalente cetaceo di un’alzata di spalle.
Le femmine dei capodogli, invece, sono eccezionalmente prossime. Le adulte di una unità non solo viaggiano e cacciano insieme; sembrano anche consultarsi su decisioni importanti. Se nel gruppo c’è una neomamma, le altre si prendono cura del piccolo mentre lei si immerge per cercare il cibo. In alcune unità […] le femmine dei capodogli addirittura allattano i piccoli l’una dell’altra. Quando una famiglia è minacciata, le femmine adulte si raggruppano per proteggere la prole, mentre quando la situazione è calma i piccoli giocano e si divertono.

Elizabeth Kolbert, Talk to Me, The New Yorker (11/9/2023), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) una mamma capodoglio e un piccolo.

La Terra ci chiede qualcosa di più della gratitudine

Come scienziati ci siamo chiesti: perché? Perché esseri solitari e reclusi devono lottare per arrampicarsi su un promontorio roccioso ed entrare in una comunità di un centinaio di esseri umani? Perché tutte queste tartarughe sono venute da noi, in numeri senza precedenti, per fare la cosa più importante per loro? Quando i nostri studenti sono andati alla ricerca di siti adatti a trasferire al sicuro le molteplici uova che avevano deposto non solo nell’ultimo anno, hanno trovato una risposta. Le lingue di sabbia preferite dalle tartarughe erano sott’acqua a causa di piogge più intense del solito. Quando il livello del lago si è alzato, hanno dovuto cercare un terreno più in alto. Ho avuto l’impressione che le tartarughe azzannatrici fossero diventate rifugiati climatici.
E questo è il pensiero che non mi da pace.
Penso che le tartarughe si siano dirette verso l’alto in preda a una sorta di disperazione, come chiedendoci di prestare attenzione, per farci vedere che stiamo vacillando sull’orlo della catastrofe climatica con i nostri parenti, animali e vegetali, che scompaiono a ondate dopo ondate di estinzioni. La scienza, armata di modelli con cui prevedere gli imminenti cambiamenti, è un potente strumento per affrontare queste crisi. Ma non è l’unico. Come scienziato sento dati indiscutibili, e anche un messaggio, allo stesso tempo materiale e spirituale, portato dalle tartarughe azzannatrici: la Terra ci chiede qualcosa di più della gratitudine.

Robin Wall Kimmerer, The Turtle Mothers Have Come Ashore to Ask About an Unpaid Debt, The New York Times (22/9/2023), traduzione L.V.

Persuade il cervello a tenerci svegli

Quando ci svegliamo ogni mattina e apriamo gli occhi, la luce entra e mette in moto una cascata di eventi che allontana la sonnolenza e ci prepara ad affrontare la giornata. Lo fa per gentile concessione di una proteina straordinaria, nota come melanopsina, che si può trovare sparsa in vari punti all’interno della testa e negli occhi. Quando la luce colpisce la melanopsina, la proteina fa una piccola danza molecolare che si traduce nell’invio di un messaggio al nucleo soprachiasmatico, al centro del cervello. In risposta, il fascio di cellule nervose al suo interno interrompe la produzione di melatonina, l’ormone responsabile della preparazione al sonno, e avvia il nostro corpo all’azione. La melanopsina è particolarmente eccitata dalla luce blu, una caratteristica degli schermi retroilluminati che ci piace fissare a lungo, e uno dei motivi per cui è una pessima idea portarsi il telefono a letto. Leggere su questi dispositivi attiva la melanopsina, che a sua volta persuade il cervello a tenerci svegli.

Ashley Ward, Sensational, Profile Books (2023), traduzione L.V. Nell’immagine (Wikipedia) alcune cellule della retina contenenti melanopsina sono colorate in blu.

Una minuscola contorsione molecolare

In termini generali un senso può essere definito come una capacità in grado di rilevare uno stimolo specifico per mezzo di un recettore dedicato a tale stimolo. Ad esempio, quando la luce entra in un occhio, viene assorbita da una molecola nota come retinale, che si trova all’interno delle cellule fotorecettrici della retina. L’energia luminosa fa sì che il retinale esegua una minuscola contorsione molecolare, innescando a sua volta una reazione chimica a catena che alla fine produce un minuscolo fremito di elettricità. È questa piccolissima scarica a essere trasmessa lungo il nervo ottico al cervello in attesa. Il cervello interpreta quindi questo messaggio, insieme agli innumerevoli altri messaggi che arrivano contemporaneamente dai recettori vicini, fornendoci la sensazione visiva della luce.

Ashley Ward, Sensational, Profile Books (2023), traduzione L.V.

Ho seguito il robot

Stavo aspettando insieme al robot, e intanto osservavo i dormitori silenziosi. Infine sono apparsi tre studenti, che si sono avvicinati da direzioni diverse, mascherati e con in mano i cellulari. Ognuno di loro ha inserito un codice su uno schermo touch sul retro del robot, e uno scomparto si è aperto, mostrando un pacchetto all’interno.
Una dei tre studenti mi ha detto di aver ordinato il suo pacco tramite Taobao, il più grande sito di e-commerce cinese, di proprietà del gruppo Alibaba. Prima dell’epidemia gli studenti recuperavano i pacchi in un deposito del campus gestito da Cainiao, un’altra società di proprietà quasi esclusiva di Alibaba, ma adesso anche il robot effettuava le consegne. La studentessa mi ha detto che la macchina le aveva telefonato e le aveva mandato un messaggio mentre si stava avvicinava al suo dormitorio.
Ho seguito il robot per la mezz’ora successiva, supponendo che alla fine mi avrebbe condotto dal suo padrone. Ogni volta che con la bici mi avvicinavo troppo, suonava un clacson; se gli sterzavo davanti, il robot si fermava. Quando ho provato a gridare, non ho ricevuto risposta. A intervalli regolari la macchina accostava – “Daoda zhandian! ” [NdT In arrivo alla fermata!] – e alcuni studenti mascherati apparivano, stringendo in mano i telefoni e dirigendosi verso di me. La scena nel campus silenzioso sembrava un po’ un film dell’orrore: “I ragazzi del corona”.
Alla fine il robot ha parcheggiato davanti a un deposito Cainiao in un angolo remoto del campus. Un addetto con una giacca blu è uscito e ha iniziato a caricarlo di pacchi. Mi ha detto: “Adesso di questi ne abbiamo tre”. Mi ha spiegato che poiché i lavoratori di Cainiao tornavano ogni sera nelle loro case fuori dal campus, i robot erano un modo per ridurre le interazioni con gli studenti.

Peter Hessler, How China Controlled the Coronavirus, The New Yorker (17/8/2020), traduzione L.V.