Vago ma eccitante…

Quando è nato Internet? La risposta dipende, naturalmente, da come si definisce Internet. Sarebbe però plausibile sostenere che ciò sia accaduto nel 1989, quando Tim Berners-Lee, allora ricercatore al Cern, l’organizzazione europea per la ricerca nucleare vicino a Ginevra, aveva sottoposto al suo supervisore un documento dal titolo: “Gestione delle informazioni: una proposta”. Berners-Lee aveva di fatto prodotto il primo schema del mondo dei link cliccabili noto come World Wide Web. Il supervisore gli restituì il documento con un commento di una riga, scarabocchiato in alto: “Vago ma eccitante…”.
La valutazione rimane vera; Internet è ancora oggi ricco di promesse ma nebuloso nei contorni. C’è una ragione per cui l’attuale dibattito sul suo controllo è così intenso. Come Internet è governato – e da chi – determina cosa è Internet. La posta in gioco nel conflitto in corso tra gli stati-nazione e i mercati non è, in altre parole, meramente gestionale; è anche esistenziale.
Internet si indurirà in un parco giochi oligarchico oppure diventerà un luogo più docile (e forse meno innovativo), come auspicano i regolatori europei, qualcosa di simile a un servizio pubblico digitale? Ampie sezioni di Internet si piegheranno al potere di tiranni e populisti illiberali, determinati a eliminare quella che Xi Jinping ha criticato come “energia negativa nascosta” della rete? Oppure l’influenza più consequenziale sarà esercitata dal modello che l’India sta sperimentando, di un giardino recintato in cui l’impresa privata può prosperare, ma entro i confini stabiliti dallo stato?

Akash Kapur, Can the Internet Be Governed?, The New Yorker (5/2/2024), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) Tim Berners-Lee. 

Ideali per le rapide annotazioni dei piloti

Marcel-bich-corso-re-umberto

Al civico 60 di corso Re Umberto a Torino una lapide ricorda la casa dove nacque colui che «semplificò la quotidianità della scrittura». Il signore in questione è Marcel Bich, nato nella città piemontese nel 1914 e in seguito trasferitosi con la famiglia in Francia. Qui, nel secondo dopoguerra, acquisto e perfezionò il brevetto dell’inventore ungherese Bíró, sulla base del quale avviò la produzione industriale di quella che sarebbe diventata probabilmente lo strumento di scrittura più comune e diffuso nel mondo: la penna Bic. Laszló Jozsef Bíró ideò infatti la penna che porta il suo nome e che garantiva maggiore autonomia della penna stilografica, e soprattutto non dipendeva da frequenti operazioni di ricarica. La penna di Bíró trovò subito un acquirente nella Royal Air Force britannica. Le penne a inchiostro erano infatti inadatte per il volo perché spandevano facilmente, mentre le nuove penne a sfera – denominate dalla Raf Eterpen -erano ideali per le rapide annotazioni dei piloti. L’inventore ungherese non fu però in grado di raggiungere mercati più ampi, cosa che invece riuscì a Bich, grazie anche alle migliorie apportate tra le quali quella dell’involucro trasparente che consentiva di controllare in qualsiasi momento la quantità residua di inchiostro.

Piero Martin, Le 7 misure del mondo, Laterza (2021). Nella foto la targa in memoria della nascita di Marcel Bich (1914-1994), in corso Re Umberto 60 a Torino.

Corrode inevitabilmente le virtù civiche

Una critica frequente al neoliberismo è che ha appiattito la nostra vita politica, riorganizzandola attorno all’efficienza. “The Problem of Social Cost”, un articolo del 1960 diventato un classico del canone neoliberista, predica che una fabbrica inquinante e le sue vittime non dovrebbero preoccuparsi di portare le loro controversie in tribunale. Tali liti sono inefficienti – chi ha, peraltro, bisogno di giustizia? – e intralciano le attività di mercato. Le parti dovrebbero invece contrattare privatamente i risarcimenti e andare avanti con i propri affari.
Questa fissazione sull’efficienza è come siamo arrivati ​​a “risolvere” i cambiamenti climatici lasciando che i peggiori trasgressori continuino come prima. Il modo per evitare i vincoli della regolamentazione è ideare un sistema – in questo caso, la tassazione del carbonio – che consenta a chi inquina di acquistare crediti per compensare le emissioni di carbonio in eccesso.
Questa cultura dell’efficienza, in cui i mercati misurano i valori delle cose e li sostituiscono alla giustizia, corrode inevitabilmente le virtù civiche.

Evgenij Morozov, The True Threat of Artificial Intelligence, The New York Times (30/6/2023), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) Evgenij Morozov.

Invitiamo i virus nel soggiorno dell’umanità

Affermare che la maggior parte dei virus emergenti proviene dalla fauna selvatica non significa attribuire a queste creature alcuna colpa, ha spiegato Steve Osofsky. Significa piuttosto sottolineare come attraverso i nostri comportamenti “invitiamo i virus nel soggiorno dell’umanità: mangiamo parti del corpo di animali selvatici; catturiamo e mescoliamo insieme specie selvatiche nei mercati; e distruggiamo a un ritmo vertiginoso ciò che resta della natura selvaggia – pensate alla deforestazione – aumentando così notevolmente le nostre probabilità di incontrare nuovi agenti patogeni”.
Ciò che questi tre comportamenti hanno in comune, ha aggiunto Osofsky, è una singola “causa sottostante, sorprendentemente semplice: la nostra relazione malata con la natura selvaggia, spesso basata su un’idea piena di hybris che la nostra specie sia in qualche modo separata dal resto della vita sulla terra”.
invece è tanto semplice: le foreste, i sistemi di acqua dolce, gli oceani, le praterie, e tutta la biodiversità che contengono, ci forniscono letteralmente l’aria pulita, l’acqua pulita, gli stabilizzatori climatici e il cibo sano di cui abbiamo bisogno per prosperare, oltre alla protezione naturale dai virus.

Thomas L. Friedman, One Year Later, We Still Have No Plan to Prevent the Next Pandemic, The New York Times (16/3/2021), traduzione L.V. Nella foto (Cornell University) Steve Osofsky.

Ben di più di uno stop finanziario

2020_04_20Mohammed El-Erian ha dichiarato: “Questa è una crisi molto maggiore di quella del 2008. Nel 2008 quello che i mercati finanziari hanno subito è stato come un grave, improvviso attacco di cuore. Ma in quel caso si poteva identificare il problema, mettere in atto misure di emergenza e rianimare rapidamente il paziente. Questo invece è ben di più di uno stop finanziario. Questa è un’infezione estesa a tutto il corpo, con danni praticamente a tutti gli organi e a tutti gli arti. Il corpo era già molto fragile. Chi fra noi ha avuto la possibilità di studiare il fallimento di uno stato ha già visto situazioni simili, ma mai di un grande Paese come gli Stati Uniti, per non parlare di un’economia globale”.

Nick Paumgarten, The Price of the Coronavirus Pandemic, The New Yorker (20/4/2020)

I nuovi asset tossici

zuboff_new_photo_Le società vietano il commercio di organi umani, bambini e schiavi. In ciascuno di questi commerci riconosciamo sia che sono sono moralmente ripugnanti sia che producono conseguenze prevedibilmente violente. È possibile dimostrare che i mercati di futures umani producano risultati altrettanto prevedibili, che mettono a rischio la libertà umana e minano la democrazia. Al pari dei mutui subprime e degli investimenti in combustibili fossili, le attività del capitalismo della sorveglianza saranno i nuovi asset tossici.

Shoshana Zuboff, You Are Now Remotely Controlled, The New York Times (26/1/20), traduzione L.V. Nella foto (Luiss University Press) Shoshana Zuboff.