Ideali per le rapide annotazioni dei piloti

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Al civico 60 di corso Re Umberto a Torino una lapide ricorda la casa dove nacque colui che «semplificò la quotidianità della scrittura». Il signore in questione è Marcel Bich, nato nella città piemontese nel 1914 e in seguito trasferitosi con la famiglia in Francia. Qui, nel secondo dopoguerra, acquisto e perfezionò il brevetto dell’inventore ungherese Bíró, sulla base del quale avviò la produzione industriale di quella che sarebbe diventata probabilmente lo strumento di scrittura più comune e diffuso nel mondo: la penna Bic. Laszló Jozsef Bíró ideò infatti la penna che porta il suo nome e che garantiva maggiore autonomia della penna stilografica, e soprattutto non dipendeva da frequenti operazioni di ricarica. La penna di Bíró trovò subito un acquirente nella Royal Air Force britannica. Le penne a inchiostro erano infatti inadatte per il volo perché spandevano facilmente, mentre le nuove penne a sfera – denominate dalla Raf Eterpen -erano ideali per le rapide annotazioni dei piloti. L’inventore ungherese non fu però in grado di raggiungere mercati più ampi, cosa che invece riuscì a Bich, grazie anche alle migliorie apportate tra le quali quella dell’involucro trasparente che consentiva di controllare in qualsiasi momento la quantità residua di inchiostro.

Piero Martin, Le 7 misure del mondo, Laterza (2021). Nella foto la targa in memoria della nascita di Marcel Bich (1914-1994), in corso Re Umberto 60 a Torino.

Ucciso da una banda di medici

Oggi i medici godono generalmente di notevole rispetto, a differenza del primo secolo dell’era cristiana, quando, nei confronti dei dottori, i Romani erano piuttosto scettici, persino sprezzanti, dato che molti di loro si occupavano di disturbi che non capivano. I poeti in particolare sfottevano soprattutto i chirurghi per la loro avidità, per approfittare sessualmente dei pazienti e soprattutto per l’incompetenza.
Nella “Storia naturale” Plinio il Vecchio, lo studioso e comandante militare morto nel 79 d.C. mentre cercava di salvare i contadini in fuga disperata dalle macerie del Vesuvio, aveva cercato di prendere posizione contro la professione medica “a nome del Senato e del popolo romano e dei 600 anni di Roma”. Gli onorari erano eccessivi, i rimedi dubbi, i battibecchi insopportabili. Plinio aveva scritto che “i medici acquisiscono esperienza a nostro rischio e pericolo e conducono i loro esperimenti per mezzo delle nostre morti” . Su più di una lapide romana l’epitaffio diceva: “Ucciso da una banda di medici”.

Franz Lidz, Scalpel, Forceps, Bone Drill: Modern Medicine in Ancient Rome, The New York Times (13/6/2023). Nell’immagine (Wikipedia) il frontespizio del testo di Plinio il Vecchio.