Si apriva il grande lago Prile

Più indietro degli Etruschi è inutile andare. Prima di loro solo il vento, gli animali, i predatori di passaggio, i nomadi. Da Vetulonia, nell’entroterra, si dominavano le colline, la valle, i laghi e il mare. Sotto la terra c’era il ferro. Alle pendici del colle di Castiglione si apriva il grande lago Prile, di cui accenna anche Plinio il Vecchio nella sua Naturalis historia. Le imbarcazioni si spingevano fin sotto l’antica città etrusca. Dove oggi ci sono paesi di campagna una volta erano gli approdi per le barche che trasportavano merci nel Mediterraneo. Nel Medioevo sono le paludi a dominare il paesaggio, territori insalubri, malarici. Dove possono, le popolazioni pescano ed estraggono il sale. Grosseto nasce come città intorno all’economia del sale: le saline circondavano il lago che diventa palude e acquitrino impoverendo la popolazione dei contadini, schiavi di signori locali e del latifondo, la «mano morta» dei vescovi, dei cardinali.

Alberto Riva, Ultima estate a Roccamare, Neri Pozza (2023). Nella foto (Qui Maremma) l’area umida protetta della Diaccia Botrona, vicino a Castiglione della Pescaia: ciò che rimane, in seguito alle bonifiche, delle paludi che si erano formate dopo che il lago Prile si era ritirato.

La Terra ci chiede qualcosa di più della gratitudine

Come scienziati ci siamo chiesti: perché? Perché esseri solitari e reclusi devono lottare per arrampicarsi su un promontorio roccioso ed entrare in una comunità di un centinaio di esseri umani? Perché tutte queste tartarughe sono venute da noi, in numeri senza precedenti, per fare la cosa più importante per loro? Quando i nostri studenti sono andati alla ricerca di siti adatti a trasferire al sicuro le molteplici uova che avevano deposto non solo nell’ultimo anno, hanno trovato una risposta. Le lingue di sabbia preferite dalle tartarughe erano sott’acqua a causa di piogge più intense del solito. Quando il livello del lago si è alzato, hanno dovuto cercare un terreno più in alto. Ho avuto l’impressione che le tartarughe azzannatrici fossero diventate rifugiati climatici.
E questo è il pensiero che non mi da pace.
Penso che le tartarughe si siano dirette verso l’alto in preda a una sorta di disperazione, come chiedendoci di prestare attenzione, per farci vedere che stiamo vacillando sull’orlo della catastrofe climatica con i nostri parenti, animali e vegetali, che scompaiono a ondate dopo ondate di estinzioni. La scienza, armata di modelli con cui prevedere gli imminenti cambiamenti, è un potente strumento per affrontare queste crisi. Ma non è l’unico. Come scienziato sento dati indiscutibili, e anche un messaggio, allo stesso tempo materiale e spirituale, portato dalle tartarughe azzannatrici: la Terra ci chiede qualcosa di più della gratitudine.

Robin Wall Kimmerer, The Turtle Mothers Have Come Ashore to Ask About an Unpaid Debt, The New York Times (22/9/2023), traduzione L.V.

Come una cataratta dalle fauci spalancate

In uno dei suoi passaggi più mirabili, Bartram descrive la belligeranza del “subdolo e vorace alligatore”:

Osservatelo lanciarsi fuori dall’acqua tra le pietre e le canne. Il suo enorme corpo si gonfia. La coda increspata, brandita alta, galleggia sulla superficie del lago. Le acque scendono come una cataratta dalle fauci spalancate. Nubi di fumo escono dalle narici dilatate. Al suo fragore la terra trema. In un attimo, dal lato opposto della laguna, emerge dagli abissi un suo rivale fuoriclasse. Immediatamente guizzano l’uno sull’altro. I loro rapidi movimenti segnano la superficie bollente del lago, e ha inizio un terribile conflitto. Ora si inabissano sul fondo ripiegati l’uno sull’altro in orribili intrecci. L’acqua si addensa e si scolora. Di nuovo si sollevano. . . . Di nuovo sprofondano.

Annie Proulx, Swamps Can Protect Against Climate Change, If We Only Let Them, The New Yorker (4/7/2022), traduzione L.V. Nella foto (CNN) un combattimento tra due alligatori in Florida (1/12/2015).

Ma non tanto da impedire ai miei vicini di schiattare di invidia

Sulla destra, dopo l’ingresso, c’era l’angolo uova, tutto foderato in piumino, con gli sfoghi per regolare l’areazione e la temperatura. Sulla sinistra, l’angolo mangime, con adeguate ripartizioni per i grani decorticati e quelli grezzi. Il piano di sopra non era altro che una lussuosa alcova con vista sul lago, impermeabilizzata e foderata di piume, erbe, lane e fiori. Tutta la struttura portante dell’edificio poggiava saldamente su rami di faggio intrecciati alla maniera dei passeri tessitori, era cementata con argilla e saliva, come fanno le rondini, ed era rifinita con sterco secco. Avevo mimetizzato le pareti esterne con un’edera profumata, quel poco che bastava per nasconderle all’occhio dei predatori, ma non tanto da impedire ai miei vicini di schiattare di invidia.

Alessandro Boffa, Sei una bestia, Viskovitz, Quodlibet (2021)

C’era troppa neve per guidare

Per farsi vaccinare contro il coronavirus alla fine della settimana scorsa, Frances H. Goldman, di 90 anni, ha fatto qualcosa di incredibile: più di nove chilometri a piedi.
C’era troppa neve per guidare alle 8 di mattina di domenica, così la signora Goldman ha tirato fuori i suoi bastoncini da trekking, ha dato una spolverata agli scarponcini per la neve e si è messa in cammino dalla sua casa di Seattle, nel quartiere di View Ridge. Si è diretta verso il sentiero Burke-Gilman, ai confini della città, dove si è fatta strada lungo una serie di vecchi binari, in direzione sud. Poi ha attraversato le strade residenziali di Laurelhurst per raggiungere il Seattle Children’s Hospital.
È stata una passeggiata tranquilla, ha detto la signora Goldman. Ha incontrato poche persone e ha intravisto il lago Washington attraverso la neve che cadeva. Sarebbe stato più difficile, ha detto, se non si fosse fatta sostituire un’anca l’anno scorso.
All’ospedale, a quasi cinque chilometri e a un’ora da casa, ha ricevuto il vaccino. Poi si è rivestita per bene ed è tornata indietro per la strada da cui era venuta.

Jacey Fortin, Woman, 90, Walked Six Miles in the Snow for a Vaccine, The New York Times (18/2/2021). Nella foto (traillink.com) il sentiero Burke-Gilman a Seattle.

Buffalo, New York

Bos_gaurusGli animali prendono il sale di cui hanno bisogno da sorgenti di acqua salata, acqua salmastra, salgemma o da qualsiasi sale naturale che possa essere leccato. Terreni ricchi di sale si trovano in tutto il continente: erano spesso aree pianeggianti di diversi ettari di terra sterile, bruno-biancastra o grigiastra. Buchi profondi, grandi quasi come caverne, si formavano in seguito alle leccate costanti del bestiame. Un terreno salato alla fine di una strada, che assicurava una provvista di sale, era un luogo adatto a un insediamento e molti villaggi sono stati costruiti su terreni simili. Un terreno salato nei pressi del lago Erie aveva una strada larga scavata dai bisonti, buffaloes in inglese, e la città che vi sorse fu chiamata Buffalo, nello stato di New York.

Mark Kurlansky, Salt, Penguin (2002), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) una mandria di bisonti indiani selvaggi leccano il sale in un terreno salato.

Mary Poppins al posto di Frankenstein?

maryshelleyfrankensteinandthevilladiodati-cropMelvyn Bragg: Nell’estate del 1816 un gruppo di scrittori che tutti conosciamo, gli scrittori romantici, si trova in Svizzera. Puoi dirci come potrebbero essere stati influenzati dagli effetti dell’eruzione del 1815 del vulcano Tambora in Indonesia?
Jane Stabler: Stiamo parlando del circolo di Shelley e Byron: Lord Byron, il suo segretario personale John Polidori, Percy B. Shelley, Mary Godwin e la sua sorellastra Claire Clairmont. Si riuniscono sulla riva del lago di Ginevra con lo scopo di allontanarsi da Londra e da quello che percepiscono come un lungo, interminabile inverno. Quando arrivano a Ginevra il tempo è bello e soleggiato, ma subito dopo cambia e loro sono confinati in casa, quindi la causalità qui mi sembra molto chiara. Mary Shelley dichiara che, dovendo stare al chiuso, come ripiego si raccontano storie di fantasmi, e infine scrivono le storie che hanno inventato. Questa è la genesi di Frankenstein.
Melvyn Bragg: Quindi Frankenstein potrebbe essere in parte venuto alla luce a causa dell’eruzione di un vulcano in Indonesia? Sono affascinato da quest’idea, ci credi davvero?
Jane Stabler: Sì, penso che la causalità sia chiara. Due sono gli elementi in gioco, uno è la volontà di una donna, Claire Clairmont, che vuole incontrare di nuovo Byron, e l’altro è il tempo, che fanno riunire il gruppo sulle rive del lago di Ginevra. Se il tempo fosse stato bello e soleggiato, avrebbero trascorso più tempo in barca e in gita.
Melvyn Bragg: Avremmo avuto Mary Poppins al posto di Frankenstein?
Jane Stabler: È possibile…

Melvyn Bragg intervista Jane Stabler, Professoressa di letteratura romantica alla University of St Andrews in 1816, The Year without a Summer, In our time, BBC4 (21/4/2016), traduzione L.V. Nell’immagine (British Library) villa Diodati, la casa sul lago di Ginevra che Lord Byron aveva preso in affitto nell’estate 1816.