Scrivere richiede una certa cura

Avevo sei anni.
Prendevo in mano un foglio di carta assorbente e accarezzandolo col palmo della mano lo poggiavo dove il pennino aveva lasciato le forme ripetute, umide, leggermente rialzate delle lettere dell’alfabeto.
Quell’operazione di asciugatura era parte di un atto che altrimenti sarebbe rimasto imperfetto, insoddisfacente.
Stavo scoprendo che scrivere richiede una certa cura.

Giovanni Mariotti, Piccoli addii, Adelphi (2020). Nella foto (Wikipedia, Willem van de Poll, Nationaal Archief) Renée, figliastra del fotografo Willem Van der Poll, tampona con la carta assorbente una macchia d’inchiostro nel 1932.

Le nostre ronde serali erano spietate

Prima che col dopoguerra arrivasse il DDT, gli insetti infestavano le case — specie quelle di campagna — in misura difficile da immaginare per le generazioni successive, tanto di uomini quanto di insetti.
Tutte le sere io e mia madre perlustravamo le stanze, e il duro legno di castagno degli zoccoli destri — che temporaneamente impugnavamo combattendo in precario equilibrio sui sinistri — si abbatteva su millepiedi, forbicine, scorpioni e altre creature minuscole e senza nome, coaguli o assemblaggi di filamenti, di glassa lucente, di sangue nerastro.
Le nostre ronde serali erano spietate.
All’indomani dell’ecatombe le pareti tornavano a nereggiare.

Giovanni Mariotti, Piccoli addii, Adelphi (2020)

Con applicazione da calligrafe

Comportavano una riga, cioè una cucitura: la tecnologia tessile non era ancora in grado di farne a meno.
Per l’osservatore attento delle gambe femminili la riga costituiva una certificazione: se c’era, c’era anche la calza; altrimenti non c’era.
Vero, in linea di principio; ma, sopraggiunta la guerra, procurarsi quel simboli di raffinatezza diventò difficoltoso e ci furono donne che ebbero l’idea di usare un pennellino per dipingere, con applicazione da calligrafe, la cucitura della calza sulla gamba nuda.

Giovanni Mariotti, Piccoli addii, Adelphi (2020). Nella foto (Rare Historical Photos) una donna si fa disegnare una riga sulle gambe negli anni Quaranta.

Sembravano nutrire l’ambizione di essere nulla

Nate in America negli anni Venti, in poco tempo conquistarono il mondo; non solo in città, anche in campagna le donne le desideravano.
Era la prima volta che tra i contadini — dove da sempre il prestigio era riservato al Pesante, al Ruvido, al Grezzo — si aspirava a qualcosa di così leggero, di così prossimo all’immaterialità.
Quelle calze erano cose ma sembravano nutrire l’ambizione di essere nulla; e più erano trasparenti — o, come si diceva, invisibili – più erano oggetto di desiderio.

Giovanni Mariotti, Piccoli addii, Adelphi (2020). Nella foto (Wikipedia, Boris Karmi, Biblioteca nazionale di Israele, The Pritzker Family National Photography Collection) una donna nelle forze di difesa israeliane osserva un paio di calze collant (1950).