Hanno trasformato Londra in una mecca per reprobi danarosi

Londra è così bella che è facile dimenticare che gran parte di essa è stata costruita grazie alle razzie imperiali. Questa dissonanza, tra la patina di raffinatezza e le forze sinistre che pulsano sotto la sua superficie, è diventata particolarmente acuta negli ultimi decenni, quando il Regno Unito, spogliato del proprio impero, ha trovato un nuovo ruolo come base capace e spaziosa per i cleptocrati globali. Nel recente libro dal titolo “Butler to the World: How Britain Helps the World’s peggior People Launder Money, Commit Crimes, and Get Away with Anything”, Oliver Bullough spiega che una combinazione di fattori, tra cui una regolamentazione permissiva, una debole applicazione delle leggi, norme sulla diffamazione favorevoli ai querelanti, contabili discreti, avvocati senza scrupoli, immobili di lusso e scuole di antica reputazione, hanno trasformato Londra in una mecca per reprobi danarosi: una moderna Casablanca. Il mercato immobiliare londinese offre innumerevoli opportunità a chi cerca di parcheggiare una losca fortuna. Fate una passeggiata a Belgravia o a Regent’s Park e noterete che molte delle abitazioni multimilionarie non sono abitate e hanno le persiane abbassate. Qui c’è una cassetta di sicurezza per un magnate di un settore turbolento; lì una polizza assicurativa per un corrotto ministro delle miniere. Londra è la capitale delle facciate immacolate, spesso dipinte in colori che vanno dalla crema all’avorio ad altre tinte da torta nuziale; l’estetica dominante della città è letteralmente quella del candeggio. Come affermato in un rapporto del 2021 del “think tank” britannico Chatham House, il Regno Unito è una “casa accogliente per il denaro sporco”.

Patrick Radden Keefe, A Teen’s Fatal Plunge Into the London Underworld, The New Yorker (5/2/2024). Nella foto (Wikipedia, Paul Farmer) una piazza del quartiere Belgravia a Londra.

Questa combinazione di immortalità e replicabilità

Se rimanesse un’attività di ricerca scientifica, un’A.I. mortale potrebbe portarci più vicini a una replica del nostro cervello. Ma Hinton è arrivato a pensare, con rammarico, che l’intelligenza digitale potrebbe essere più potente. Nell’intelligenza analogica, “se il cervello muore, muore anche la conoscenza”, ha detto. Nell’intelligenza digitale, invece, “se un particolare computer muore, le forze delle sue connessioni possono essere utilizzate su qualsiasi altro computer. E anche se dovessero morire tutti i computer, una volta immagazzinate da qualche parte tutte le forze delle connessioni, basterebbe creare un altro computer digitale ed eseguirle. Diecimila reti neurali possono imparare diecimila cose diverse contemporaneamente, e poi condividere ciò che hanno imparato”. Secondo Hinton, questa combinazione di immortalità e replicabilità ci dice che “dovremmo preoccuparci che l’intelligenza digitale prenda il posto dell’intelligenza biologica”.

Joshua Rothman, Why the Godfather of A.I. Fears What He’s Built, The New Yorker (20/11/2023), traduzione L.V. Nel disegno (Wikipedia) un’immagine simbolica dell’intelligenza artificiale.

Come fermare l’ascensore

Per un periodo aveva frequentato la High School for Industrial Arts di Manhattan (oggi High School of Art and Design), senza però diplomarsi. Dopo avere lasciato la scuola, aveva trovato lavoro come fattorino all’Associated Press, in una lavanderia e come addetto agli ascensori.
“Non riuscivo a capire come fermare l’ascensore nel punto giusto”, aveva ricordato. “Finiva che le persone dovevano strisciare fuori tra un piano e l’altro.”
Di notte si esibiva in spettacoli di dilettanti e lavorava come cameriere cantante. Aveva appena iniziato a farsi pagare come cantante, usando il nome d’arte Joe Bari, quando fu arruolato.
Era arrivato in Europa verso la fine della Seconda guerra mondiale, prestando servizio in Germania nella fanteria. Era stato per un po’ in prima linea, un’esperienza che aveva descritto come “un posto in prima fila all’inferno”, ed era stato tra le truppe che avevano liberato i prigionieri del campo di concentramento di Landsberg, un sottocampo di Dachau.
Dopo la resa della Germania, Tony Bennett era stato assegnato alle forze di occupazione, nei servizi speciali, dove era finito a cantare insieme alle bande dell’esercito. A un certo punto era anche apparso, nel teatro dell’opera di Wiesbaden, in una versione raffazzonata del musical “On the Town” – diretto da Arthur Penn, che sarebbe poi stato il regista di “Bonnie and Clyde” e altri film importanti.

Bruce Weber, Tony Bennett, Champion of the Great American Songbook, Is Dead at 96, The New York Times (21/7/2023), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) Tony Bennett.

Ed è terrificante

Continuo a credere che la concentrazione della ricchezza al vertice stia minando la democrazia. Ma non è una semplice faccenda di governo plutocratico. È, piuttosto, una vicenda in cui i tentativi dei super ricchi di ottenere ciò che vogliono hanno scatenato forze che potrebbero distruggere l’America così come la conosciamo. Ed è terrificante.

Paul Krugman, Plutocratic Power and Its Perils, The New York Times (17/4/2022), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) Paul Krugman.

La propria cultura della scorta

imageOgni volta che un dignitario americano visitava il Regno Unito, le forze di sicurezza dei due Paesi avevano sempre la medesima discussione sul metodo. “Potremmo portare la regina all’ora di punta a Oxford Street in una anonima Ford Cortina e nessuno verrebbe a sapere che è passata di lì”, dicevano. “Con gli Yankee è tutto un suonare di sirene. Ma hanno perso un presidente, no? E sono andati vicini a perderne un altro. Ogni Paese, avrebbe scoperto, aveva il proprio modo di fare le cose, la propria “cultura della scorta”. Negli anni a venire avrebbe sperimentato non solo il pesante sistema degli agenti americani, ma anche l’inquietante comportamento dei RAID francesi. RAID stava per “Recherche Assistance Intervention Dissuasion”. Dissuasione, per descrivere come i ragazzi dei RAID svolgevano il loro lavoro, era a dir poco un eufemismo. Ai loro cugini italiani piaceva guidare a tutta velocità nel traffico urbano con i clacson a tutto volume e le armi che spuntavano dai finestrini.

Salman Rushdie, Joseph Anton, Vintage (2013), traduzione L.V.

In una delle incongruità della guerra

Mentre l’attenzione sulla potenziale invasione da parte della Russia è focalizzata a est, dove le truppe sono ammassate e le ostilità sono quotidiane, la traiettoria più breve dalla Russia a Kiev, la capitale dell’Ucraina, passa da nord. E passa attraverso la zona isolata che circonda la centrale di Černobyl, dove nel 1986 la fusione di un reattore causò il peggior disastro nucleare della storia.
In una delle incongruità della guerra, ciò fa di Černobyl un’area che l’Ucraina pensa di dover difendere, costringendo i propri militari a dispiegare forze di sicurezza nell’inquietante foresta ancora radioattiva, dove i soldati portano su di sé sia le armi sia i dispositivi per rilevare l’esposizione alle radiazioni.
“Non importa se l’area è contaminata o se nessuno vive qui”, ha detto il tenente colonnello Jurij Šachraičuk del servizio di guardia di frontiera ucraino. “È il nostro territorio, il nostro Paese, e dobbiamo difenderlo”.

Andrew E. Kramer, Defend Chernobyl During an Invasion? Why Bother, Some Ukrainians Ask, The New York Times (22/1/2022), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) una casa nei pressi di Pryp”jat’, abbandonata dopo il disastro di Černobyl’.

Molti di questi stenti non dovrebbero proprio esistere

2020_05_18Il racconto di un alunno di terza media che ha raccolto dei soldi per eliminare il debito della retta della mensa accumulato dai suoi compagni di classe, o l’articolo su una dipendente della FedEx che ogni giorno camminava per quasi 20 chilometri per andare al lavoro e 20 per tornare, fin quando i suoi colleghi non hanno fatto una colletta per comprarle un’auto. Notizie di questo genere vengono presentate come qualcosa di toccante, che scalda il cuore, ma in realtà mostrano le devastazioni delle disuguaglianze prodotte dal capitalismo negli Stati Uniti. Il modo in cui le persone uniscono le forze per superare gli stenti ci può commuovere al punto da farci perdere di vista il fatto che molti di questi stenti non dovrebbero proprio esistere.

Jia Tolentino, What Mutual Aid Can Do During a Pandemic, The New Yorker (18/5/2020), traduzione L.V.