L’equivalente moderno del privilegio di classe feudale

Alcuni filosofi politici moderni hanno ritenuto perlopiù ingiustificabili le limitazioni estreme alle possibilità delle persone di migrare. Joseph Carens, forse il più eminente studioso di etica contemporanea dell’immigrazione, è un convinto sostenitore delle frontiere aperte. “Per molti aspetti la cittadinanza in una delle democrazie occidentali è l’equivalente moderno del privilegio di classe feudale, uno status ereditario che aumenta notevolmente le possibilità di vita”, ha scritto Carens. Se tutti gli esseri umani hanno lo stesso valore morale, come può essere equo lasciare che il colpo di fortuna (o sfortuna) del luogo di nascita determini in una misura così estrema le opportunità?

Idrees Kahloon, Economists Love Immigration. Why Do So Many Americans Hate It?, The New Yorker (12/6/2023), traduzione L.V. Nella foto (University of Toronto) Joseph Carens.

Spionaggio a scopo di lucro

Il campo dell’intelligenza artificiale, fondato negli anni Cinquanta, ha inizialmente tentato di setacciare i dati al fine di identificare le regole con cui gli esseri umani ragionano. L’approccio si è però scontrato contro un muro, in un momento noto come “collo di bottiglia dell’acquisizione della conoscenza”. La svolta è arrivata con i progressi nella potenza di calcolo e con l’idea di utilizzare i vasti archivi di dati che per decenni si erano accumulati nel mondo sia governativo sia industriale, al fine di insegnare alle macchine a insegnare a se stesse come rilevare pattern o andamenti: macchine e apprendimento. “Le spie hanno aperto la strada alla memorizzazione e conservazione di dati su larga scala”, scrivono Chris Wiggins e Matthew L. Jones, ma “a partire dai dati dei sistemi di prenotazione delle compagnie aeree negli anni Sessanta, l’industria ha iniziato ad accumulare dati sui propri clienti con un’accelerazione crescente”, raccogliendo di tutto, dalle transazioni con carte di credito ai noleggi d’auto ai prestiti e alle restituzioni di libri registrati dalle biblioteche. Nel 1962 John Tukey, un matematico dei Bell Labs, aveva esortato a sviluppare un nuovo approccio, che aveva denominato “analisi dei dati”, l’antenato dell’odierna “scienza dei dati”. Le origini sono dunque nel lavoro di intelligence e nella spinta ad anticipare i sovietici. Che cosa hanno prodotto in seguito? Che Netflix possa prevedere che cosa volete guardare, che Google sappia quali siti offrirvi: questi miracoli sono il risultato di strumenti sviluppati dalle spie durante la Guerra Fredda. Il commercio nel ventunesimo secolo è spionaggio a scopo di lucro.

Jill Lepore, The data delusion, The New Yorker (27/3/2023), traduzione L.V. Nella foto (Harvard University) Jill Lepore. Nella foto (Wikipedia) John Tukey.

Nel mentre la vecchia testa cade

Dal punto di vista di un bruco, gli esseri umani sono noiosi. I piccoli che tiriamo fuori dai nostri corpi sono solo versioni in miniatura di noi stessi, con tutti gli arti e le appendici che avranno per tutta la vita. Man mano che maturano, i bambini diventano più grandi, più forti e più pelosi, ma questo è quanto.
I bruchi, dal canto loro, si reinventano continuamente. Emergono da minuscole uova che hanno l’aspetto di piccoli gioielli, e di cui spesso mangiano l’involucro quale primo pasto. Una volta raggiunta una certa dimensione, gli spunta una seconda testa subito dietro la prima. Quindi si liberano dalla loro vecchia pelle, come un subacqueo che esce da una muta. (Nel mentre la vecchia testa cade). Nel corso dello sviluppo passeranno attraverso questa sequenza tre o quattro volte, sedici volte in alcune specie, spesso provando un nuovo look strada facendo. Per esempio, il bruco della farfalla dalle nuvole verdi (Papilio troilus), che si trova in tutti gli Stati Uniti orientali, quando emerge dal proprio uovo ha un aspetto screziato di bianco e nero. Questa combinazione di colori permette al bruco di spacciarsi per guano di uccello. Dopo la terza muta, per la cosiddetta quarta crisalide, diventa verde (o marrone), con due macchie gialle e nere sulla testa. Le macchie, che sono stranamente simili a un paio di occhi, consentono al bruco della farfalla dalle nuvole verdi di fingere di essere un serpente.

Elizabeth Kolbert, The Little-Known World of Caterpillars, The New Yorker (20/3/2023), traduzione L.V. Nella foto (Entomology and Nematology, University of Florida) la quarta crisalide di un esemplare di Papilio troilus.

Inutile oltre che crudele

Le aziende di molti settori diversi sostengono che una comunicazione tramite email è l’unico modo efficiente di licenziare contemporaneamente molti dipendenti. Dicono che informare di persona i lavoratori è troppo complicato, e troppo rischioso, poiché le persone potrebbero utilizzare il proprio accesso ai sistemi interni per compiere atti di sabotaggio. (Le email di licenziamento vengono spesso inviate all’indirizzo di posta elettronica personale dei dipendenti; quando la leggono sono già stati interdetti da tutte le piattaforme del proprio datore di lavoro).
Avendo gestito il personale di redazioni e start-up digitali e avendo assunto e licenziato numerose persone a vario titolo negli ultimi 21 anni, penso che questo approccio sia inutile oltre che crudele. È ragionevole bloccare l’accesso ai sistemi aziendali, ma dare la notizia senza alcun contatto umano e di persona ha un solo scopo: tenere i manager fuori dai guai. Ciò infatti permette loro di evitare di assistere allo shock e alla devastazione che le persone provano quando perdono i propri mezzi di sussistenza. Consente inoltre ai manager di non dover incassare critiche alla scarsa capacità di leadership che ha portato tutti quanti a quel punto.
Legalmente le aziende hanno ampia possibilità di rivalsa se i lavoratori licenziati rubano segreti industriali o sabotano i sistemi aziendali, e i dipendenti che hanno bisogno di trovare un nuovo lavoro, per quanto possano essere sconvolti, hanno pochi incentivi a comportarsi in modo criminale. In ogni caso le preoccupazioni sui possibili danni non dovrebbero precludere che i dipendenti siano trattati come esseri umani.

Elizabeth Spiers, Layoffs by Email Show What Employers Really Think of Their Workers, The New York Times (29/1/2023), traduzione L.V. Nella foto (Wikimedia) un uomo mette le proprie cose in una scatola mentre lascia il lavoro.

Un decimo dell’acqua contenuta nel Lago di Garda

Due atomi di idrogeno e uno d’ossigeno (H2O): è la formula molecolare dell’acqua, un liquido inodore e insapore che ricopre più di due terzi della superficie del pianeta.
E sai quanta ne usano gli esseri umani ogni giorno? La rete idrica italiana eroga ogni giorno circa 428 litri di acqua potabile per abitante. A livello nazionale fanno quasi 5 mila miliardi di litri all’anno, cioè un decimo dell’acqua contenuta nel lago di Garda.

Letto al Museo della Chimica, Settimo Torinese (12/11/22). Nella foto (Wikipedia) il Lago di Garda in una foto satellitare.

Orecchie molto più grandi

I ricercatori hanno diviso il nucleo facciale in regioni di neuroni che controllano le orecchie, le labbra e la proboscide dell’elefante. Gli elefanti africani hanno ben 63.000 neuroni facciali, mentre i loro cugini asiatici ne hanno 54.000. Gli unici mammiferi che ne hanno di più sono i delfini, con quasi 90.000 neuroni facciali concentrati nei loro musi sensibili.
I ricercatori si aspettavano che sia gli elefanti della savana africana sia quelli asiatici possedessero enormi riserve di neuroni facciali, ma il dottor Brecht ha affermato che la discrepanza tra le due specie è degna di nota.
Sebbene gli animali sembrino simili, hanno grandi differenze facciali. Gli elefanti africani hanno orecchie molto più grandi, che si aprono a ventaglio quando caricano. I ricercatori hanno trovato una correlazione neurologica: gli elefanti africani dedicano circa 12.000 neuroni facciali al controllo delle sole orecchie. Il confronto fa impallidire non solo la quantità di neuroni necessari a controllare le orecchie degli elefanti asiatici, ma anche il fatto che gli esseri umani, con 3000 neuroni in meno, facciano funzionare l’intero volto.

Jack Tamisiea, It Takes a Lot of Elephant Brains to Solve This Mystery, The New York Times (27/10/2022), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) le orecchie di un elefante africano.

Com’è per un pipistrello essere un pipistrello

La versione più famosa di questa domanda si trova nel saggio “What it is like to be a bat?”, pubblicato nel 1974 dal filosofo Thomas Nagel. I pipistrelli sono sufficientemente imparentati con gli esseri umani, aveva osservato Nagel, perché noi li riteniamo capaci di ciò che chiameremmo esperienza. Ma come possiamo entrare nelle loro testoline pelose? La difficoltà non sta solo nel fatto che non possono parlare. È che il loro Umwelt ci è completamente estraneo.
Si potrebbe provare a immaginare, aveva scritto Nagel, “di avere una vista molto scarsa e di percepire il mondo circostante tramite un sistema di segnali sonori riflessi ad alta frequenza”, o di “avere del tessuto attaccato alle braccia, che ci consente di svolazzare all’alba e al tramonto per acchiappare insetti con la bocca”. Ma questo non ci aiuterebbe molto.
“Ma se io voglio sapere com’è per un pipistrello essere un pipistrello”, aveva provato a insistere Nagel, “appena provo a immaginarlo, mi ritrovo limitato dalle risorse della mia mente, che sono inadeguate”. La domanda “Com’è essere un pipistrello?”, aveva concluso, è una domanda a cui le persone non potranno mai rispondere perché va “oltre la nostra capacità di pensare e immaginare”.

Elizabeth Kolbert, The Strange and Secret Ways That Animals Perceive the World, The New Yorker (13/6/22), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) Thomas Nagel.

Per due ragioni

Gli esseri umani hanno cervelli più grandi degli scimpanzé per due ragioni. In primo luogo abbiamo un tasso più rapido di crescita del cervello; aggiungiamo semplicemente più tessuto cerebrale per ogni anno di maturazione. In secondo luogo il nostro cervello cresce più a lungo, raggiungendo il volume completo all’età di sette o otto anni rispetto ai tre o quattro degli scimpanzé.

Jeremy DeSilva, First Steps, HarperCollins (2021), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) due giovani scimpanzé.

Crescere e riprodursi velocemente mentre si è ancora vivi

Negli animali sottoposti a forte pressione predatoria, la selezione naturale favorisce un rapido sviluppo. L’idea è crescere e riprodursi velocemente mentre si è ancora vivi. Solo gli animali che sono raramente predati – elefanti, balene e moderni esseri umani – possono permettersi una crescita rallentata e una lunga infanzia. La lenta crescita del cervello negli Australopithecus indica che i nostri antenati ominidi avevano sviluppato una protezione, probabilmente sociale, contro la predazione. Ci siamo presi cura gli uni degli altri.

Jeremy DeSilva, First Steps, HarperCollins (2021), traduzione L.V.

Da allora hanno vagato per la Terra

Secondo l’antico statista greco Alcibiade, gli esseri umani avevano quattro gambe, quattro braccia e due facce. Erano arroganti e pericolosi: una chiara minaccia per gli dei. Questo preoccupò Zeus, che prese in considerazione l’idea di distruggere gli umani con dei fulmini, come lui e gli dei dell’Olimpo avevano fatto con i Titani. Ma escogitò piuttosto un piano ingegnoso. Li divise a metà. Con soltanto due gambe, due braccia e una faccia, gli esseri umani non sarebbero più stati così minacciosi. Apollo ricucì questi esseri divisi e fece loro un nodo all’ombelico. Da allora hanno vagato per la Terra alla ricerca della loro metà, la loro anima gemella.

Jeremy DeSilva, First Steps, HarperCollins (2021), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) François-André Vincent, Alcibiade riceve gli insegnamenti da Socrate (dettaglio, 1776).