Un numero maggiore di ragazze provenienti da contesti tradizionali e da zone rurali è entrato nel sistema educativo. I loro genitori, che le avevano tenute lontane dalla scuola durante l’era dello Scià, in una società islamica si sono sentiti a proprio agio a permettere loro di ricevere un’istruzione. Secondo la Banca Mondiale, le iscrizioni femminili alle università sono balzate dal 3% nel 1977 al 67% nel 2015. Molte di queste donne hanno lasciato la propria casa per studiare in città lontane, dove hanno sviluppato nuovi valori e visioni del mondo, per poi scoprire che poco altro stava cambiando in Iran. Le donne istruite e altamente qualificate hanno lottato per assicurarsi posti di lavoro che corrispondessero alle loro nuove competenze. Gran parte dell’Iran è rimasto però fedele a un sistema patriarcale, in cui gli uomini spesso chiedevano che le loro mogli non lavorassero affatto. “La Repubblica Islamica ha inavvertitamente creato una popolazione femminile che oggi in Iran esiste come risposta e reazione alle sue stesse politiche”, mi ha detto Narges Bajoghli, professoressa di studi sul Medio Oriente presso la School of Advanced International Studies dell’Università Johns Hopkins a Baltimora. “Stanno rivendicando i loro diritti secondo le modalità che hanno imparato nelle scuole e nell’atmosfera della Repubblica islamica, ed è per questo che lo Stato ha così tante difficoltà a reprimerle”.
Azadeh Moaveni, The Protests Inside Iran’s Girls’ Schools, The New Yorker (14/8/2023). Nella foto (Johns Hopkins University) Narges Bajoghli.