Le nostre ronde serali erano spietate

Prima che col dopoguerra arrivasse il DDT, gli insetti infestavano le case — specie quelle di campagna — in misura difficile da immaginare per le generazioni successive, tanto di uomini quanto di insetti.
Tutte le sere io e mia madre perlustravamo le stanze, e il duro legno di castagno degli zoccoli destri — che temporaneamente impugnavamo combattendo in precario equilibrio sui sinistri — si abbatteva su millepiedi, forbicine, scorpioni e altre creature minuscole e senza nome, coaguli o assemblaggi di filamenti, di glassa lucente, di sangue nerastro.
Le nostre ronde serali erano spietate.
All’indomani dell’ecatombe le pareti tornavano a nereggiare.

Giovanni Mariotti, Piccoli addii, Adelphi (2020)

La fede nel dualismo

Lo psicologo Paul Bloom, nel libro dal titolo Descartes’ Baby, si spinge fino a suggerire che siamo effettivamente nati per essere dei dualisti filosofici, come lo era lo stesso Cartesio, e per credere che la mente sia separata dal corpo. Il dualismo, suggerisce Bloom, è innato.
Questo non vuole ovviamente dire che le nostre menti siano separate dai nostri corpi: è solo che siamo predisposti a crederlo. È davvero difficile convincere la maggior parte delle persone, eccetto noi baldi psicologi e materialisti neuroscienziati, che siamo semplicemente creature di carne e ossa, con processi fisici all’interno delle nostre teste che dettano i nostri pensieri e le nostre azioni. La fede nel dualismo, ossia l’idea che la mente possa sfuggire al corpo e ai vincoli del mondo fisico, è del resto un aspetto del pensiero errante.

Michael C. Corballis, The Wandering Mind, The University of Chicago Press (2015), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia, no Fronteiras do Pensamento) Paul Bloom.

Hanno un debole per le carote

I lombrichi non possiedono orecchie e hanno una rudimentale capacità di sentire. Charles Darwin li ha studiati a lungo prima di diventare famoso con la pubblicazione di L’origine delle specie ed è poi tornato a occuparsi di questi animali in età avanzata, come un vecchio innamorato un po’ infedele. Darwin aveva riconosciuto l’immenso ruolo svolto da queste umili creature sotterranee nel dare forma e struttura all’ambiente, e del comprenderli un po’ meglio aveva fatto la sua missione. Le sue domande erano vaste; aveva per esempio scoperto che i vermi non amano il formaggio, ma hanno un debole per le carote – buono a sapersi se avete intenzione di invitarne qualcuno per il fine settimana. Aveva anche calcolato che intorno a Down House, la sua casa non lontano da Londra, c’erano qualcosa come tredici lombrichi per ogni metro quadrato di terreno. Ma è quando ha iniziato le indagini sui sensi dei vermi che ha davvero mollato ogni freno. Ne ha portati dentro casa a migliaia, conservandoli in vasi posti sul tavolo da biliardo per poterli studiare da vicino, dando libero sfogo alla sua immaginazione. Ha fatto lampeggiare su di loro lanterne, ha convinto sua figlia a strillare ai vermi, e suo figlio a suonare per loro il fagotto. Ha soffiato su di loro del fumo e ha persino fatto esplodere dei piccoli fuochi d’artificio per attirare la loro attenzione. A parte un’avversione per la luce, i vermi hanno mantenuto per tutto il tempo il loro sangue freddo.

Ashley Ward, Sensational, Profile Books (2023), traduzione L.V. Nella foto (L.V.) la casa e il giardino di Darwin a Downe, vicino a Londra.

Possono vivere finché è vivo il loro ospite

In uno dei passaggi più fantasiosi, gli autori immaginano l’infezione di una balena attraverso gli occhi di Giona, che, secondo la Bibbia ebraica, sarebbe stato inghiottito da un “pesce grosso”, nei secoli interpretato come una balena. L’esperienza sarebbe stata tutt’altro che solitaria, a quanto pare: “Le prime creature incontrate da Giona nell’intestino della balena sarebbero state decine di migliaia di vermi nematodi relativamente piccoli. In seguito potrebbe essersi imbattuto nella tenia lunga 30 metri, nota come Tetragonoporus calyptocephalus”. Il punto è, ovviamente, il fatto che è impossibile immaginare che un essere umano possa sopravvivere in tali condizioni. Le tenie, che a differenza nostra hanno bisogno di pochissimo ossigeno, sono perfettamente adattate alla loro nicchia ecologica. Giona ha avuto la fortuna di essere sputato fuori dopo tre giorni, mentre qualsiasi tenia avrebbe potuto trascorrere tranquillamente tutta la propria esistenza all’interno della balena. In effetti, notano gli autori, le tenie non hanno limiti interni alla durata della vita: possono vivere finché è vivo il loro ospite.

Jerome Groopman, In Praise of Parasites?, The New Yorker (12/12/2022), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) Giona e la balena nella chiesa di Hvidbjerg, vicino a Struer, in Danimarca.

Metabolizzare cibi grassi e arachidi rancide

Le creature sinantropiche sono la piccola minoranza di animali selvatici – non bestiame di allevamento né animali domestici – che si è adattata a prosperare nei luoghi che piacciono a noi umani e che continuiamo a edificare. I piccioni di città – discendenti degli omonimi selvatici che si appollaiano su ripide pareti rocciose – sono un buon esempio. Dopo che i piccioni sono stati in parte addomesticati per essere usati come cibo e come messaggeri, hanno imparato a nidificare nelle fessure degli edifici e a mangiare la nostra spazzatura, e numerosi hanno seguito i nostri grattacieli verso l’alto. Altri esempi noti includono gli opossum, i coyote, i procioni, i ratti, i tacchini selvatici, le oche del Canadà e i corvi. Alcuni ricercatori hanno osservato che questi ultimi sfruttano le auto per rompere le noci, cronometrando il tempo di arresto tra il rosso e il verde dei semafori per far scivolare le noci stesse sotto le gomme. Altri uccelli hanno imparato a rivestire i loro nidi con i mozziconi di sigaretta, la cui nicotina residua tiene lontani i parassiti. Alcune popolazioni urbane sembrano evolversi attivamente in modo da vivere negli habitat che stiamo creando. Un esempio sono le lucertole, le cui zampe stanno diventando sempre più adesive, facilitando le arrampicate su vetro e cemento anziché sugli alberi. I topi di Central Park hanno sviluppato geni che consentono loro di metabolizzare cibi grassi e arachidi rancide; i puma che vivono vicino all’agglomerato extraurbano di Seattle hanno sostituito gli ungulati, che erano le loro prede, con i ratti, gli opossum e i procioni. Gli studi hanno dimostrato che molte creature sinantropiche hanno effettivamente maggiore successo nei paesaggi urbani e suburbani, rispetto agli ambienti selvatici, raggiungendo densità superiori di popolazione e raggiungendo maggiori dimensioni corporee.

Brooke Jarvis, Deer Wars and Death Threats, The New Yorker (15/11/2021). Nella foto (Wikipedia) una lucertola muraiola.

Le creature incapaci siamo noi, naturalmente

Trecento anni fa ne sapevamo così poco che uno studioso inglese ipotizzò in tutta serietà che le cicogne trascorressero i loro inverni sulla luna. Trent’anni fa un branco di elefanti africani, i più grandi mammiferi terrestri sulla terra, poteva ancora inscenare una sparizione annuale, attraversando i confini di un parco nazionale a ogni stagione delle piogge e svanendo in parti di esso sconosciute. Negli ultimi decenni, tuttavia, la tracciabilità degli animali, come del resto di così tanto della vita, è stato rivoluzionato da tecnologie come i satelliti, le foto-trappole, i droni e il sequenziamento del DNA. Oggi abbiamo dispositivi di geolocalizzazione sufficientemente leggeri da poter essere trasportati dalle farfalle monarca; possiamo perfino tracciare quei dispositivi dalla Stazione spaziale internazionale. Nel frattempo la ricerca sugli spostamenti degli animali ha acquisito decine di migliaia di nuovi collaboratori amatoriali che caricano miliardi di rilevamenti e osservazioni tramite telefoni cellulari e computer portatili. È anche arrivata […] una piena di nuovi libri sui progressi della ricerca sulla navigazione degli animali.
Da questi libri emergono principalmente due cose, una intrigante, l’altra tragica. La prima è che, sebbene oggi abbiamo un’idea più chiara di dove vanno gli animali, abbiamo ancora molto da imparare su come trovino la loro strada. La seconda è che le creature che sono verosimilmente i peggiori navigatori del pianeta hanno continuamente ridotto le probabilità che tutti gli altri arrivino dove devono andare, interferendo con le loro traiettorie, compromettendo le loro capacità di trovare la rotta e depredando le loro mete. Le creature incapaci siamo noi, naturalmente.

Kathryn Schulz, Why Animals Don’t Get Lost, The New Yorker (5/4/2021), traduzione L.V.

Dopo l’accoppiamento le femmine spengono la luce

Le luci intorno a me sono lucciole, Lampyris noctulica, animali che hanno del sublime e del ridicolo: per metà allusioni di una remota distanza stellare e per metà coleotteri dimenanti e vagabondi.
Solo le lucciole femmine brillano. Non possono mangiare, né bere né volare. Trascorrono le giornate rintanate nella profondità degli steli e sotto i detriti, ed emergono solo dopo il crepuscolo, quando la luce scende a circa 0,1 lux, arrampicandosi sugli steli delle piante e illuminandosi per attirare i più piccoli maschi alati. Dopo l’accoppiamento le femmine spengono la luce, depongono da cinquanta a cento uova e muoiono. Le loro vite adulte sono brevi e fatte di luce, ma nei due anni precedenti, passati sotto forma di larve, sono creature di macabra oscurità, che usano le proprie proboscidi per iniettare neurotossine paralizzanti e dissolventi nelle lumache prima di risucchiarle come una zuppa.

Helen Macdonald, Vesper Flights, Jonathan Cape (2020), traduzione L.V.

I conigli occupano uno spazio liminale

Jersey-Wooly-Rabbit-BreedNell’universo delle relazioni tra esseri umani e altri animali, i conigli occupano uno spazio liminale. Sono le uniche creature che teniamo regolarmente come animali domestici nelle nostre case e che mangiamo o indossiamo altrettanto regolarmente. Rientrando nelle categorie degli animali sia da compagnia sia di allevamento, per i conigli non c’è pretesa di esclusiva. Un certo numero di leggi sugli animali, in particolare, le disposizioni sui crimini di crudeltà, sono specifici per cani e gatti, ma non per i conigli. Le leggi che proteggono gli animali di allevamento, come la legge per i metodi non cruenti di macellazione, non si applicano ai conigli, nemmeno a quelli allevati per la carne, perché il Ministero dell’agricoltura statunitense ufficialmente non li riconosce come bestiame. Probabilmente non c’è nessun altro animale che sia visto in modo così diverso e apprezzato così diversamente dai propri diversi appassionati. Essere semplicemente persone appassionate di conigli non significa avere la stessa visione. Uno qualunque dei quasi ventimila membri dell’Associazione americana di allevatori di conigli può allevare un pregiato Jersey Wooly che dorme nel suo letto ed è tolettato per esibizioni di conigli come pure può tenere in gabbia centinaia di conigli che finiranno in uno stufato.

Susan Orlean, The Rabbit Outbreak, The New Yorker (6-13/7/2020), traduzione L.V. Nella foto (Rabbit Breeders) un coniglio Jersey Wooly.

Una sorta di poema epico della Terra

Robert_Hines_and_Rachel_CarsonCapovolgete una montagna a testa in giù e col tempo la cima invertita diventerà irraggiungibile; da quando esistono gli oceani, le fosse sono il punto terminale della caduta del particolato: polvere vulcanica, sabbia, ciottoli, meteoriti e «miliardi di miliardi di minuscole conchiglie e scheletri, i resti calcarei o silicei di tutte le minuscole creature che un tempo sono vissute nelle acque più in alto», aveva scritto Rachel Carson, in Il mare intorno a noi, nel 1951. «I sedimenti sono una sorta di poema epico della Terra».

Ben Taub, Thirty-six Thousand Feet Under the Sea, The New Yorker (10/5/2020), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia, National Digital Library of the United States Fish and Wildlife Service) Rachel Carson mentre conduce una ricerca in biologia marino nell’oceano Atlantico con Robert Hines (1952).

 

 

I giocatori del gioco non sapevano che erano pedine

zuboff_new_photo_Nel 2016 il gioco di realtà aumentata Pokémon Go, promosso da Google, ha testato l’economia delle azioni per le strade. I giocatori del gioco non sapevano che erano pedine nel vero gioco di modifica dei comportamenti a scopo di lucro, poiché i premi e le punizioni delle creature immaginarie coinvolte nella caccia venivano in realtà utilizzate per mandare le persone al McDonald’s, da Starbucks e nelle pizzerie locali che pagavano l’azienda per “afflusso” di clienti, esattamente allo stesso modo in cui gli inserzionisti online pagano per i “clic “sui loro siti Web.

Shoshana Zuboff, You Are Now Remotely Controlled, The New York Times (26/1/20), traduzione L.V. Nella foto (Luiss University Press) Shoshana Zuboff.