La fede nel dualismo

Lo psicologo Paul Bloom, nel libro dal titolo Descartes’ Baby, si spinge fino a suggerire che siamo effettivamente nati per essere dei dualisti filosofici, come lo era lo stesso Cartesio, e per credere che la mente sia separata dal corpo. Il dualismo, suggerisce Bloom, è innato.
Questo non vuole ovviamente dire che le nostre menti siano separate dai nostri corpi: è solo che siamo predisposti a crederlo. È davvero difficile convincere la maggior parte delle persone, eccetto noi baldi psicologi e materialisti neuroscienziati, che siamo semplicemente creature di carne e ossa, con processi fisici all’interno delle nostre teste che dettano i nostri pensieri e le nostre azioni. La fede nel dualismo, ossia l’idea che la mente possa sfuggire al corpo e ai vincoli del mondo fisico, è del resto un aspetto del pensiero errante.

Michael C. Corballis, The Wandering Mind, The University of Chicago Press (2015), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia, no Fronteiras do Pensamento) Paul Bloom.

L’agghiacciante dualità del cancro

Magro ed esile, Charles Swanton sembra un atleta. Il suo corpo elastico, che mostra un’intensità nervosa, sembra avere fatto a meno di ogni eccesso, compresi i capelli sulla testa. Nei fondamentali studi che ha svolto negli ultimi dieci anni, Swanton ha seguito la crescita di cloni cellulari in tumori umani, man mano che questi ultimi proliferavano. Il cancro, per come lui lo concepisce, è una malattia dovuta alla competizione clonale. Quali cloni diventano dominanti via via che il cancro evolve? Grazie alle sue ricerche ha potuto offrire una descrizione granulare dell’evoluzione del cancro. Un tumore di un centimetro contiene qualcosa come cento milioni di cellule. “Queste cento milioni di cellule discendono tutte da una cellula, cioè sono imparentate tra loro in maniera clonale”, ha spiegato Swanton. “Ma appena un tumore comincia a svilupparsi, contiene già una miriade di cloni distinti”.
Questa è l’agghiacciante dualità del cancro: ogni singolo cancro proviene da una singola cellula, eppure ogni cancro contiene migliaia di cloni che evolvono nel tempo e nello spazio. Trattare o guarire un cancro richiede di affrontare questo incredibile livello di diversità genetica. È una guerra dei cloni. E la rilevanza clinica è evidente. I cloni che sviluppano mutazioni che conferiscono resistenza alle terapie antitumorali, sono quelli che prosperano e formano metastasi. “Non è sempre possibile stare al passo con tutti quei cloni”, ha osservato Swanton, sottolineando l’importanza di cercare di prevenire prima di tutto la formazione di tumori.

Siddhartha Mukherjee, All the Carcinogens We Cannot See, The New Yorker (18/12/2023), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia, Duncan Hull, The Royal Society) Charles Swanton.

Favoriscono quelle maschili

Le ricerche sulla salute femminile sono da sempre sottofinanziate. La maggior parte dei contraccettivi e dei trattamenti per la fertilità sono stati sviluppati nel secolo scorso, e a partire dagli anni Ottanta c’è stata poca innovazione. La ricerca sulla salute riproduttiva è stata ulteriormente ostacolata dalle controversie politiche sull’aborto, la contraccezione, i tessuti fetali e gli embrioni considerati al pari di “persone”. Fino al 1993 la legge non imponeva che le donne dovessero essere incluse nelle ricerche cliniche sostenute dal governo, e molti farmaci e dosaggi sono ancora oggi ottimizzati per il corpo maschile. I risultati di uno studio dal titolo “Gender Disparity in the Funding of Diseases by the U.S. National Institutes of Health”, pubblicati nel 2021 sul Journal of Women’s Health, hanno mostrato che “in quasi tre quarti dei casi di malattie che colpiscono principalmente uno dei due generi, i finanziamenti favoriscono quelle maschili”.

Emily Witt, The Future of Fertility, The New Yorker (24/4-1/5/2023), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) la confezione di una pillola contraccettiva degli anni Settanta,

Ancora oggi una scatola nera

Gran parte della biologia dell’invecchiamento riproduttivo femminile è ancora oggi una scatola nera: Jennifer Garrison mi ha detto che non disponiamo né di un cronometro né di un segnale che ci possa indicare quando ha inizio il declino riproduttivo. Non sappiamo neppure perché l’età della menopausa abbia così tante variazioni individuali. Né abbiamo idea di che cosa implichi l’invecchiamento delle ovaie per l’invecchiamento del resto del corpo, anche se sappiamo che la menopausa precoce è associata a una più breve aspettativa di vita sia per la donna, sia per i suoi fratelli. Al momento non esiste un biomarcatore affidabile che permetta di dire a una donna quante uova le restino.

Emily Witt, The Future of Fertility, The New Yorker (24/4-1/5/2023), traduzione L.V.

Uno degli aspetti più importanti dell’obesità

Un corpo sano è in genere in grado di segnalare al cervello quando ha ricevuto cibo a sufficienza, ma a volte questo sistema di segnalazione può essere difettoso o smettere di funzionare correttamente. “Uno degli aspetti più importanti dell’obesità, che la maggior parte delle persone non capisce, è che, mentre il peso sta aumentando, vengono danneggiati i circuiti nervosi che regolano il peso stesso”, mi ha spiegato il dottor Louis J. Aronne, direttore del Comprehensive Weight Control Center presso l’ospedale Weill Cornell di New York. (Aronne, come molti altri eminenti specialisti in medicina dell’obesità, è stato consulente degli studi clinici condotti dalla Novo Nordisk). “L’ipotalamo mostra segni di infiammazione e di lesioni”, ha continuato. La teoria prevalente, mi ha spiegato, è che “troppe calorie che entrano troppo velocemente danneggiano i nervi che rispondono agli ormoni che controllano il peso corporeo”. Uno di questi ormoni è la leptina, che viene prodotta nel grasso corporeo e che segnala al cervello che è ora di smettere di mangiare. Se però uno ingrassa, l’eccesso di leptina può causare una desensibilizzazione del corpo, facendo credere erroneamente al cervello che stia morendo di fame. “Il corpo cerca di riequilibrare il sistema rallentando il metabolismo e aumentando l’appetito”, ha detto Aronne. Dopo che una persona è ingrassata a sufficienza da entrare in questo ciclo di deviazioni metaboliche, diventa quasi impossibile perdere quel peso e mantenersi stabili a lungo termine solo con la dieta e l’esercizio fisico. (Ci riesce solo il cinque per cento circa delle persone).

Jia Tolentino, Will the Ozempic Era Change How We Think About Being Fat and Being Thin?, The New Yorker (27/3/2022). Nella foto (Weill Cornell) il dottor Louis J. Aronne.

Cambiarono strada

Furono prese le disposizioni necessarie perché il corpo fosse portato a Mosca. Non si sa perché, vi arrivò su un treno destinato anche al trasporto delle ostriche. Gli amici e i familiari in attesa videro arrivare un treno di color verde, che aveva un cartello con scritto «Ostriche» su un vagone. La bara era su quel treno verde.
Sulla banchina della stazione, una banda militare suonava una marcia funebre. Gli amici pensarono che le autorità avessero voluto salutare Čechov con quelle musiche militari. Si formò il corteo ed essi lo seguirono. Però d’un tratto si accorsero che stavano seguendo non il funerale di Čechov, ma quelle del generale Keller, morto in Manciuria. La banda militare era per il generale Keller. Cambiarono strada.

Natalia Ginzburg, Profilo biografico, in Anton Čechov, Vita attraverso le lettere, traduzione di Gigliola Venturi e di Clara Coïsson, Einaudi (1989). Nella foto (The Times) Anton Čechov sul letto di morte.

Lo stesso sentimento che molte donne provano

Anche Samuel Alito si sente maltrattato. Nello scrivere l’opinione che ha ribaltato Roe v. Wade, questo giudice sfacciatamente politico, che non distingue le sue opinioni legali da quelle religiose, ha privato senza pietà le donne del diritto di prendere decisioni sul proprio corpo. Ma stranamente si lamenta di essere lui la vittima.
Il mese scorso Alito ha dichiarato al Wall Street Journal che non gli piace il modo in cui la legittimità della corte è messa in discussione. “Riceviamo ogni giorno martellate, a mio parere in molti casi in modo piuttosto ingiusto. E nessuno, praticamente nessuno, ci difende”.
Curioso. È lo stesso sentimento che molte donne provano per questa Corte Suprema.

Maureen Dowd, Supremely Arrogant, The New York Times (6/5/2023), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia, Supreme Court) i giudici della Corte Suprema americana. Nella foto (Wikipedia) una manifestazione a Melbourne, in Australia, contro la decisione di ribaltare Roe vs Wade da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti e agli attacchi ai diritti delle donne da parte di politici di destra sia in Australia che in altri Paesi.

Avevo già allora un gran brutto carattere

A Carskoe Selo, quando abitava con i genitori, da piccola, la obbligavano a passeggiare per i parchi della città con l’istitutrice francese.
«Mi annooooio» gridava Anna.
E l’istitutrice le rispondeva: «Non capisco perché. Ci sono tante di quelle cose da fare. Puoi, per esempio, raccogliere dei fiori e portarli sulla tomba del cagnolino di Sua Altezza».
Comincia a divertirsi quando ha quattordici anni.
«Si ricorda» dice a Lidija Čukovskaja «come andavano in giro allora le signorine? Busto, corpetto, due giacchette, una delle quali inamidata, e un vestito di seta. E poi, d’un tratto, appariva il mostro. Con un unico vestito sul corpo nudo, scalza. Saltavo in mare e ci rimanevo due ore. Tornavo, mi mettevo il vestito sul corpo bagnato, per il sale il vestito era così dritto, sembrava di legno, e così, bagnata, spettinata, correvo a casa. Avevo già allora un gran brutto carattere».

Paolo Nori, Vi avverto che vivo per l’ultima volta, Mondadori (2023)