Occorre essere piuttosto guardinghi

Leggendo, ad esempio, degli studi recenti sugli effetti positivi dell’LSD, sappiamo che occorre essere piuttosto guardinghi. Molti studi hanno infatti coinvolto un numero limitato di soggetti, rigidamente selezionati. È difficile condurre tali ricerche in doppio cieco, dal momento che in studi sugli allucinogeni le persone nel braccio del placebo possono facilmente immaginare di non aver ricevuto la sostanza che avrebbe fatto fare loro un trip. In un recente articolo di ricerca indipendente, Michiel van Elk ed Eiko L. Fried, due psicologi dell’Università di Leiden, hanno identificato non meno di dieci “problemi urgenti” da affrontare per validare gli attuali studi sulle sostanze psichedeliche. Tra questi vi sono i conflitti di interessi (soprattutto da quando le aziende farmaceutiche si sono unite a gruppi di ricerca accademica nella loro conduzione), l’inadeguata segnalazione di eventi avversi, le ridotte dimensioni dei campioni, la mancanza di follow-up a lungo termine e la difficoltà nel creare sostanze placebo convincenti.

Margaret Talbot, When America First Dropped Acid, The New Yorker (22/1/2024), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) fiori di ipomea, una pianta che contiene sostanze allucinogene.

L’inconfondibile firma virale di un herpesvirus

La scoperta del virus non è stata rapida. Il dottor Burkitt aveva inviato alcune biopsie tumorali a Londra da Kampala, in Uganda, ma in questi primi campioni il dottor Epstein non era riuscito a trovare tracce virali, secondo Darryl Hill, il ricercatore che ha commemorato il dottor Epstein in un articolo per l’Università di Bristol.
Un nuovo pacco contenente biopsie era stato spedito e quindi dirottato dall’aeroporto di Heathrow a un altro aeroporto, a Manchester, in Inghilterra, a causa della nebbia. I campioni al suo interno sembravano essersi deteriorati, aveva detto il dottor Hill.
“Quando i campioni arrivarono finalmente nelle mani di Tony, erano diventati torbidi, generalmente un segno di contaminazione batterica per cui avrebbero dovuto essere buttati via”, ha scritto il dottor Hill nel suo tributo. “Tony però non li buttò via e li esaminò attentamente”. “Con sua sorpresa scoprì che l’opacità era dovuta alle cellule tumorali linfoidi che, durante il trasporto, si erano staccate dalla biopsia e ora galleggiavano allegramente in sospensione”. Il dottor Hill ha proseguito nel racconto: “Tony aveva sfruttato quella scoperta casuale per far crescere in coltura alcune linee cellulari, derivate dal tumore, dimostrando che erano in grado di rimanere in vita indefinitamente”.
Studiando i nuovi campioni con un potente microscopio elettronico, il dottor Epstein era stato in grado di individuarvi l’inconfondibile firma virale di un herpesvirus. Il dottor Hill ha definito la scoperta un momento “eureka”.
Il dottor Epstein, la dottoressa Barr e il dottor Bert Achong, che aveva preparato i campioni per la microscopia elettronica, annunciarono la loro scoperta in un articolo scientifico pubblicato sul numero di marzo 1964 della rivista scientifica The Lancet.

Delthia Ricks, Dr. Anthony Epstein, Pathologist Who Discovered Epstein-Barr Virus, Dies at 102, The New York Times (6/3/2024). Nella foto (European Association for Haematopathology) la fotografia del campione di cellule di linfoma di Burkitt osservate al microscopio elettronico, in cui si vede la presenza dell’herpesvirus che poi prenderà il nome di virus di Epstein-Barr (EBV). La fotografia è stata pubblicata in un articolo sul numero di marzo 1964 della rivista scientifica The Lancet.