Credo di aver trovato l’inizio

Oggi, nel buio del crepuscolo, siamo andati al palazzo dove la Regina Maria visse e amò; si vede là una piccola camera con una scala tortuosa che conduce alla porta; su per questa strada hanno fatto irruzione e hanno trovato Rizzio nella stanza, l’hanno trascinato via, e tre stanze più in là c’è un angolo buio, dove l’hanno assassinato. La cappella è scoperchiata, ricoperta di erba e di edera, e su quell’altare rotto Maria fu incoronata Regina di Scozia. Tutto è in rovina e decadente, e il cielo chiaro illumina l’interno. Credo di aver trovato l’inizio della mia Sinfonia scozzese.

Felix Mendelssohn-Bartholdy, lettera alla famiglia (30/7/1829), citata da Oreste Bossini nel programma di sala del concerto Ciclo Mendelssohn, direttore Daniele Gatti, Orchestra Rai, Auditorium Rai “Arturo Toscanini, Torino (12/1/2022), trasmessa in diretta da Radio 3 Suite con il commento di Susanna Franchi. Nella foto (Wikipedia) la cappella del castello di Holyrood in Scozia.

Così mi sono legato alle pietre che non ingannano

L’abisso archeologico è certamente buio ma anche perfettamente stabile, sicuro sotto i nostri piedi, perché i morti mai deludono o tradiscono dato che molto già sai di loro – come un profeta all’incontrario – e devi solamente completare dizione, scena, mobilio e costume; insomma i morti sono già dati, devi solo cercarli e se ne hai bisogno rimangono fedeli: non possono abbandonarti o farti del male. Così mi sono legato alle pietre che non ingannano.

Andrea Carandini, L’ultimo della classe, Rizzoli (2021)

“Da” aveva risposto Kornienko

Alle 11:51 i tre uomini nella Stazione spaziale entrarono nella capsula Sojuz, un veicolo angusto dall’aspetto di un cilindro schiacciato sulla cima della Stazione stessa. La Sojuz era piena di interruttori e manopole. “Fuori è buio, e dentro è ancora più buio”, aveva scritto Kelly nel suo diario. “Fa freddo.” Indossava una felpa nera della NASA e si era abbassato il cappuccio quasi fin sopra gli occhi.
Gli uomini ricevettero istruzioni di lasciare il portellone della Sojuz chiuso ma sbloccato, in caso i detriti avessero colpito la capsula anziché l’ISS e loro dovessero rientrare di corsa. Kornienko si concentrò sul meccanismo di chiusura, immaginando i passaggi che avrebbe dovuto fare in caso di crisi. “Non c’erano parole, solo silenzio“, mi disse. Mentre ognuno si ritirava nei propri pensieri, Kelly era rimasto anche lui colpito dall’improvvisa tranquillità. Nel diario aveva scritto: “Sento soltanto il suono dei ventilatori interni alla Soyuz e il mio respiro”.
Al crescere della tensione Padalka aveva detto: “Sapete, se saremo colpiti saremo messi veramente male”.
Da” aveva risposto Kornienko, “veramente male”.

Raffi Khatchadourian, The elusive peril of space junk, The New Yorker (21/9/2020), traduzione L.V. Nella foto (Nasa) Scott Kelly, Gennadij Padalka e Michail Kornienko in una pausa durante l’addestramento con la Sojuz nel cosmodromo di Bajkonur in Kazakistan (2015).

Di un azzurro che non finisce

Apus_apus_01Nelle calde sere d’estate, i rondoni che non stanno covando le uova o badando ai loro piccoli volano bassi e veloci, urlando in stormi in corsa intorno ai tetti e alle guglie. Più tardi si radunano più in alto nel cielo, i loro richiami così attenuati dall’aria e dalla distanza che all’orecchio si corrompono in qualcosa che sembra meno del suono, in un sospetto di polvere e vetro. E poi, all’improvviso, come convocati da un richiamo o da una campana, tacciono e si alzano sempre più in alto fino a scomparire alla vista. Queste ascensioni sono chiamate voli vespertini, dal latino vesper che significa sera. I vespri sono appunto le preghiere devozionali della sera, le ultime e le più solenni della giornata, e ho sempre pensato che “voli vespertini” sia un’espressione bellissima, di un azzurro che non finisce. Molte volte ho provato a seguirli in questi voli, ma il buio diventa sempre troppo profondo, o loro fanno giri troppo larghi e distanti nel cielo per non perderli.

Helen Macdonald, The Mysterious Life of Birds Who Never Come Down, The New York Times (29/7/2020) traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) un rondone.

Così io entro nei tuoi occhi di intemperie

fd7c5f884b96c8a70436a8ecb50b4383_w480_h_mw_mh_cs_cx_cyCosì io entro nei tuoi occhi di intemperie, nel vicoletto di nero bagliore in cui mormora e stormisce la pioggia notturna. Sorridi, ti prego. Perché questo sguardo afflitto e buio? È mattina. Per tutta la notte le stelle hanno strillato con vocine infantili, e sul tetto qualcuno ha straziato e blandito un violino con un archetto affilato. Guarda, la vela infuocata del sole è passata lentamente sul muro. Ti sei ammantata di fumi. La polvere ha preso a turbinare nei tuoi occhi dorati. Hai sorriso!

Vladimir Nabokov, La veneziana e altri racconti, a cura di Serena Vitale, Adelphi (1992)

Ogni cane d’Europa latra

AudenVanVechten1939In the nightmare of the dark
All the dogs of Europe bark,
And the living nations wait,
Each sequestered in its hate;

Intellectual disgrace
Stares from every human face,
And the seas of pity lie
Locked and frozen in each eye.

Nell’incubo del buio / ogni cane d’Europa latra, / e le nazioni viventi aspettano, / ciascuna sequestrata nel proprio odio; / la disgrazia intellettuale / appare da ogni volto umano, / e i mari della pietà giacciono / bloccati e congelati in ogni occhio.

W. H. Auden, versi da In Memory of W. B. Yeats (1940), citati da Roger Cohen, Requiem for a Dream, The New York Times (31/1/2020), traduzione L.V.

I papaveri erano fioriti improvvisamente

Poppy2004JAMES WEARN: Ci fu questo fenomeno che si verificò durante la Prima guerra mondiale, con i papaveri che erano fioriti improvvisamente nei campi di battaglia nelle Fiandre. La Prima guerra mondiale fu il primo conflitto meccanizzato, e le bombe e i proiettili dell’artiglieria esplodevano dappertutto rivoltando i terreni. La questione chiave sta nella biologia dei semi di papavero: i baccelli contengono migliaia di minuscoli granelli che restano dormienti finché non sono esposti alla luce. Se risiedono al buio, sotto diversi strati di terreno, non germogliano, ma appena il campo viene arato o accade qualcos’altro, per esempio esplode una bomba, il terreno è rivoltato e i semi sono esposti alla luce, il che che dà il via al rilascio dei granelli, alla germinazione e alla crescita. Questa è la ragione per cui durante la Prima guerra mondiale si verificò il fenomeno della crescita improvvisa dei papaveri nei campi di battaglia.

James Wearn (Kew Gardens) intervistato in Natural Histories: Poppies, BBC 4 (8/11/9), traduzione L.V.

Più nero di qualsiasi nero

sts112-709-073k«L’oscurità è un tema interessante nello spazio perché in nessun altro luogo il contrasto tra luce e buio è più estremo». L’astronauta David Wolf ha raccontato che ci sono state volte in cui era fuori a fluttuare nello spazio vicino alla navicella e, per un minimo spostamento, un’inclinazione, l’ala di colpo bloccava la luce proveniente dal sole o dalla luna e creava un’ombra. Wolf ha detto che l’oscurità di quell’ombra è «più nera di qualsiasi nero uno possa immaginare che possa esistere là fuori nello spazio. L’ombra non contiene luce, non c’è luce riflessa dalla polvere nell’aria, dalla Terra, dalle nuvole». È buio puro, assoluto. «Puoi finire in un’ombra così profonda, così nera, che il tuo stesso braccio può darti l’impressione di scomparire. È lì, di fronte alla tua faccia, la tua testa è in piena luce e il tuo braccio è in questa oscurità profonda». È come se fosse sparito, come se fosse stato tagliato? «Sì, proprio così».

L’astronauta David Wolf intervistato da Matt Kielty e Soren Wheeler su Radiolab in Dark Side of the Earth (27/4/18), traduzione L.V. Nella foto (NASA) David Wolf durante una camminata nello spazio nel 2002.