Scrivere richiede una certa cura

Avevo sei anni.
Prendevo in mano un foglio di carta assorbente e accarezzandolo col palmo della mano lo poggiavo dove il pennino aveva lasciato le forme ripetute, umide, leggermente rialzate delle lettere dell’alfabeto.
Quell’operazione di asciugatura era parte di un atto che altrimenti sarebbe rimasto imperfetto, insoddisfacente.
Stavo scoprendo che scrivere richiede una certa cura.

Giovanni Mariotti, Piccoli addii, Adelphi (2020). Nella foto (Wikipedia, Willem van de Poll, Nationaal Archief) Renée, figliastra del fotografo Willem Van der Poll, tampona con la carta assorbente una macchia d’inchiostro nel 1932.

Se non mi impedissi di farlo

“Penso che le sensazioni siano dichiarazioni di ipotesi alternative su ciò che potrebbe causare un’azione”, mi aveva detto Hinton quel giorno. “Se dico che ho voglia di dare un pugno sul naso a qualcuno, ciò che in realtà intendo dire è: se non avessi inibizioni sociali – se non mi impedissi di farlo – gli darei un pugno sul naso. Così, quando dico che “provo una sensazione di rabbia”, sto in realtà usando una sorta di abbreviazione per dire “ho voglia di compiere un atto aggressivo”. Parlare di sensazioni è dunque un modo per parlare di inclinazioni all’azione.

Joshua Rothman, Why the Godfather of A.I. Fears What He’s Built, The New Yorker (20/11/2023), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia, Ramsey Cardy) Geoffrey Hinton.

Un simbolo del fallimento della Repubblica islamica

Ad aprile 2023 la Guida Suprema ha affermato che la rimozione del velo era un atto “religiosamente e politicamente peccaminoso”. Mohammad Hadi Rahimi Sadegh, il capo del seminario della provincia di Teheran, ha avvertito che se non si fosse affrontato il problema della rimozione del velo “niente sarebbe rimasto del sistema islamico”. Ma l’obbligo della hijab è, in un certo senso, un’invenzione del defunto Ayatollah Khomeini, al pari della struttura legale della Repubblica islamica stessa, che risponde sia a Dio sia alla volontà del popolo. I funzionari hanno ampliato la sorveglianza digitale e video, utilizzando filmati di donne senza velo per negare servizi e imporre multe, anche se persistono a sostenere che la persuasione e il “lavoro culturale” siano i modi migliori per incoraggiare l’osservanza alle norme. Quando sono atterrata in un aeroporto regionale, durante un recente viaggio in Iran, sul mio telefono è arrivato un SMS che mi informava che “l’hijab è un’immunità, non una limitazione” e mi chiedeva di rispettare me stessa e gli altri obbedendo alla legge.
Haleh Esfandiari ha affermato che lo Stato è intrappolato in un dogma di propria creazione: se di fronte alle proteste iniziali, avesse semplicemente rilassato i controlli sull’uso della hijab, avrebbe potuto disinnescare la rabbia degli iraniani. Invece lo Stato ha risposto con una feroce ondata di repressione, arrestando migliaia di persone, uccidendo circa cinquecento manifestanti e giustiziandone molti altri al termine di processi farsa. “Mesi fa la questione era l’hijab”, mi ha detto Esfandiari. “Ora la gente vuole rovesciare il regime”. Le studentesse delle scuole femminili hanno rappresentato una sfida particolare. “Queste sono giovani nate sotto questo regime, che sono stati indottrinate dalle sue scuole, e a cui è stato detto cosa fare, è stato detto di pregare, è stato detto di mettersi il cappuccio in testa dall’età di sei o sette anni”, ha detto Esfandiari. “La loro ribellione è un simbolo del fallimento della Repubblica islamica”.

Azadeh Moaveni, The Protests Inside Iran’s Girls’ Schools, The New Yorker (14/8/2023). Nella foto (University of Pennsylvania) Haleh Esfandiari.

Operata da un re meschino

11 settembre 1943

Dormo, ma a tratti nel sonno balena la realtà sconcertante. Ricordo che così era così quando era mancato papà. Ieri qualcosa è finito. Ne comprendiamo ora meglio l’inconsistenza. La caduta del fascismo non è provenuta da un atto di coscienza italiana, ma da una volgare bassa liquidazione operata da un re meschino e dai suoi corresponsabili, fascisti o militari che fossero.

Elena Carandini Albertini, Dal terrazzo – Diario 1943-44, Il Mulino (1997)

Disprezzo per le vite umane

Poi ci sono momenti in cui queste morti sono causate da un peccato di commissione, ossia un atto intenzionale di avidità e insensibilità. In questi giorni, in cui le temperature in Texas sono a tre cifre, il governatore Greg Abbott ha, per esempio, approvato una legge con cui ha annullato le normative locali in vigore a Austin e Dallas, per le quali i lavoratori edili erano obbligati a fare pause di dieci minuti ogni quattro ore per bagnarsi e rinfrescarsi con l’acqua. Con l’approvazione della stessa legge, Abbott ha inoltre impedito ad altre città di richiedere queste modeste misure di sicurezza. Acclamata dai sostenitori come pro-business, questa legge esprime un disprezzo per le vite umane che è scioccante e crudele. I legislatori del Texas sembrano intenti a punire le persone per l’audacia di appartenere alla classe operaia e avere al contempo bisogni fisici di base.
Tutti ci riscaldiamo. Tutti abbiamo bisogno di acqua. Tutti abbiamo bisogno di pause. I legislatori possono ignorare questa realtà perché lavorano (su leggi come questa) in uffici climatizzati. Tornano a casa percorrendo strade fatte dai lavoratori di cui mettono in pericolo la vita. Entrano nei loro garage, chiudono la porta al caldo torrido ed entrano nelle loro confortevoli case, dove i loro familiari non devono preoccuparsi di morire di caldo.
È inconcepibile che nel nostro ricco Paese lasciamo che gli operai e le persone economicamente svantaggiate muoiano invano in un caldo soffocante. Molte di queste morti potrebbero essere evitate con aria condizionata più accessibile, luoghi di lavoro sicuri, idratazione, e inoltre grazie ad addetti incaricati di sensibilizzare la gente fornendo informazioni su come proteggersi dal calore, e a persone che vadano a verificare le condizioni dei più vulnerabili al calore.

Tish Harrison Warren, Rising Heat Deaths Are Not Just About the Temperature, The New York Times (23/7/2023), traduzione L.V. Nell’immagine (National Weather Service, Weatherbell.com) le temperature registrate in Texas il 21/6/2023.

Tutti parlano

Una delle più grandi lezioni che ho imparato scrivendo di affari esteri da paesi autocratici è che, per quanto un luogo possa essere rigidamente controllato, per quanto un dittatore possa essere brutale e dal pugno di ferro, TUTTI PARLANO.
Sanno chi ruba, chi tradisce, chi mente, chi ha una relazione con chi. Inizia con un mormorio e spesso rimane lì, ma tutti parlano.
Anche Putin chiaramente lo sa. Sa che, anche se riuscisse a conquistare qualche chilometro in più dell’Ucraina orientale e a tenersi la Crimea, nel momento in cui fermerà questa guerra, la sua gente farà tutti i conti più crudeli sul suo piano B, iniziando da una sottrazione.
La Casa Bianca ha riferito la scorsa settimana che circa 100.000 combattenti russi sono stati uccisi o feriti in Ucraina negli ultimi cinque mesi e che circa 200.000 sono stati uccisi o feriti da quando Putin ha iniziato questa guerra a febbraio 2022.
È un grande numero di perdite — anche per un grande Paese — e si vede che Putin è preoccupato che la sua gente ne parli, perché, oltre a criminalizzare ogni forma di dissenso, ad aprile si è affrettato a varare una nuova legge con misure ancora più pesanti contro la renitenza alla leva. Ora chiunque non si presenta subisce restrizioni sulle attività bancarie, sulla vendita di proprietà e persino sulla possibilità di ottenere la patente di guida.
Putin non si spingerebbe a tanto se non temesse che, nonostante i suoi sforzi, tutti stiano mormorando su quanto la guerra stia andando male e su come evitare di essere arruolati.
Leggete in proposito il recente articolo di Leon Aron, storico della Russia di Putin e studioso dell’American Enterprise Institute, sulla visita di Putin a marzo nella città ucraina di Mariupol occupata dai russi, pubblicato sul Washington Post.
“Due giorni dopo che la Corte penale internazionale ha accusato Putin di crimini di guerra e ha emesso un mandato di arresto”, ha scritto Aron, “il presidente russo è andato per alcune ore a Mariupol. È stato filmato mentre faceva una sosta nel ‘microdistretto Nevskij’, mentre ispezionava un nuovo appartamento e ascoltava per alcuni minuti gli inquilini esprimere calorosamente la loro riconoscenza. Mentre se ne stava andando, nel video si è sentita una voce appena udibile che da lontano gridava: ‘Eto vsyo nepravda!’ – ‘Sono tutte bugie!’”.
Aron mi ha detto che i media russi in seguito hanno cancellato ‘Sono tutte bugie’ dall’audio, ma il fatto che fosse stato lasciato lì potrebbe essere stato un atto sovversivo da parte di qualcuno nella gerarchia ufficiale dei media russi. Tutti parlano.

Thomas L. Friedman, Vladimir Putin Is the World’s Most Dangerous Fool, The New York Times (9/5/2023), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) Leon Aron.