Spalancatela

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La noia è una visuale sulle proprietà del tempo che uno tende a ignorare, mettendo possibilmente in pericolo il proprio equilibrio mentale. È una finestra sull’infinitudine del tempo. Una volta aperta questa finestra, non provate a chiuderla; al contrario, spalancatela.

Iosif Brodskij citato da Michael C. Corballis in The Wandering Mind, The University of Chicago Press (2015), traduzione L.V. Nella foto (Stanford University) Iosif Brodskij.

Scroscia il tuono grandioso dell’usignolo ucraino

Conoscete la notte ucraina? Oh, voi non conoscete la notte ucraina! Contemplatela. Dal mezzo del cielo guarda la luna. L’immensa volta celeste si è aperta, si è dilatata ancor più immensamente. Arde e respira. La terra è tutta avvolta di luce argentea; e l’aria meravigliosa è fresca e soffocante, piena di voluttà, e muove un oceano di profumi. Notte divina! Notte incantevole! Le selve, piene di tenebra, stanno immote, ispirate, e gettano un’ombra enorme. Son silenziosi e quieti gli stagni; la fredda oscurità delle loro acque è rinchiusa fra le mura verde cupo dei giardini. Verginali macchie di viscioli e ciliegi hanno proteso timidamente le loro radici verso il fresco della fonte e di tanto in tanto le loro foglie balbettano, quasi scontente e indignate, quando il vento notturno, sublime sventato, si avvicina un attimo furtivo, e le bacia. Tutto il paesaggio dorme. E in alto tutto respira, tutto è stupendo, tutto è solenne. E l’anima prova un senso d’infinito e meraviglia, mentre folle di visioni argentee sorgono armoniosamente dal suo profondo. Notte divina! Notte incantevole! E a un tratto tutto si anima: i boschi, gli stagni, le steppe. Scroscia il tuono grandioso dell’usignolo ucraino, e pare che anche la luna rimanga ad ascoltarlo in mezzo al cielo… Come incantato, sonnecchia sull’altura il villaggio. Ancor più bianchi, ancor più nitidi scintillano alla luna i gruppi delle case; ancor più accecanti si stagliano nell’oscurità i loro muri bassi. Le canzoni tacciono. Tutto è silenzio. La gente devota dorme già. Solo qua e là qualche stretta finestra è ancora illuminata. Sono poche le soglie davanti a cui una famiglia si attarda a consumare la cena.

Nikolaj Gogol’, Veglie alla fattoria presso Dikan’ka, traduzione di Emanuela Guercetti, BUR Rizzoli (2018)

Una voce dedicata agli interessi della sovrana

Fermate tutti gli orologi. La regina Elisabetta II è morta a Balmoral, in Scozia, l’8 settembre, a quattro anni dal suo centesimo compleanno. Oltre a lasciarci sgomenti e malinconici, ci ha colti di sorpresa, perché a volte sembrava che avrebbe potuto continuare per sempre. Cercare di capire che cosa l’abbia fatta funzionare non è un compito facile, ma un punto di partenza utile può essere “The Queen: Elizabeth II and the Monarchy”, una biografia giudiziosa dello storico Ben Pimlott. L’indice analitico ha una voce dedicata agli interessi della sovrana. “Cani” ottiene nove menzioni; “cavalli”, sette; “corse”, sei; “sparare”, cinque; “collezioni d’arte”, quattro; “leggere”, tre; “politica”, un misero due; e “puzzle, scarabeo e televisione”, uno.
Ed è così che uno vive fino a novantasei anni. Bisogna restare il più possibile all’aria aperta. Tenersi qualche libro e gioco per i giorni di pioggia. Godere della compagnia dei quadrupedi. E sperare che nessuno del governo venga a prendere il tè.

Anthony Lane, The Secret to the Queen’s Success, The New Yorker (19/9/2022), traduzione L.V.

Le possibilità possono solo ampliarsi

Ogni vita umana è convogliata lungo lo stretto canale della morte. Il cuore smette di battere, i neuroni cessano di trasmettere i loro impulsi, i muscoli si irrigidiscono e iniziano a decadere, le cellule si decompongono. Da quel momento in poi le possibilità possono solo ampliarsi.
Potete essere imbalsamati in formaldeide e seppelliti dentro una bara sotto terra; cremati in un forno; lasciati all’aria aperta; liquefatti in una soluzione alcalina; compostati sotto un mucchio di pacciame e terriccio; congelati in un contenitore criogenico; mummificati; piantati vicino alle radici di un virgulto.
Ed Bixby, che possiede 13 cimiteri in tutto il Paese, ha detto che più o meno ogni anno una nuova tecnica per il trattamento dei cadaveri diventa di moda. Preferireste non avere le vostre ceneri compresse in un diamante? Allora che ne direste di liofilizzare il vostro corpo e farlo vibrare nella polvere?

Oliver Whang, The Fading Art of Preserving the Dead, The New York Tmes (1/11/2022), traduzione L.V. Nella foto (Wikipedia) la testa di una mummia Cinchorro del Nord del Cile, risalente a circa il 3000 a.C.

Occorreva lasciare la ferita aperta

Che dopo un’operazione il pus fuoriuscisse dalla ferita era considerato un evento normale. Solo un chirurgo sprovveduto non lo sapeva. Perché il pus potesse uscire facilmente occorreva lasciare la ferita aperta. Prevenire le frequenti infezioni delle ferite e richiudere le ferite stesse immediatamente dopo la fine di un’operazione è diventato possibile soltanto da quando si possono garantire condizioni di sterilità. L’igiene non è dunque l’unico elemento relativamente recente in chirurgia; lo è anche la possibilità di ricucire le ferite.

Arnold Van de Laar, Under the knife, traduzione in inglese di Andy Brown, John Murray (2018), traduzione in italiano L.V. Nell’immagine (Wikipedia, Wellcome Images) diagrammi che illustrano vari tipi di punti e nodi chirurgici.