A cui la scienza non ha ancora dato un nome

New York era immonda a livelli indescrivibili. All’inizio del Novecento i tre milioni di abitanti di New York producevano ciascuno circa mezzo chilo di spazzatura al giorno, più le ceneri, in base ad alcune stime. Parte del pattume consisteva in cose che potreste vedere anche oggi: stracci sporchi, gusci di ostriche, teste di pesce. Altri rifiuti – tra cui trucioli di legno e organi di maiale – riflettevano la realtà dell’epoca. Gran parte di questo diluvio quotidiano di ceneri e liquami veniva scaricato nel porto, una calamità ambientale dalla quale le forme di vita acquatica locali non si sono mai riprese completamente. In buona parte finiva anche per strada, dove si mescolava a carcasse di animali in decomposizione, letame e urina. “Accanto ai binari della ferrovia, le strade mostravano grandi cumuli di una sostanza nera e sgradevole a cui la scienza non ha ancora dato un nome”, lamentava un editoriale del 1874 pubblicato sul New York Tribune. “Ovunque la sporcizia offendeva l’occhio e insozzava la persona dello sventurato pedone”.

Eric Lach, The Ex-N.Y.P.D. Official Trying to Tame New York’s Trash, The New Yorker (15/4/2024), traduzione L.V. Nella foto (Discard Studies) carri con sacchi di stracci a New York (Alice Austen, 1896).

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