Discende da un curioso quadrupede

La steppa eurasiatica è una vasta fascia erbosa che si estende dall’Ungheria alla Manciuria. Le sue dimensioni sono quasi impossibili da afferrare: un panorama tra il verde e il marrone chiaro, le cui estremità sono più distanti l’una dall’altra di quanto Anchorage lo è da Miami o Il Cairo da Johannesburg. Il suo significato storico discende da un curioso quadrupede che vive lì da circa centomila anni: il cavallo. Con le sue zampe lunghe, i polmoni potenti, i tendini elastici e un intestino capace di demolire l’erba coriacea, la creatura prospera nella steppa aperta. I cavalli erano ben attrezzati per resistere all’era glaciale, dato che i loro duri zoccoli erano in grado di aprire un varco nella neve e nel ghiaccio per far venire alla luce l’erba sottostante.
“Il cavallo è stato il mezzo di trasporto più efficiente e duraturo che gli esseri umani abbiano mai usato”, scrive Anthony Sattin, un giornalista britannico, in “Nomads”, “e la capacità di cavalcare un cavallo ha trasformato la vita sulla Terra, forse in nessun luogo più che nella steppa”. I cavalli erano già allevati in cattività nella steppa occidentale almeno cinquemila anni fa. La ruota fu inventata più o meno nello stesso periodo e la combinazione delle due innovazioni ha permesso alla pastorizia nomade di sbocciare.

Manvir Singh, The Mongol Hordes: They’re Just Like Us, The New Yorker (1-8/1/2024). Nella foto (Wikipedia) un esemplare di cavallo di Przewalski, comunemente noto anche come takhi, cavallo selvatico mongolo o cavallo dzungariano.

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